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sabato 29 settembre 2012

Dossier illegali, Cipriani e la genesi di Calciopoli



Emanuele Cipriani è a capo di un'azienda che si occupa di analisi e valutazioni finanziarie, due diligence, attività informativa nel settore industriale e dei servizi (bancario, assicurativo), la Polis d'Istinto. Ha sede in Toscana, a Firenze. Non si tratta di un'agenzia come le altre. La Polis d'Istinto è nota per essere stata investita da incarichi di estrema rilevanza nonché di indubbia delicatezza da parte di Giuliano Tavaroli. Tavaroli, ex responsabile della security di Pirelli e di Telecom Italia nell'era tronchettiana, ha patteggiato una condanna a 4 anni in uno dei processi più impattanti per gli intrecci tra il più primo gruppo di telecomunicazioni nostrano e i servizi segreti e un sistema che va disegnandosi attraverso i procedimenti portati avanti dalla procura di Milano. Cipriani era l'uomo di fiducia di Tavaroli, l'investigatore a cui erano state affidate indagini finalizzate a attività di dossieraggio vero e proprio su personaggi tra i più disparati.

Cipriani aveva svolto degli accertamenti per conto dell'Inter sulla Gea, l'agenzia di cui era titolare il figlio di Luciano, Alessandro Moggi. La società più potente in Italia, che gestiva i giocatori più prezzolati del nostro calcio, allora probabilmente il campionato più bello del mondo. E con i maggiori interessi economico-finanziari. Concetti che Cipriani conferma nel corso dell’udienza in cui erano attese le sue dichiarazioni assolutamente coincidenti con quanto ribadito recentemente da Tavaroli nella sua ricostruzione: incontrò Massimo Moratti, presidente dell'Inter, ricevette direttamente da lui l'incarico di spiare Moggi e i suoi e alcuni giocatori, riferimento da acquisire come fatto. La sentenza di primo grado del tribunale di Milano sul caso Vieri (processo su cui ho sempre espresso il convincimento si potesse arrivare a una ricostruzione distante da condizionamenti) ha restituito solidità a quanto dichiarato sia da Tavaroli sia da Cipriani (il quale ha menzionato anche Lillo Foti, ma di ciò si racconterà in un contesto diverso).

Una società, capeggiata da esponenti di primo piano del mondo finanziario e provenienti dalle istituzioni e legata alla Saras, conduceva delle indagini, produceva fascicoli in forma illecita come sancito nella sentenza Vieri per acquisire informazioni relativamente a giocatori (Vieri, appunto), arbitri (De Santis), società di procuratori (Gea), intrattenendo rapporti nella massima ambiguità con altri personaggi chiave del sistema calcio come indicato nella sentenza di primo grado del tribunale di Napoli sulla base delle intercettazioni recuperate e presentate nel corso del processo. E sull'Inter e quanto operato dagli uomini di vertice di allora per comprendere la rilevanza del loro ruolo, non c'è che da recuperare i passaggi più espliciti della pronuncia da parte della corte napoletana. Calciopoli ha la sua genesi qui, tra le pieghe di questo gioco di scatole, pedinamenti, intercettazioni.

In questi tempi cupi resi ipocriti dalle strumentalizzazioni studiate ad arte per celare dietro grandi enunciazioni di principio l'intento di confondere l'opinione pubblica e di distrarla da provvedimenti iniqui, un silenzio colpevole anche dei media tace spiate e dossieraggi - illeciti - commissionati come hanno ripetuto Tavaroli e Cipriani in distinte udienze nell'aula bunker di San Vittore da Massimo Moratti che incaricò l'ex responsabile della sicurezza di persona. Il presidente per cui si muove dagli uffici della procura Stefano Palazzi, il presidente che a Palazzo di Giustizia parla con Francesco Saverio Borrelli e Ilda Boccassini destando dubbi che solo la magistratura può risolvere, incertezze da allontanare anche relativamente a quel noto modello 45

Nell'altrettanto assordante silenzio della Federcalcio, tra prescrizioni e richiami all'etica che vorrebbero azioni altrettanto incisive, si ritrovano gli ulteriori buchi in questa complessa vicenda  che stenta a propinare risposte accettabili.

