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sabato 31 marzo 2012

Un infarto stronca Franco Mancini, il ragazzo di Zemanlandia



Saluti anche Franco Mancini. E, come avviene con una frequenza inaudita per i conti imposti tuo malgrado dalla sequenza di luoghi e avvenimenti che compongono il tuo passato, provi a ricordare i motivi - assurdi, inspiegabili, secondo cui questo uomo solido, forte si chiude in quelle frasi scritte da Francesco de Gregori per Agostino De Bartolomei.

Non hanno similitudini apparenti, Mancini e Di Bartolomei se non quella comune passione per il pallone e quella dedizione assoluta al calcio che ne ha fatto da giocatori poi dei tecnici, dei dirigenti. Non ricoprivano lo stesso ruolo, non sono associati alla stessa maglia. Ma forse sono banale e rispolvero con una innocenza l'insegnamento della 'Classe calcistica' per leggere Mancini, il portiere di Zeman. Uno dei suoi ragazzi.

A 43 anni si alza, va al campo, segue l'allenamento e torna a casa. Stop, finito. Un infarto, sembrerebbe la prima ipotesi fatta dopo i soccorsi da parte dei sanitari del 118 chiamati dalla moglie dell'ex portiere di Foggia e Napoli, rientrata a casa con un'amica.


Mancini, originario di Matera, aveva cominciato a giocare in C2 nella squadra della sua città per poi incrociare la strada di Zeman a Foggia, dove partecipa alla scalata fino alla serie A. Un portiere di concezione moderna che colma le distrazioni della difesa, che entra in gioco con i piedi al momento opportuno. 


Dopo quell'esperienza che segnerà la sua carriera, c'è stato il Bari, dove gioca per tre stagioni, quindi l'avventura al Napoli dal 2000 al 2003. 

Gli ultimi anni di carriera li trascorre in C, tra Pisa, Sambenedettese, Teramo, Salernitana e Martina, fino alla firma col Fortis Trani, nella Promozione pugliese, dove conclude la carriera nel 2008. Un addio che segna il ritorno a Zemanlandia, con l'incarico al Pescara del tecnico boemo. Fino a ieri, il giorno del suo ultimo allenamento.



Il comunicato del Pescara Calcio:
Abbiamo appreso, increduli, della prematura scomparsa del nostro Franco Mancini, preparatore dei portieri biancazzurro. Franco ci ha lasciato all'improvviso questo pomeriggio, colto da un malore che gli è stato fatale. In questo momento ogni parola è superflua, ogni pensiero è confuso se ci viene in mente che questa mattina l'abbiamo visto in campo ad allenare i suoi portieri per prepararli al meglio per la gara di domani contro quel Bari di cui era stato anche vicecapitano.
Domani il suo Pescara e il suo Bari osserveranno un minuto di silenzio e giocheranno con il lutto al braccio. E ogni parata sarà per lui.
Ci stringiamo intorno alla tua famiglia che ami tanto e ai tantissimi che ti vogliono bene.
Ci manchi
Ciao Mancio


giovedì 29 marzo 2012

Calcioscommesse, e venne il momento della Lazio



Calciopoli
annacqua negli effetti perversi legati all'esercizio del giudizio della classe arbitrale, Calcioscommesse (l'assonanza è costruita) nella vulnerabilità dei singoli, uomini gonfi di un'ambizione enigmatica. Un intersecarsi di motivi - personali e di gioco - che inducono nuovi modelli verso cui converge l'approvazione sociale a sciupare integrità, successi e maglie rimanendo invischiati in vicende in cui figurano soggetti assoldato da gruppi a loro volta legati -stando a quanto ipotizzano le procure di Napoli e Bari in particolare - alla criminalità organizzata. Sono arrivati i due zingari per rilasciare a Cremona la loro deposizione, il capo della polizia Antonio Manganelli ha esternato - di nuovo - in materia e il direttore del Tg La7, Enrico Mentana, annuncia (o ha annunciato per i puristi)  entro 24/48 ore arresti di calciatori anche del massimo campionato. Serie A, insomma. Lazio, insomma.

