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sabato 29 settembre 2012

Dossier illegali, Cipriani e la genesi di Calciopoli



Emanuele Cipriani è a capo di un'azienda che si occupa di analisi e valutazioni finanziarie, due diligence, attività informativa nel settore industriale e dei servizi (bancario, assicurativo), la Polis d'Istinto. Ha sede in Toscana, a Firenze. Non si tratta di un'agenzia come le altre. La Polis d'Istinto è nota per essere stata investita da incarichi di estrema rilevanza nonché di indubbia delicatezza da parte di Giuliano Tavaroli. Tavaroli, ex responsabile della security di Pirelli e di Telecom Italia nell'era tronchettiana, ha patteggiato una condanna a 4 anni in uno dei processi più impattanti per gli intrecci tra il più primo gruppo di telecomunicazioni nostrano e i servizi segreti e un sistema che va disegnandosi attraverso i procedimenti portati avanti dalla procura di Milano. Cipriani era l'uomo di fiducia di Tavaroli, l'investigatore a cui erano state affidate indagini finalizzate a attività di dossieraggio vero e proprio su personaggi tra i più disparati.

Cipriani aveva svolto degli accertamenti per conto dell'Inter sulla Gea, l'agenzia di cui era titolare il figlio di Luciano, Alessandro Moggi. La società più potente in Italia, che gestiva i giocatori più prezzolati del nostro calcio, allora probabilmente il campionato più bello del mondo. E con i maggiori interessi economico-finanziari. Concetti che Cipriani conferma nel corso dell’udienza in cui erano attese le sue dichiarazioni assolutamente coincidenti con quanto ribadito recentemente da Tavaroli nella sua ricostruzione: incontrò Massimo Moratti, presidente dell'Inter, ricevette direttamente da lui l'incarico di spiare Moggi e i suoi e alcuni giocatori, riferimento da acquisire come fatto. La sentenza di primo grado del tribunale di Milano sul caso Vieri (processo su cui ho sempre espresso il convincimento si potesse arrivare a una ricostruzione distante da condizionamenti) ha restituito solidità a quanto dichiarato sia da Tavaroli sia da Cipriani (il quale ha menzionato anche Lillo Foti, ma di ciò si racconterà in un contesto diverso).

Una società, capeggiata da esponenti di primo piano del mondo finanziario e provenienti dalle istituzioni e legata alla Saras, conduceva delle indagini, produceva fascicoli in forma illecita come sancito nella sentenza Vieri per acquisire informazioni relativamente a giocatori (Vieri, appunto), arbitri (De Santis), società di procuratori (Gea), intrattenendo rapporti nella massima ambiguità con altri personaggi chiave del sistema calcio come indicato nella sentenza di primo grado del tribunale di Napoli sulla base delle intercettazioni recuperate e presentate nel corso del processo. E sull'Inter e quanto operato dagli uomini di vertice di allora per comprendere la rilevanza del loro ruolo, non c'è che da recuperare i passaggi più espliciti della pronuncia da parte della corte napoletana. Calciopoli ha la sua genesi qui, tra le pieghe di questo gioco di scatole, pedinamenti, intercettazioni.

In questi tempi cupi resi ipocriti dalle strumentalizzazioni studiate ad arte per celare dietro grandi enunciazioni di principio l'intento di confondere l'opinione pubblica e di distrarla da provvedimenti iniqui, un silenzio colpevole anche dei media tace spiate e dossieraggi - illeciti - commissionati come hanno ripetuto Tavaroli e Cipriani in distinte udienze nell'aula bunker di San Vittore da Massimo Moratti che incaricò l'ex responsabile della sicurezza di persona. Il presidente per cui si muove dagli uffici della procura Stefano Palazzi, il presidente che a Palazzo di Giustizia parla con Francesco Saverio Borrelli e Ilda Boccassini destando dubbi che solo la magistratura può risolvere, incertezze da allontanare anche relativamente a quel noto modello 45

Nell'altrettanto assordante silenzio della Federcalcio, tra prescrizioni e richiami all'etica che vorrebbero azioni altrettanto incisive, si ritrovano gli ulteriori buchi in questa complessa vicenda  che stenta a propinare risposte accettabili.