Come quelle che aspettano i familiari di Adamo Bove, ex uomo dello Stato nonché tra i migliori poliziotti della Dia passato in Telecom, deceduto gettandosi dalla tangenziale di Napoli in circostante alquanto ambigue durante quell'estate del 2006. Si valutò l'ipotesi del suicidio, si indagò in altra direzione dietro sollecitazione della sua famiglia. Di suo fratello, il gemello Guglielmo, ex dirigente dell'ufficio legale di Telecom Italia. Il primo ad asserire che non si sarebbero accontentati di una verità di comodo

mercoledì 26 settembre 2012

Almeyda e quella partita che regalò lo Scudetto alla Roma

Non subisce il variare delle mode, delle tendenze, quel vizio che prolifera, stando a quanto sono costrette a documentare le procure della Repubblica. Alterare il risultato delle partite si rivela usanza assai antica, nel mondo del pallone. Consuetudine criminale, a prescindere dal variare di campionati e gestioni. Se quanto asserito con così forte convincimento da Matias Almeyda nella sua autobiografia Almeyda, anima e vita avesse dei riscontri oggettivi, quello scudetto 2000-01 come andrebbe riletto? Come, dopo simili affermazioni?
“Sul finire del campionato 2000-01, alcuni compagni del Parma ci hanno detto che i giocatori della Roma volevano che noi perdessimo la partita. Che siccome non giocavamo per nessun obiettivo, era uguale. Io ho detto di no. Sensini, lo stesso. La maggioranza ha risposto così. Ma in campo ho visto che alcuni non correvano come sempre. Allora ho chiesto la sostituzione e me ne sono andato in spogliatoio. Soldi? Non lo so. Loro lo definivano un favore...”.

lunedì 10 settembre 2012

La prescrizione di Abete e la costante Calciopoli



Ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria.

Nell'Italia montiana del richiamo etico e politico alla sobrietà andrebbe collocata anche questa odierna disputa tra innocentisti, revisionisti e i soliti cerchiobottisti pronti a non scollarsi dalle poltronissime. Christian Vieri è un giocatore dell'Inter (o Internazionale, se gradite) al quale il Tribunale di Milano riconosce di aver subito una lesione dei propri diritti da commisurare in un milione di euro, risarcimento ritenuto congruo e adeguato dal giudice. Vieri è stato spiato, attraverso pedinamenti e tabulati telefonici come ha in diverse sedi giudiziarie e non asserito l'ex responsabile della security e di Pirelli prima e di Telecom Italia poi, Giuliano Tavaroli. Esperto di sicurezza privata, a capo di quel gruppo interno alla società definito Tiger Team e costituito da professionalità di alto profilo.

Tavaroli ribadisce di aver incontrato de visu il presidente dell'Inter, Massimo Moratti il quale ha incarico l'ex dirigente che ha patteggiato una condanna a 4 anni e 2 mesi, ricordiamo, per conferirgli l'incarico. Una consulenza relativa all'attaccante forse troppo distratto o forse no, comunque monitorato a sua insaputa e, stando alla sentenza a favore del giocatore, illegale.
Giancarlo Abete, presidente della Figc a cui rimanda anche la procura federale, si è affretato a contenere l'esagitazione giornalistica - quella sana, quella delle domande giuste - menzionando quell'assurdità tutta italiana, tutta circoscritta all'ambito del diritto sportivo che corrisponde alla prescrizione. Quella che ha già esentato dal rispondere su questioni emerse dalla famigerata relazione di Stefano Palazzi in cui veniva indicata la pratica delle telefonate anche da parte di uomini della dirigenza nerazzurra, a partire da quella intercettazione diffusa in Rete e divenuta di uso e consumo televisivo tra Giacinto Facchetti e Paolo Bergamo.

Nessuno è innocente, esistono solo diversi gradi di responsabilità. Che fanno individuati e ai quali si deve attribuire la fattispecie corretta per valutare se e quanta gravità ci sia in quei comportamenti. Trascuriamo il trattamento speciale riservato a Moratti quando fu il procuratore federale a recarsi a Milano per discutere con il presidente interista. Trascuriamo certe altre vicende. La magistratura in toto, oggi, acquisisca questi elementi e abbia il medesimo approccio agli eventi che può e deve rivendicare per fornire quelle risposte, per ripristinare quella legalità perduta.

Il calcio non si risolverà se non nel marciume che ci costringiamo a sopportare altrimenti, tra calendari in bilico e assurdità formali. Se si potessero applicare le leggi della dinamica, la linearità sarebbe trasparente accessibile alla comprensione di chiunque e non si discuterebbe perché ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria. Ci si atterrebbe alle regole, semplicemente.

mercoledì 27 giugno 2012

Calcioscommesse, liquidato filone barese: nel mirino di Palazzi anche l'Inter


Per Stefano Palazzi il cerchio si chiude con loro: Marco Esposito e Marco Rossi.
Dopo aver già ascoltato 43 tesserati, raccogliendo conferme e numerose smentite, i collaboratori del procuratore federale hanno interrogato i due ex giocatori del Bari. Una chiosa alquanto squallida già delineata dagli atti acquisiti dall procura guidata da Antonio Laudati.

Tre ore per Rossi, sentito negli uffici di via Po al mattino, e più di tre ore e mezza per Esposito nel pomeriggio. Inevitabile, considerate le partite su cui gli uomini della procura federale hanno rivolto quesiti ai due. Da quanto emerso a essere statae manipolate in quella stagione sono stati gli incontri in calendario contro il Chievo, il Cesena, la Sampdoria, il Palermo, Lecce e Bologna.  