Sì perché a essere investita sarà la società guidata da Claudio Lotito di cui ben due giocatori, il riferimento è a Stefano Mauri e a Cristian Brocchi verranno ascoltati dal procuratore federale Stefano palazzi il 13 aprile prossimo. Alla diffusione del calendario delle audizioni, con nomi e cognomi lì evidenti, trasparenti, è scoppiata la bomba.

Le audizioni sono state inserite nelle nuove date, quelle del 12 e del 13 aprile per capirci con Dainelli e Milanetto relativamente a Lazio-Genoa, conclusasi 4-2. Mauri è stato menzionato da Gervasoni, uno dei collaboratori della procura, che avrebbe riferito di un contatto con il gruppo degli zingari. Così anche nel caso di Dainelli.

Brocchi, invece, sarebbe stato indicato da Alessandro Zamperini, quando spiega il suo modus operandi: Iliveski, il capo degli zingari, lo pressava perché gli procurasse incontri, contatti, con giocatori per riuscire a pianificare combine che non comportassero inconvenienti. I Farina o i Pisacane del caso.  

Affermazioni di circostanza? "Mauri è tranquillo - ha dichiarato il suo agente Tiziano Gonzaga -. È un semplice interrogatorio, lui continua ad allenarsi e ad impegnarsi come prima. Spera fino all'ultimo nella chiamata di Prandelli per Euro 2012. Magari da festeggiare insieme ad un piazzamento in zona Champions League". Anche la società, attraverso l'avvocato Gian Michele Gentile, sembra non preoccuparsi. "Non c'è nessun procedimento penale e sportivo nei confronti della Lazio, quindi siamo assolutamente tranquilli - le parole del legale raccolte dallo stesso sito internet -. La Lazio ha ascoltato tutti i suoi tesserati quando è venuta fuori l'indagine di Cremona e ha avuto ampie rassicurazioni dagli stessi circa eventuali atteggiamenti contrari al codice sportivo".

lunedì 26 marzo 2012

Stramaccioni, all'Inter avanza il futuro: Ranieri scaricato




E' sempre Beautiful Inter.


Nel pomeriggio, il presidente Massimo Moratti rilascia le consuete dichiarazioni di circostanza. "Ranieri rimarrà fino a fine stagione? Credo di sì".

Finisci il tuo turno quando le agenzie di stampa e Sky Sport24 riportano queste frasi che preludono a un'altra, imperdibile puntata. Ore 22:04, il comunicato ufficiale:
Il Presidente Massimo Moratti e tutta F.C. Internazionale ringraziano Claudio Ranieri e il suo staff per la professionalità e l’impegno profusi, con sincerità, in questi mesi alla guida della squadra.
F.C. Internazionale comunica inoltre di aver affidato la squadra ad Andrea Stramaccioni, tecnico della Primavera che ha vinto la prima edizione della Next Generation Series.
Il più grande e affettuoso in bocca al lupo ad Andrea Stramaccioni che da domani sarà al lavoro con la squadra al centro sportivo "Angelo Moratti".


Amala, pazza Inter, amala. 

Juve-Inter: Calciopoli, Facchetti, razzismo e il lato oscuro del dio pallone

Più che della superiorità dell'Inter, dei cambi incomprensibili di Ranieri o dell'ostinata convinzione che del clan degli argentini - per vincere - non si possa far a meno, di questo Juve-Inter, tratterrò altro.

La coreografia dalla prepotente valenza radicale: 29 titoli vinti sul campo, uno dei quali non assegnato e l'altro conferito in modalità non identificate (un comunicato? Una nota? Un atto ufficiale?) su cui si avvita la complessità dell'antinomia tra società espressione di diversi poteri industriali. Ecco quella coreografia della Curva rimarrà impressa nella sequenza di immagini che conserverò, mio malgrado.

Mio malgrado, menzionerò questa partita di elevato interesse tattico associandola ai cori beceri contro Giacinto Facchetti, Cipe. Agli insulti forcaioli e razzisti all'indirizzo di Dejan Stankovic. L'idiozia è virale, evidentemente se dopo la condanna pubblica seguita allo striscione e ai cori vigliaccamente riproposti contro Gianluca Pessotto a Bologna e a Roma si sono ascoltate ancora frasi dense di veemenza e scherno all'interno di un impianto sportivo. 