Come quelle che aspettano i familiari di Adamo Bove, ex uomo dello Stato nonché tra i migliori poliziotti della Dia passato in Telecom, deceduto gettandosi dalla tangenziale di Napoli in circostante alquanto ambigue durante quell'estate del 2006. Si valutò l'ipotesi del suicidio, si indagò in altra direzione dietro sollecitazione della sua famiglia. Di suo fratello, il gemello Guglielmo, ex dirigente dell'ufficio legale di Telecom Italia. Il primo ad asserire che non si sarebbero accontentati di una verità di comodo

giovedì 14 giugno 2012

Dossier illegali: Tavaroli, Moggi e quel computer in possesso di Auricchio




Giuliano Tavaroli era un esperto di sicurezza. Godeva di rispetto e di autonomia all'interno dell'azienda in cui ricopriva una funzione dirigenziale dopo essersi formato nella Sezione Speciale Anticrimine, reparti antiterrorismo del generale Carlo Dalla Chiesa, nell'Arma dei Carabinieri. Una carriera interrotta nel 1988, per entrare in Italtel. Un'esperienza che ha un inizio e una conclusione che coincise con il suo passaggio in Pirelli, società in cui si è occupato di security. La premessa inevitabile al suo ingresso in Telecom Italia, gestione Tronchetti Provera.


Non è di Tiger Team, rapporti con Marco Mancini - passato dall'Arma al Sismi -, appalti ad agenzie investigative o di geni dell'informatica che il processo sui dossier illeciti tratta. Non dei singoli aspetti che hanno assunto quasi una sorta di ritualità rivolta a costruire un personaggio su cui concentrare le attività investigative giornalistiche, distogliendo dallo scardinamento di un sistema di monitoraggio privato, di sfruttamento delle risorse finalizzate a una manipolazione di conoscenze funzionali ad affrancarsi. Ad assumere una posizione dominante.


L'accesso a questi singoli capitoli del procedimento che la procura di Milano ha imbastito va a descrivere una macro politica di gestione di informazioni e dati sensibili che ha fagocitato quanti in via diretta ed indiretta potevano essere investito dall'azione delle aziende riconducibili a Marco Tronchetti Provera e, come riferito dalle testimonianze di Tavaroli, a Massimo Moratti. Quanto asserito dal'ex responsabile Security, oggi, davanti alla Corte d'assise come testimone rafforza il quadro che ci è stato offerto dalle sue prime parole appena sei giorni fa quando nella stessa aula aveva imputato l'origine dell'operazione Ladroni ai vertici del gruppo. "L'operazione Ladroni mi venne commissionata dall'Inter nella persona di Moratti, poi la feci con Facchetti", aveva detto.


La conferma odierna dei sospetti che si fosse spiato anche Luciano Moggi, allora direttore generale della Juventus è inconfutabile. "L'attività - ha spiegato - nacque per verificare notizie su possibili frodi sportive che erano venute da un arbitro (Danilo Nucini, ndr). Vennero effettuate anche analisi del traffico telefonico di Luciano Moggi da parte di Adamo Bove (responsabile della sicurezza Tim, vittima di un misterioso suicidio). Tutti i risultati vennero poi portati a Giacinto Facchetti. Con Facchetti Moratti c'era stato un incontro a tre all'inizio della vicenda, poi non so se Facchetti riferì le risultanze a Moratti".

Confermata anche quella attività di monitoraggio nei riguardi dei calciatori dell'Inter, su richiesta della proprietà come per Christian Vieri e Ronaldo. "L'Inter si rivolse a Tronchetti e a me, io misi in contatto Ghelfi con l'investigatore Cipriani". Un aspetto, però, nella molteplicità di risposte in merito a quanto prodotto in quelle definite 'attività'.



Riguarda quanto raccolto e rilevato nel computer sequestrato a Tavaroli il 9 maggio 2005 e spedito a Roma il 15 maggio 2005, precisamente alla seconda sezione in via Inselci, dove il maggiore Auricchio ha coordinato le indagini del processo Calciopoli. Quanto raccolto rimane ancora una materia solo accennata, anche oggi nell'aula bunker di San Vittore. 



giovedì 23 febbraio 2012

Motivazioni Calciopoli: "Sorteggio non era truccato"



Moggiopoli non si risolve in Calciopoli e Calciopoli non si risolve nelle motivazioni depositate il 6 febbraio 2012: in 561 pagine si condensano le evidenze del caso, una parte assai ridotta delle 171mila intercettazioni, le nudità linguistiche dei protagonisti virtuosi o meno di un procedimento che nella fase dibattimentale ha palesato le incongruenze di quello che è stato definito - per semplificare - un sistema. 