Sia Rossi, sia Esposito non hanno voluto rilasciare dichiarazioni, come prevedibile. Ma in queste circostanze non si va oltre le frasi di circostanza, risposte da avvocati preparate a tavolino. Decisamnete più interessante il contenuto di alcune intercettazioni telefoniche di cui danno conto ripeiloghi d'agenzia. Una in particolare tra l'ex compagno di squadra e attuale collaboratore tecnico della Juventus, Cristian Stellini.

La prossima settimana si apre la fase più delicata dell'attività della procura federale, le audizioni degli investigatori federali in merito a quanto acquisito da Napoli riprenderanno lunedì prossimo: Claudio Furlan, Luca Ariatti, Dario Passoni e Marco Zamboni per poi entrare addentro alle cose napoletane. Evitato lo slittamento a settembre, il secondo processo si fonderà su quanto emergerà dall'attività investigativa relativa ai fascicoli acquisiti da Bari e Napoli.


Già tra giovedì 5 e venerdì 6 verranno ascoltati i fratelli Cossato, ma soprattutto il reo confesso Matteo Gianello, Gianluca Grava e Paolo Cannavaro (tirati in ballo proprio dall'ex portiere partenopeo per la tentata combine della gara Sampdoria-Napoli del 16 maggio 2010), più il tecnico Mazzarri, Mascara e anche Quagliarella come persone informate sui fatti. Combine che investono anche l'Inter. 

Intanto lunedì 2 luglio compariranno i 14 club - tra cui il Pescara e l'AlbinoLeffe, punito per ora con 15 punti di penalizzazione - e i 33 tesserati condannati in primo grado in appello davanti alla Corte di giustizia federale. Avvio interessante, per una settimana che promette bene.

giovedì 14 giugno 2012

Dossier illegali: Tavaroli, Moggi e quel computer in possesso di Auricchio




Giuliano Tavaroli era un esperto di sicurezza. Godeva di rispetto e di autonomia all'interno dell'azienda in cui ricopriva una funzione dirigenziale dopo essersi formato nella Sezione Speciale Anticrimine, reparti antiterrorismo del generale Carlo Dalla Chiesa, nell'Arma dei Carabinieri. Una carriera interrotta nel 1988, per entrare in Italtel. Un'esperienza che ha un inizio e una conclusione che coincise con il suo passaggio in Pirelli, società in cui si è occupato di security. La premessa inevitabile al suo ingresso in Telecom Italia, gestione Tronchetti Provera.


Non è di Tiger Team, rapporti con Marco Mancini - passato dall'Arma al Sismi -, appalti ad agenzie investigative o di geni dell'informatica che il processo sui dossier illeciti tratta. Non dei singoli aspetti che hanno assunto quasi una sorta di ritualità rivolta a costruire un personaggio su cui concentrare le attività investigative giornalistiche, distogliendo dallo scardinamento di un sistema di monitoraggio privato, di sfruttamento delle risorse finalizzate a una manipolazione di conoscenze funzionali ad affrancarsi. Ad assumere una posizione dominante.


L'accesso a questi singoli capitoli del procedimento che la procura di Milano ha imbastito va a descrivere una macro politica di gestione di informazioni e dati sensibili che ha fagocitato quanti in via diretta ed indiretta potevano essere investito dall'azione delle aziende riconducibili a Marco Tronchetti Provera e, come riferito dalle testimonianze di Tavaroli, a Massimo Moratti. Quanto asserito dal'ex responsabile Security, oggi, davanti alla Corte d'assise come testimone rafforza il quadro che ci è stato offerto dalle sue prime parole appena sei giorni fa quando nella stessa aula aveva imputato l'origine dell'operazione Ladroni ai vertici del gruppo. "L'operazione Ladroni mi venne commissionata dall'Inter nella persona di Moratti, poi la feci con Facchetti", aveva detto.


La conferma odierna dei sospetti che si fosse spiato anche Luciano Moggi, allora direttore generale della Juventus è inconfutabile. "L'attività - ha spiegato - nacque per verificare notizie su possibili frodi sportive che erano venute da un arbitro (Danilo Nucini, ndr). Vennero effettuate anche analisi del traffico telefonico di Luciano Moggi da parte di Adamo Bove (responsabile della sicurezza Tim, vittima di un misterioso suicidio). Tutti i risultati vennero poi portati a Giacinto Facchetti. Con Facchetti Moratti c'era stato un incontro a tre all'inizio della vicenda, poi non so se Facchetti riferì le risultanze a Moratti".

Confermata anche quella attività di monitoraggio nei riguardi dei calciatori dell'Inter, su richiesta della proprietà come per Christian Vieri e Ronaldo. "L'Inter si rivolse a Tronchetti e a me, io misi in contatto Ghelfi con l'investigatore Cipriani". Un aspetto, però, nella molteplicità di risposte in merito a quanto prodotto in quelle definite 'attività'.