L'effimera ammenda da 25.000 euro inflitta dal Giudice Sportivo a corso Galileo Ferraris abbinata alla diffida per sedare soggetti affetti da un male di indubbia difficoltà diagnostica produce un altrettanto rasserenante effetto placebo. Eppure questi casi parlano un linguaggio di violenza gratuita, immotivata così asettica da cancellare anche la memoria del passato prossimo.

Invece, certe sgradevoli pratiche comprese le offese gratuite andrebbero demonizzare per quanta demenza esprimono. Perché quanto arreca danno, produce un malessere di natura personale o nel gruppo di appartenenza è inevitabilmente, drammaticamente stupido. Il contrario dell'intelligenza. Siano esse iniziative isolate o espressioni di organizzazioni strutturate legate a movimenti o meno, la condanna e il loro ricordo va ribadito.

Per verificarne ancora la discutibilità sociale, per accertarsi che nel senso comune, nell'opinione pubblica simili nefandezze siano ancora emarginate. 


domenica 25 marzo 2012

Vigor Bovolenta, una morte assurda su cui interrogarci



"Mi gira la testa, aiutatemi perché cado". In campo, ieri sera, Vigor Bovolenta ha pronunciato questa manciata di parole prima di cadere colto da un malore di natura cardiocircolatoria. Un attacco cardiaco, un infarto. L'autopsia che verrà effettuata nella giornata di domani all'ospedale di Macerata dovrebbe confermare - purtroppo - la causa della morte di un ragazzo di 37 anni, uno dei pallavolisti di una generazione di fenomeni che avevano raccolti solo vittorie, successi, traguardi.


In 21 anni di carriera ai massimi livelli di controlli medici Vigor ne ha affrontati in un numero esorbitante rispetto alla media nel rispetto dei protocolli imposti per atleti come Bovolenta che ha giocato prima di approdare a Forlì in società di prima fascia come Ravenna, Ferrara, Roma, Modena, Piacenza e Perugia. 


Con una famiglia e quattro figli - i gemelli di un anno appena - aveva deciso di chiudere con Forlì per stare accanto alla moglie, Federica Lisi anche lei ex nazionale, e ripartire da una società con aveva già l'intesa per il poi. Il mercoledì era sempre a riposo perché già si dedicava all'attività di marketing che sarebbe stato il suo incarico.


L'ha tradito il cuore. E quell'immagine, quella foto che mostra i soccorritori praticargli il massaggio cardiaco dice questo. Un precedente, un piccolo indizio a metà degli anni novanta che aveva indotto gli specialisti a fermarlo per quattro mesi. Poi, esami clinici perfetti. Controlli che non facevano che confermare l'abilità all'attività agonistica di Vigor che da allora in poi aveva continuato a giocare. L'avventura olimpica a Pechino 2008, lo conferma un centrale ancora di qualità, di motivazione, di tenacia. Ma a cui il cuore batteva troppo forte. Un problema latente, come ipotizza Andrea Giani a Repubblica. Ma pur sempre un limite per un professionista che rimette ancora in evidenza la necessità di eccedere in prudenza.

sabato 24 marzo 2012

Calcioscommesse: Ferrario e Cassano, attori non protagonisti. In arrivo deferimenti


Sei lì che riordini per comprendere la portata di queste informazioni e capisci che non sono mai abbastanza i fatti che hai appreso per descrivere la reale entità di queste combine, della loro frequenza, degli intrecci con organizzazioni strutturate. In queste ultime ore si viene fagocitati dalle nuove scadenze e dall'imminenza di un annuncio che sembra ormai prossimo dopo le audizioni chiave, l'intervista di Hiristyan Ilievski ad Agorà e le esternazioni di Erodiani.

Nello stabile di via Po proseguono gli interrogatori del pool guidato dal procuratore federale Stefano Palazzi secondo il calendario delle audizioni che elenca un numero spropositato di nomi noti del bel calcio. Spropositato per la profondità e l'analisi di questo scempio semplificato nell'espressione Calcioscommesse, su cui indagano le Procure di Cremona, Napoli e Bari sul versante della magistratura ordinaria italiana.