Prendiamo in esame la questione del sorteggio. L'evidenza dell'insistenza del pm e, dall'altra parte, la constatazione che non sia stato truccato "è emerso in maniera sufficientemente chiara nel corso del dibattimento". 




L'esame del teste Antonio Ioli, il notaio che certifica la regolarità del sorteggio in questione, risulta coerente. Senza alcuna incertezza, né contraddizione in una ricostruzione lineare dell'estrazione e delle fasi di cui si è composto (e di cui pare sia irreperibile il filmato depositato presso la cancelleria) Ioli replica alle domande dei pm Stefano Capuano e Giuseppe Narducci relative a sfere, bigliettini, condizioni, colori e fattori ambientali fornendo una ricostruzione di quel sorteggio in cui la manipolazione supposta dall'accusa rimane tale stando a quanto in maniera inequivocabile si legge nella sentenza. 


Quello che il presidente della nona sezione penale del Tribunale di Napoli, Teresa Casoria, ha riportato in un riassunto che rimanda in più punti ad altri processi e ad altri personaggi compone una verità processuale che restituisce uno spaccato di realtà. Una ricostruzione che  spiega solo in parte. Spiega la condanna di Luciano Moggi e altri, come l'assoluzione di alcuni altri imputati in questo processo. Non risolve la complessità di dubbi che sono stati sollevati da quanto emerso dal lavoro del consulente della difesa, Nicola Penta, e presentato dai legali di Moggi, capeggiati da Maurilio Prioreschi e Paolo Trofini che si sono accollati l'onere di trascrivere conversazioni telefoniche tra i vertici dell'Inter e quelli arbitrali, tanto per, descrivendo una insana e diffusa prassi che ha reso sciatta qualunque azione di contenimento dei ruoli, delle istituzioni. D'altronde, quanto riportato non lede l'integrità di figure istituzionali come Franco Carraro nel tentativo telefonico di tutelare la Lazio?


La connessione con il dossier Telecom, il caso Tavaroli nonché l'azione di monitoraggio della società nei confronti di Christian Vieri - altro processo - non si esauriscono né avrebbero potuto in questo specifico procedimento. Né la sintesi processuale scioglie i nodi etici che il diritto indirettamente compone. Suggerisce, con toni equidistanti pur rimanendo circoscritto a quanto detto, fatto, scritto dagli imputati che la materia - purtroppo - è assai più vasta per esaurirsi in quell'aula e in sequenza ordinata di 561 pagine. 





mercoledì 22 febbraio 2012

Calciopoli, il video dei misteri



Non abbiate fretta, perché prima che si ricompongano i fatti la giustizia nostrana contempla tre gradi di giudizio e siamo appena alla sentenza di primo grado. Trascuro l'inesauribile dialettica tra giustizialisti e garantisti (così attuale, considerato il ventennale di Mani Pulite) privilegiando la caustica sintesi del diritto. E delle prove in quell'esemplificazione di macchinosi artifizi tutti italici che è Calciopoli


Ieri Tuttosport e Il Giornale hanno sollevato con dovizia di riferimenti e medesime modalità il caso del video dei sorteggi arbitrali a cui fa riferimento il pm Capuano della Procura di Napoli datato 13.05.2005 cui partecipò come giornalista Riccardo Bianchi, de La Provincia di Como, che nella sua deposizione in aula (affermazioni riportata anche nella motivazioni della sentenza) garantì in maniera decisa la regolarità della procedura seguita. E filmata.


Quelle immagini, raccolte in un dvd in possesso della Procura a detta della nona sezione del Tribunale dal 29 luglio 2009 nei fascicolo non ci sarebbe più. Non nei fascicoli né dell'ordinanza né dell'abbreviato. 


Una prova simile svanita. Irreperibile. Sarebbe stato sostituito da una sequenza fotografica tratta da quelle immagini e trasmesse in una docu-fiction andata in onda su La7, Offside il 5 dicembre 2009 commentata dal rapporto del maresciallo Ziino, autore del servizio di osservazione a Coverciano. 