Riguarda quanto raccolto e rilevato nel computer sequestrato a Tavaroli il 9 maggio 2005 e spedito a Roma il 15 maggio 2005, precisamente alla seconda sezione in via Inselci, dove il maggiore Auricchio ha coordinato le indagini del processo Calciopoli. Quanto raccolto rimane ancora una materia solo accennata, anche oggi nell'aula bunker di San Vittore. 



mercoledì 6 giugno 2012

Inter, Moratti e Tavaroli: ancora Calciopoli

Quando ho letto, nell'afosa controra milanese, che Giuliano Tavaroli durante la sua deposizione presso l'aula bunker della Corte d'Assise (il riepilogo qui) aveva sommato nella medesima frase Moratti, Facchetti, Inter ho ricostruito una sequenza in accelerazione di eventi collaterali scaturiti.
"L'operazione Ladroni mi venne commissionata dall'Inter nella persona di Moratti, poi la feci con Facchetti". 
E' riemersa quell'estate del 2006 e l'epilogo parso nella sua incisività risultante di una giustizia ancora non piena, sommaria. Quello che semplicisticamente è stato il primo Calciopoli


E' riemersa la cautela con cui venne trattato quel vertice alla Saras menzionato da Tavaroli - responsabile della security in Telecom Italia all'epoca dei fatti - in merito all'attività di dossieraggio che sarebbe stata effettuata ai danni dell'arbitro De Sanctis.


E' riemerso il contenuto della relazione del procuratore generale della FIGC, Stefano Palazzi, che ha riscontrato l'illecito sportivo e per l'Inter e per il presidente di allora, Giacinto Facchetti relativamente alle intercettazioni emerse durante il processo di Napoli. Reato caduto in prescrizione. Prescrezione a cui la società non intende rinunciare.


E' riemerso quel passaggio lucido nella sentenza dell'8 novembre 2011 che ha sancito condanne eccellenti (come quelle di Moggi, Bergamo e Pairetto) e l'estraneità della Juventus, che investe nuovamente l'Inter e la necessità da parte della magistratura di lasciare che i fatti vengano ricostruiti per restituire l'esatto quadro del sistema.


Ecco, mi attendo che questi nuovi elementi indicati da Tavaroli in qualità di testimone, oggi, vengano vagliati e non con la frettolosità che abbiamo conosciuto in precedenza. Che siano effettuati i riscontri in maniera autonoma, indipendente. Senza trascinarci oltre il dovuto.



lunedì 26 marzo 2012

Stramaccioni, all'Inter avanza il futuro: Ranieri scaricato




E' sempre Beautiful Inter.


Nel pomeriggio, il presidente Massimo Moratti rilascia le consuete dichiarazioni di circostanza. "Ranieri rimarrà fino a fine stagione? Credo di sì".

Finisci il tuo turno quando le agenzie di stampa e Sky Sport24 riportano queste frasi che preludono a un'altra, imperdibile puntata. Ore 22:04, il comunicato ufficiale:
Il Presidente Massimo Moratti e tutta F.C. Internazionale ringraziano Claudio Ranieri e il suo staff per la professionalità e l’impegno profusi, con sincerità, in questi mesi alla guida della squadra.
F.C. Internazionale comunica inoltre di aver affidato la squadra ad Andrea Stramaccioni, tecnico della Primavera che ha vinto la prima edizione della Next Generation Series.
Il più grande e affettuoso in bocca al lupo ad Andrea Stramaccioni che da domani sarà al lavoro con la squadra al centro sportivo "Angelo Moratti".


Amala, pazza Inter, amala. 

Juve-Inter: Calciopoli, Facchetti, razzismo e il lato oscuro del dio pallone

Più che della superiorità dell'Inter, dei cambi incomprensibili di Ranieri o dell'ostinata convinzione che del clan degli argentini - per vincere - non si possa far a meno, di questo Juve-Inter, tratterrò altro.

La coreografia dalla prepotente valenza radicale: 29 titoli vinti sul campo, uno dei quali non assegnato e l'altro conferito in modalità non identificate (un comunicato? Una nota? Un atto ufficiale?) su cui si avvita la complessità dell'antinomia tra società espressione di diversi poteri industriali. Ecco quella coreografia della Curva rimarrà impressa nella sequenza di immagini che conserverò, mio malgrado.

Mio malgrado, menzionerò questa partita di elevato interesse tattico associandola ai cori beceri contro Giacinto Facchetti, Cipe. Agli insulti forcaioli e razzisti all'indirizzo di Dejan Stankovic. L'idiozia è virale, evidentemente se dopo la condanna pubblica seguita allo striscione e ai cori vigliaccamente riproposti contro Gianluca Pessotto a Bologna e a Roma si sono ascoltate ancora frasi dense di veemenza e scherno all'interno di un impianto sportivo. 