Palazzi e i suoi hanno fissato la data in cui per Chievo e Bari si dovrebbe decidere, ovvero il 3 aprile mentre per le situazioni che potrebbe ritenere definite, la Procura federale sta perfezionando (perché solo di qualche nodo si tratta) quanto occorre per i deferimenti relativi alla seconda tranche del filone d'inchiesta di Cremona. Inchiesta che, sul versante sportivo, rimane aperta in considerazione di quegli sviluppi che Antonio Manganelli annunciò con tanta fermezza da lasciar intendere la celerità con cui si sarebbero visti.


Tra i lanci di agenzia, le indiscrezioni, articoli più o meno esaustivi (per quanto si possa auspicare completezza in questi frangenti) due elementi dovrebbero meritare maggiore attenzione: l'interrogatorio dell'ex leccese Ferrario e le smentite (il plurale è voluto) del portiere Mario Cassano in merito al suo coinvolgimento nelle combine.


Ferrario è stato sentito dalla procura federale per quasi ore in merito anche a Lecce-Lazio (2-4) partita disputata lo scorso 22 maggio. Da lì poi la revisione dell'agenda e il punto della situazione di Palazzi e i suoi, compreso il capitolo deferimenti. Un punto di svolta in attesa di conoscere - almeno in parte - i contenuti delle rivelazioni di Benassi e di Gervasoni e Benfenati. E di capire il ruolo di alcuni giocatori, vedi Pellissier (Chievo) in questa inchiesta.


Cassano, l'ex del Piacenza tirato in ballo dal pentito dei pentito, Cristiano Doni. L'ex capitano dell'Atalanta aveva ammesso l'accordo con l'estremo difensore. Ma quest'ultimo nega, nega ripetutamente nell'interrogatorio tenutosi a Empoli dove si trova agli arresti domiciliari. "Nessun coinvolgimento nello scandalo del Calcioscommesse, nessun rapporto né con Doni né con il gruppo degli 'zingari' ". 


"Specificando, però, dei dettagli in più che hanno evidenziato una netta contraddizione con quanto affermato da Gervasoni e Doni nei loro interrogatori". "Il mio assistito - ha spiegato al termine dell'interrogatorio (durato oltre 5 ore) l'avvocato Maresca - non ha niente a che vedere con il Calcioscommesse. Cassano era amico di Gervasoni al Piacenza, ma non ha mai commesso alcun tipo di illecito e non è nemmeno a conoscenza di questi fatti (mentre ha ammesso di conoscere Zamperini, in maniera superficiale, ma di non averlo mai messo in contatto con Gervasoni ndr). E' troppo facile tirare in ballo un portiere in questo tipo di vicende". Insomma, fare il nome di Cassano sarebbe servito a Gervasoni e Doni per godere di alcuni benefici derivanti dal mostrarsi disponibili davanti alla Procura di Cremona.


Un ribaltamento netto e di quanto sostenuto dall'ex capitano e da Gervasoni, compagno di squadra e ex amico di Cassano, il quale aveva fatto il suo nome in merito ad incontri di campionato. Oltre al noto Atalanta-Piacenza, sono sottoposte all'attenzione della magistratura Siena-Piacenza (19-03-2011), Piacenza-Albinoleffe (20-12-2010), Piacenza-Mantova (23-05-2009)

Circostanze non confermate da Cassano che, alla visione delle immagini del famigerato rigore, ha ribadito che non vi era alcun accordo con Doni prima dell'incontro né di aver mai conosciuto elementi riconducibili al gruppo degli zingari.



Versioni discrepanti, dunque, ai limiti della contraddizione su cui lprocura tornerà a breve. Non vi sono dubbi. Il programma della prossima settimana, ne è la conferma.

sabato 17 marzo 2012

Conte ritrova il nemico Bergonzi a Firenze. Provocazione per la Juve?



da Virgilio Sport
(riflessioni precedenti alla conferenza stampa)

Quello tra Antonio Conte e Mauro Bergonzi è un rapporto controverso, condito da un dialogo iperbolico conclusosi - come è noto - da urla e moniti reciproci. Scontri verbali ritenuti assolutamente nei ranghi da parte juventina, oltre il regolamento dall'altra che è costata l'espulsione al tecnico che ha perso il controllo della situazione durante quel maledetto recupero (secondo i bianconeri) al Dall'Ara contro il Bologna. E comunque dopo quel "Conte, alla prossima fuori", seguita dalla segnalazione al direttore di gara nella settimana del dossier e del silenzio stampa designare proprio Bergonzi per la Fiorentina desta almeno ammirazione solo per il coraggio mostrato da Stefano Braschi.