La pagina del quotidiano torinese illustra la sequenza delle foto tratte dal filmato in questione, spiegando come la ricostruzione possa essere stata de facto manipolata per suggerire conclusioni fuorvianti. tant'è che il buon Bianchi viene indicato come un dipendente della Federazione italiano Giuoco Calcio (FIGC) e altre incongruenze di cui hanno dato conto gli articoli in questione.


Dov'è quel dvd? Come può essere risucchiato nella mole abnorme di atti e documenti prodotti in un simile procedimento? I legali capitanati da Maurilio Prioreschi e dal consulente Nicola Penta che assistono Moggi immediatamente dopo la lettura della sentenza di condanna (5 anni e 4 mesi nel caso dell'ex direttore generale della Juventus) attraverso le dichiarazioni di Big Luciano avevano dettato l'agenda per il ricorso in appello. Un processo in cui un simile documento dovrebbe giocare un ruolo niente affatto secondario.

mercoledì 27 ottobre 2010

Juve, Andrea Agnelli: i 29 scudetti, il bilancio e l'orgoglio gobbo. Video



Io dico che, due giornate o no a Krasic, oggi c'è da appuntare sul taccuino. Andrea Agnelli ha detto quel che andava asserito, compresa la questione affatto risolta dopo i risvolti processuali scaturiti dall'inchiesta Telecom-Pirelli di Milano dei due scudetti strappati. Sono l'Assemblea dei soci e il Consiglio di amministrazione degli Agnelli di Umberto che succedono agli Elkann e i loro che rimangono di riflesso nella società. Giuseppe Marotta e Pavel Nedved si sono insediati come consiglieri, Jean-Claude Blanc confermato amministratore delegato con poteri e deleghe sullo stadio. Il resto: bilancio approvato, allargamento del Cda, conferme di ruoli e incarichi. Non è l'era nuova, ma chi si stia operando una cesura rispetto al progetto Jaki possiamo crederlo.

TENDENZA AGNELLI - "Una volta accertata la correttezza della società negli anni in questione potremmo avanzare la richiesta di riassegnazione dei titoli", ha dichiarato Agnelli nel discorso di apertura davanti all'Assemblea dei soci al Lingotto in questa lunga giornata. "Il procedimento giudiziario al Tribunale di Napoli è uno dei due aperti. L'altro riguarda l'esposto che abbiamo presentato per la revoca dello scudetto 2006. Abbiamo avuto dalla Federcalcio sufficienti garanzie che a breve avremo una risposta a questo esposto. Attendiamo con fiducia". Fiducia l'abbiamo dal 2006, dall'avvio dell'indagine e dal relativo processo sportivo e quel che ne è venuto compresa decisione dei giusti. L'opportunità di resistere a un processo irreversibile non fu ritenuta prevaricante. Se questa verità, ricostruita anch'essa, dovesse appagarci allora ci fermeremo. Altrimenti, chi si interroga andrà avanti.




RUMORE - "La mia esternazione sugli scudetti del 2005 e del 2006 fa rumore ma il concetto è lo stesso che ho già espresso ad agosto: allorché sarà accertata la correttezza dell'operato della Juve, chiederemo la riassegnazione dei titoli. Il dialogo tra noi e Roma è continuo e costante, le cose si stanno muovendo in un rapporto di stima reciproca tra la società e le istituzioni"

NO MOGGI, NO BETTEGA - Per rifondare una squadra, una società dalla storia gloriosa non si può che ricominciare. Lasciando ai nostalgici le icone di un passato discusso: "Stimo Luciano Moggi per il lavoro che ha svolto da noi e non solo, l'ho già ribadito anche in pubblico più volte, e questa stima non verrà mai meno. Oggi, però, il nostro punto di riferimento per l'area tecnica è Giuseppe Marotta, che ha tutta la mia stima e che vorrei avesse anche quella di tutti i sostenitori della Juventus". No a Moggi, al suo ritorno. No anche a Bettega: "Roberto è stato, è e sarà per sempre una bandiera juventina".

venerdì 9 aprile 2010

Intercettopoli, quattro anni dopo