L'effimera ammenda da 25.000 euro inflitta dal Giudice Sportivo a corso Galileo Ferraris abbinata alla diffida per sedare soggetti affetti da un male di indubbia difficoltà diagnostica produce un altrettanto rasserenante effetto placebo. Eppure questi casi parlano un linguaggio di violenza gratuita, immotivata così asettica da cancellare anche la memoria del passato prossimo.

Invece, certe sgradevoli pratiche comprese le offese gratuite andrebbero demonizzare per quanta demenza esprimono. Perché quanto arreca danno, produce un malessere di natura personale o nel gruppo di appartenenza è inevitabilmente, drammaticamente stupido. Il contrario dell'intelligenza. Siano esse iniziative isolate o espressioni di organizzazioni strutturate legate a movimenti o meno, la condanna e il loro ricordo va ribadito.

Per verificarne ancora la discutibilità sociale, per accertarsi che nel senso comune, nell'opinione pubblica simili nefandezze siano ancora emarginate. 


giovedì 23 febbraio 2012

Motivazioni Calciopoli: "Sorteggio non era truccato"



Moggiopoli non si risolve in Calciopoli e Calciopoli non si risolve nelle motivazioni depositate il 6 febbraio 2012: in 561 pagine si condensano le evidenze del caso, una parte assai ridotta delle 171mila intercettazioni, le nudità linguistiche dei protagonisti virtuosi o meno di un procedimento che nella fase dibattimentale ha palesato le incongruenze di quello che è stato definito - per semplificare - un sistema. 


Prendiamo in esame la questione del sorteggio. L'evidenza dell'insistenza del pm e, dall'altra parte, la constatazione che non sia stato truccato "è emerso in maniera sufficientemente chiara nel corso del dibattimento". 




L'esame del teste Antonio Ioli, il notaio che certifica la regolarità del sorteggio in questione, risulta coerente. Senza alcuna incertezza, né contraddizione in una ricostruzione lineare dell'estrazione e delle fasi di cui si è composto (e di cui pare sia irreperibile il filmato depositato presso la cancelleria) Ioli replica alle domande dei pm Stefano Capuano e Giuseppe Narducci relative a sfere, bigliettini, condizioni, colori e fattori ambientali fornendo una ricostruzione di quel sorteggio in cui la manipolazione supposta dall'accusa rimane tale stando a quanto in maniera inequivocabile si legge nella sentenza. 


Quello che il presidente della nona sezione penale del Tribunale di Napoli, Teresa Casoria, ha riportato in un riassunto che rimanda in più punti ad altri processi e ad altri personaggi compone una verità processuale che restituisce uno spaccato di realtà. Una ricostruzione che  spiega solo in parte. Spiega la condanna di Luciano Moggi e altri, come l'assoluzione di alcuni altri imputati in questo processo. Non risolve la complessità di dubbi che sono stati sollevati da quanto emerso dal lavoro del consulente della difesa, Nicola Penta, e presentato dai legali di Moggi, capeggiati da Maurilio Prioreschi e Paolo Trofini che si sono accollati l'onere di trascrivere conversazioni telefoniche tra i vertici dell'Inter e quelli arbitrali, tanto per, descrivendo una insana e diffusa prassi che ha reso sciatta qualunque azione di contenimento dei ruoli, delle istituzioni. D'altronde, quanto riportato non lede l'integrità di figure istituzionali come Franco Carraro nel tentativo telefonico di tutelare la Lazio?


La connessione con il dossier Telecom, il caso Tavaroli nonché l'azione di monitoraggio della società nei confronti di Christian Vieri - altro processo - non si esauriscono né avrebbero potuto in questo specifico procedimento. Né la sintesi processuale scioglie i nodi etici che il diritto indirettamente compone. Suggerisce, con toni equidistanti pur rimanendo circoscritto a quanto detto, fatto, scritto dagli imputati che la materia - purtroppo - è assai più vasta per esaurirsi in quell'aula e in sequenza ordinata di 561 pagine. 





sabato 25 settembre 2010

Juve per sempre: Chiellini rinnova dopo l'Inter


Che settembre avrebbe significato rinnovi era noto ai conoscitori di corso Galileo Ferraris. Anche se, in tema di prolungamenti di contratto, non sempre tutto va per il verso giusto. In questo caso, Giorgio Chiellini, la direzione è una e una sola: quella dell'accordo. Perché la Juve senza Chiello - futuro capitano - ha dimostrato involuzioni preoccupanti. E a prescindere dal tecnico in panchina. Anche se la firma non è stata ancora ufficializzata, ma la firma è ormai imminente. Il suo procuratore, Davide Lippi, deve limare quelli che vengono definiti «detta­gli». La sostanza, durata e ingaggio, paiono invece definiti.