Nella memoria di quanti hanno visto la partita, l'immagine di Conte dietro il parapetto mentre abbandona il campo e poi il suo agitarsi in tribuna lontano dal campo svela la rilevanza di quegli incontri liquidati come partite da piccole in cui la concorrente del Milan alla corsa scudetto ha racimolato solo punticini. L'esondazione Conte al mancato rigore su De Ceglie aveva fatto inalberareBergonzi, in quel match quarto uomo, che aveva segnalato all'arbitro l'esuberanza del tecnico bianconero. La reazione di Conte è divenuta un leitmotiv in questi strani giorni: "Non ti ho detto niente, non ti ho detto niente!".


Ecco, ci vuole fermezza e convincimento, dopo tanto clamore ad affidare questo incontro cardine nella questione scudetto a Bergonzi. C’era lui a Napoli la sera in cui Zalayeta ingannò tutti prendendosi un rigore che non c’era e pagando con due giornate di squalifica per simulazione. A Bergonzi andò peggio. Il designatore era Collinache lo punì aspramente estromettendolo dalle questioni Juventus.


In questa stagione a lui sono toccate decisioni difficili, anche controverse come quella di proseguire durante il derby capitolino quando i buu avrebbero magari imposto di virare verso l'interruzione di Roma-Lazio per i cori razzisti (vergognosi) uditi allo stadio Olimpico. Bergonzi passa, però anche per un uomo di carattere molto fermo, forse la persona giusta a controllare gli impeti di questa accesa fase del campionato per cui passa molto della sfida con il Milan. Se non tutto.

mercoledì 14 marzo 2012

Ibrahimovic insulta la Spadini, ma tocca a Galliani mandare le rose







Una postilla sul caso Ibra. All'inviata di Sky Sport, Vera Spadini, regolarmente a Milanello nella giornata di oggi sono state recapitate 19 rose (numero simbolico) per esprimere rammarico per quanto accaduto. Il biglietto di accompagnamento recava la firma Ac Milan


Zlatan Ibrahimovic che può vantare il diritto d'autore sull'espressione: "Che caz.o guardi? Vai a cucinare" non ha avuto un simile slancio - come prevedibile - e trascurata la presunta telefonata di cui riporta la stessa società di via Turati non sono pervenuti particolari degni di nota. Rilancio: una multa da parte della Federcalcio e da via Turati, no?



Calcioscommesse: Gervasoni, lo zingaro e il caso di Lazio-Genoa




da Virgilio Sport

Sculli, lo zingaro Gervasoni. Si inizia da qui, da questo triangolo che vede intrecciarsi le sorti di un giocatore di Serie A, Genoa nello specifico, il latitante più importante al vertice di uno dei gruppi che gestivano le scommesse illegali nel quadro della comprensione delle implicazioni multilivelli  e uno dei pentiti, il primo, che ha accettato di collaborare con la Procura di Cremona nell'ambito del'inchiesta calcioscommesse.


Ieri l'interrogatorio di Carlo Gervasoni assistito dal suo legale Filippo Andreussi, ex calciatore di Cremonese e Piacenza arrestato il 19 dicembre scorso nell'ambito del filone cremonese, che si è presentato davanti al pm Roberto Di Martino per essere sentito nuovamente. Secondo fonti investigative, riporta La Repubblica, il primo collaboratore avrebbe definito ulteriori dettagli di alcune partite sotto osservazione da parte degli inquirenti e avrebbe fornito informazioni su altre gare su cui alegia il sospetto di combine. Il tutto, come ribadito, da riportare a indiscrezioni visto che il verbale dell'interrogatorio - per la delicatezza dei contenuti - è stato secretato. Gervasoni ha risposto alle domande del pm e lo stesso procuratore di Martino ha liquidato le affermazioni in questo modo: "è stata una deposizione soddisfacente".