Il contrat­to sarà prolungato di altri due anni: la sca­denza sarà fissata nel 2013, per poi naturalmente passare al 2015. Juve a vita, per la carriera considerato che per allora il giocatore avrà 31 anni.
«Chiellini è il di­fensore titolare della Juven­tus, molte squadre lo cerca­no, non soltanto il Real Ma­drid, ma l’operazione non andrà in porto perché lui vuole rinnovare con la Ju­ventus». Ed è lo stesso ma­nager che spiega lo stato della trattativa: «L’accordo al momento non è stato si­glato, ci siamo incontrati ma il giocatore non ha ancora firmato nulla. Non ci sono problemi di natura economi­ca anzi, da questo punto di vista c’è perfetta sintonia con la Juventus».

Nel pomerig­gio di ieri, a quasi un mese dal pre­cedente incontro, la coppia Chiellini-Lippi è stata avvistata nella sede storica della società bianconera chiaro segnale che l'accordo è quasi sottoscritto. Con la firma del nuo­vo contratto il centrale sarebbe inserito nel ristretto gruppo dei top player, l'esiguo nucleo di giocatori a cui Marotta e la dirigenza del nuovo corso hanno deciso di pagare volentieri ingaggi elevati (la Juve è e rimane una società quotata in borsa con investimenti vari e controlli più severi da parte degli organi deputati). In concreto si passerà dai 2 milioni ai 3,2 l'anno. Una cifra che dovrebbe scansare il Manchester Utd, il City e il Real Mourinho. E' una storia di rabbia e fatica anche questa. E pensare che dopo Calciopoli si era valutata seriamente la cessione di un giocatore divenuto un simbolo. Quasi l'eccezione, in un calcio di accordi e gestione patrimoniali che di bandiere non ne ha più.  

martedì 3 agosto 2010

Balotelli, una rottura che fa male (e non è a Toronto)

Via Balotelli che ne resterà dell'Italia che si farà? Che ne sarà della dichiarazione d'intento pronunciate a mezzo stampa dal neo commissario tecnico Cesare Prandelli? Che ne sarà di noi? La stagione a venire, più che prossima, sottrarrà alle nostre osservazioni le prodezze di Mario che ha preferito Manchester e Roberto Mancini.

Ho ritenuto un giocatore a perdere Mario Balotelli, fin dalla formalizzazione dell'incarico di Mino Raiola. Procuratore abile, astuto fino a risultare spregiudicato (vedi Nedved, Ibrahimovic, Maxwell), avrebbe indotto società cioè l'Inter (è in vendita, si sta sistemando i conti o cosa?) e giocatore a cambiare.

Perché affidarsi a lui, d'altronde, se non per rompere un legame che aveva un che di viscerale? Fin qui le domande, in una sorta di flusso di coscienza di inizio agosto, in una giornata afosa in cui l'attesa di un segno, di una nota, di una qualche dichiarazione che confermi quello che già si è interiorizzato giunga per chiudere una querelle fin troppo logora.

Eppure Mario, come osserva correttamente Roberto Baggio investito di questo ruolo federale per cui dovrà dimostrare qualcosa, depaupera con questa sua scelta la Serie A.

Sicuramente non l'Inter (che incasserà almeno 30 milioni di euro e magari una prelazione su giocatori di interesse come nel caso di Elano), ma il nostro scrivere, il nostro indugiare tra le righe in analisi cospicue e frementi sì. L'assenza di Balotelli si comprenderà più avanti, quando il solo Antonio Cassano saprà innescare quei meccanismi virtuosi che solleticano i fantasiosi del calcio. Le nuove linee hanno tutto da dimostrare. Ciro Immobile si misurerà con questa grande opportunità che rappresenta il Siena, Sebastian Giovinco (vicinissimo al Parma) vuole spazio per ricevere maggiore considerazione, Simone Verdi promette, Davide Santon ricomincerà da Benitez. D'estate ci si accende, d'inverno si comprende.

Mario, però, non è a Toronto. Problemi con il passaporto, dicono. Nulla di conforme, in questa serata agostana. Poco male, per sbarcare a Manchester non gli servirà.

lunedì 24 maggio 2010

Real Mou, Inter Maximo: quanto c'eravamo amati




Mourinho
non ha atteso che si elaborasse quanto accaduto a Madrid. Ha rotto gli equilibri, di nuovo per l'ennesima volta in questo biennio che non è stato propriamente un ciclo, guadagnandosi la scena che voleva essere solo dell'Inter. Del terzo titulo, della terza Coppa. Non è stato un comportamento evidentemente molto gradito dal presidente Massimo Moratti che non ha aspettato oltre per ribadire che Mou è il passato. Nel suo, di futuro, c'è solo il Real Madrid. In quello dell'Inter una rinascita.
“Forse non ho ancora metabolizzato tutto. Stamattina - ha detto il presidente nerazzurro a Sky Sport -, quando leggevo dei tre titoli, pensavo che lo scorso anno il Barcellona era fantastico, perché aveva vinto tre titoli e, quindi, forse, lo siamo anche noi. No ho ancora capito esattamente tutto quello che è successo. Questo capita perché sei ancora nel clima della fatica che devi fare, fatica da un punto di vista dello sforzo che devi fare per tenere tutto insieme e per riuscire ad arrivarci. Non si fa così in fretta ad uscire da questo tipo di sensazione, di svegliarsi al mattino e sapere che hai dei doveri anche per questa cosa. La cosa bella di questa mattina è stata, sarà vero che è finita?”.

Che ci potesse essere un'altra sfida lo si sapeva. Forse non nei modi, nella scelta di usufruire di una simile iperbole mediatica. “Ho pensato - ha risposto Moratti - che questo rischio non potesse capitare, perché conosco la serietà dell’uomo che, certamente, si sarebbe impegnato ancora di più perché non ci fosse un alibi da parte di nessuno, o una colpa da parte di nessuno. Certo, il tempismo non è stato splendido, perché anche i giocatori leggono i giornali, come li leggo io. Un dialogo diretto non c’è mai stato suq questa cosa, nemmeno un tentativo di farmi capire direttamente questa cosa qua. E’ sempre stato fatto attraverso la comunicazione. Lì, stava a me capire di non entrare con il pugno duro, perché ci tenevo troppo che finisse bene l’annata. Al di là della stima, che tutti abbiamo dimostrato a lui e dell’impegno che ci ha messo sempre, credo che sia una decisone, una tentazione, legata proprio al fatto di poter dimostrare personalmente che è bravo dappertutto. Ad una persona come fa a toglierglielo. Puoi dare tutti i giudizi che vuoi, ma capisci che questa persona è fatta così. Ci possono essere delle strade, magari, per cercare di trattenerlo, e si possono percorrere, ma credo che sia più attratto proprio da questa sfida, da questa avventura. Conoscendolo un pochino, non tantissimo, mi sembra che questa sia la cosa vera che a lui interessa. Più, forse, dei soldi”.

Da quanto risulta al quotidiano spagnolo 'Marca', lo Special One ha già il contratto in mano. I numeri? Dieci milioni di euro per quattro anni. L'amarezza del presidente è trapelata quando si è osservata l'innegabile capacità del profeta di Setubal di carpire l'attenzione, affabulare e raccogliere le tensioni senza che ciò comprometta il rendimento in campo dei suoi uomini. Gladiatori, soldati, calciatori. Come addestrati, seguono la sua disciplina. Esiste un Mourinho uguale, per capacità, e diverso, per obiettivi? Un allenatore altro, normal o special a sua volta, dovrebbe inaugurare un nuovo corso che ricompatti l'ambiente che rimarrà orfano del Mou vincente e tatticamente abile nella gestione del gruppo.

EREDE MOURINHO - Mancini? “Ci pensavo stamattina - la rivelazione di Moratti - è l’unico a cui non avevo pensato, per il fatto che ci siamo già incontrati e che abbiamo già avuto il nostro pezzo di vita. Penso che anche per lui non sia percorribile, si è trovato bene in Inghilterra, gli piace vivere in Inghilterra, riportarlo in queste difficoltà, penso ce si un dispetto che gli faccio”. O forse il suo amico, compagno e secondo Mihajlovic? “Certamente, ha carattere, sa imparare velocemente, è stimato dai giocatori, è anche molto amico dei giocatori. C’è anche tutta la stima nell’uomo, con me ha mantenuto un rapporto molto buono. Però, questo non vuol dire che questa debba esser una scelta, anche se, per simpatia e stima, mi farebbe piacere farla. Però, sinceramente, non ho ancora deciso”.

MILITO - Nota a parte, per il Principe: "C’è una differenza tra Milito e il nostro allenatore: Mourinho ha un clausola per cui, andando incontro a questa clausola, può andarsene, Milito no. Qui finisce il discorso”.


FUTURO - Si cambierà. E' indubbio: "Bisogna avere la concretezza ed il realismo di capire che questa è una strada da continuare con l’attenzione di capire anche i tempi, che non sono certamente gli ani 60, piuttosto che 6-7 anni fa , in cui sembrava che il mondo si arricchisse dieci volte tanto di quello che era il vero valore. Bisogna certamente fare attenzione a quella che potrebbe essere la situazione economica internazionale e nazionale ma, nello stesso tempo, mantenere dignitosamente la parte che, purtroppo, è importate, perché non è più una parte, ma è la parte più importante. Il giochetto non è facile". Intanto, c'è un nuovo inizio. Magari un nome fresco fresco: Rafa o Sinisa.

(dopo 72 ore consecutive in cui ho scritto solo di Inter)

domenica 16 maggio 2010

Mou, un uomo solo al comando



Il profeta di Setubal
che lacrima. Il profeta di Setubal in disparte. Il profeta di Setubal che riflette - solo - sul pullman della squadra. Special lo sa essere con quel tanto di stucchevole che ai cultori della materia garba, poiché l'altezzosità linguistica quanto la comunicativa dirompente si rivelano vezzi graditi alla critica.

Io ti attendo, Mou. Perché tu esca da questo calcio decadente - il nostro - da vincente devi dimostrarmi che il secondu titulo non ti appaga. Che quella pulsione ti muove creando spasmi non arginabili con uno scudetto. Che aspiri all'unicità. Che ciò sia popolare, addirittura banale.

Nota inutile e banale
sulla stagione appena conclusa
Tengo: Leonardo, Diego, Alessandro Del Piero, le conferenze stampe di Mou, la lealtà di Iaquinta, la riapertura di Calciopoli.
Butto: il vergognoso tifo della violenza, il qualunquismo linguistico, le interviste ammaestrate, l'interismo oltre ogni misura, l'insabbiamento delle intercettazioni, la dissoluzione di una società fondata sullo stile e sull'onore.

giovedì 13 maggio 2010

L'anno senza scudetto



Non vedo: "Lo scudetto 2006 non l'ho assegnato io".
Non sento: "devono smetterla di dire queste cose".
Non parlo: "Io non intervengo mai, ma c'è molta gente che farebbe bene a tacere".

Guido Rossi, commissario della Federcalcio a margine di un convegno all'Università Bocconi di Milano, in merito all'assegnazione dello scudetto 2005-2006 all'Inter.

lunedì 10 maggio 2010

Scacco al re (come e perché si chiese la revoca dello scudetto)




In un mondo perfetto, a una mossa corrispondono una o più ragioni che l'hanno prodotta.

Lo scempio che si è consumato all'Olimpico, nel corso del match contro il Parma di una Juventus offesa e ridicolizzata, trascende l'immaginabile.

Cinque minuti di interruzione. Lancio di fumogeni e petardi da una curva all'altra. Surreale. Il capitano, Alessandro Del Piero, si porta sotto la curva. Parla ai tifosi. Negozia, investito di un ruolo - quello di mediatore - in un conflitto che si consuma all'interno di uno stadio in una domenica di maggio. E' Torino. La sconfitta è giusta. Meritata.

Nel consiglio di amministrazione, convocato oggi nel lunedì della ripresa dopo il venerdì nero in Borsa (il club è quotato, ricordiamo), si decide quanto sussurrato fino a pochi istanti prima. Andrea Agnelli presidente, Roberto Bettega e Alessio Secco defenestrati, Beppe Marotta nuovo direttore generale con il fido Fabio Paratici, uomo mercato, e avvio delle azioni volte presso le sedi competenti alla revoca del titolo 2005-2006 assegnato all'Inter dal commissario Guido Rossi dopo l'indicazione della commissione dei tre saggi.


Nella nota ufficiale pubblicata sul sito della società - quella che si attendeva fosse assunta nel 2006 e sconsigliata pare da Luca Cordero di Montezemolo - la posizione non lascia spazi a interpretazioni: "il Consiglio di Amministrazione della Juventus ha deliberato di inviare ai presidenti di Coni e Figc, alla Procura Federale e al Procuratore Federale Capo un esposto nel quale si richiede la revoca della decisione di assegnare lo scudetto della stagione 2005-2006. Come aveva anticipato John Elkann lo scorso 29 aprile, la Juventus chiede dunque un trattamento equo. La premessa del documento è infatti che «il movimento sportivo si basi e si fondi sulla lealtà tra - e nei confronti de - gli affiliati, nonché sulla equità e parità di trattamento»".

Si accantona una stagione e un progetto fallimentari per intraprendere un nuovo corso. Luigi Del Neri si è candidato, ha un contratto annuale. E' la dote di Marotta. Rafa Benitez chiede troppo, più dei 4 milioni di euro della Juventus. Chiede troppo anche al Liverpool per coprire quanto dovrebbe ai collaboratori che non potrebbe portare a Torino. Sarà più provinciale che Reds, questa macchina della prossima volta. Che sia rifondazione, che sia semplice revisione non vale che quanto una rottazione.

E sì, questo non è un mondo perfetto.






mercoledì 16 dicembre 2009

Quelle scuse a metà di Mourinho



Il fatto. Un allenatore di una squadra di Serie A, la squadra Campione d'Italia, domenica scorsa a Bergamo allontana un cronista accreditato di un noto quotidiano sportivo italiano. Il suddetto tecnico - portoghese - maestro di comunicazione insulta il giornalista reo di non essersi recato in sala stampa, ma dietro autorizzazione dell'ufficio stampa di essersi avvicinato al pullman del club. A quanto riportano altri, il noto allenatore lo avrebbe addirittura strattonato.

Josè Mourinho ha inveito contro Andrea Ramazzotti. No, magari no. Magari è un campo di periferia. Ma non sarebbe stato ammessibile comunque, non solo secondo la Ussi. Non solo per la Procura della Federcalcio nella persona di Stefano Palazzi. Si tratta di civiltà. E di sottrarsi a quella fastidiosa ipocrisia che aleggia in un caso che pare tutto tranne che annoverabile tra il meglio di Special one.