Nel primo interrogatorio del 27 dicembre scorso, Gervasoni aveva menzionato 20 partite, tra cui 3 di serie A: Palermo-Bari, Lazio-Genoa e Lecce-Lazio dello scorso campionato. E aveva fatto il nome di una quarantina di calciatori, tra i quali Stefano Mauri, centrocampista della Lazio, Omar Milanetto, ex Genoa, i fratelli Federico e Michele Cossato, ex Chievo, e Andrea Masiello, ex Bari ora all'Atalanta.


Un nome eccellente lo ha fatto anche lo zingaro, intervistato dagli inviati di Repubblica, nel suo covo in Macedonia. Ilievski  - come si legge in questa intervista scioccante per l'entità della diffusione e del livello di penetrazione delle scommesse illegali - fa esplicitamente il nome di Giuseppe Sculli: "Non avete capito niente. Lazio-Genoa l'ha fatta Sculli, non Mauri". Sculli? Sicuro? "Sculli. Con gli amici suoi di Genova. Al cento per cento. Anzi no, a un milione per cento. Se volete ve ne parlo. Però non qui, non ora", quanto riporta il quotidiano.


Di nomi ne fa alcuni, ovviamente di livello anche se quello che colpisce sono due particolari: il numero di giocatori coinvolti - si parla di una trentina di calciatori tra massimo campionato e serie cadetta - e l'insistenza con cui si fa riferimento al ruolo di Giuseppe Signori, uno dei 'capi del calcioscommesse' stando alle parole dello zingaro. Parole già smentite dai legali dell'ex attaccante.


Accuse, dunque, pesantissime relative poi a uno degli incontri più controversi, Lazio-Genoa. La replica di Sculli, menzionato direttamente dallo zingaro è stata molto netta: "Non sapevo chi fosse questo personaggio fino a ieri mattina, poi il mio avvocato mi ha spiegato che è un latitante lontano dall'Italia e che è uno che dice un sacco di stronzate. Quello che mi dispiace è che ci siano dei giornalisti italiani pronti a scrivere certe cose che non stanno nè in cielo nè in terra, ma solo per sentito dire. Oggi ho visto che hanno un po’ rettificato la situazione dicendo che questo personaggio non mi conosce, quindi non mi preoccupo. Io ho già preso il mio avvocato e in questi giorni sporgeremo querela". Sculli, ai microfoni di RTL 102.5, ha replicato con fermezza.

 
"Mi vien da ridere perché le ultime quattro partite non le ho giocate - ha ricostruito il giocatore -, stavo male, ed ero in panchina indisponibile quindi non mi preoccupo. In questi mesi in cui sta parlando di questa situazione hanno tirato nel tritacarne almeno 50-60 giocatori, anche della Nazionale. Bisogna darsi un freno perché uno non si può svegliare la mattina e accusare senza prove e c'è gente pronta a scrivere. Sinceramente ero all'oscuro di tutto, non ho seguito questa vicenda perché non mi interessava, hanno messo in mezzo anche calciatori amici miei come Di Vaio, gente veramente pulita".
 
Alla domanda sull'eventualità che la vicenda non sia emersa per caso ma prima del match contro la Juventus, Sculli è categorico: "Mi viene da ridere ma non posso rispondere, può darsi che qualcuno si sia ricordato che c'era una partita importante come Genoa-Juventus".  Anche la società ha deciso di tutelarsi e di prendere posizione in merito: "Sì, ho parlato con il presidente, e la società con l'avvocato hanno fatto un comunicato stampa. Sinceramente è stato un fulmine a ciel sereno, in particolare la domenica mattina prima di una partita è stata una cosa un po’ pesantuccia. Mi hanno chiamato in tanti dopo aver letto l'intervista e il virgolettato di questo signore che ha scritto l'articolo, è veramente brutto e di cattivo gusto e per sentito dire non si può mettere in prima pagina. Si parla solo di un vagabondo che vive dall'altra parte del mondo, che è latitante e che parla. Chi conosce la vicenda può solo dire che sono solo delle cavolate e all'indomani lasciano solo la brutta figura che ha fatto chi ha scritto questa cosa pensando forse di fare lo scoop"

lunedì 12 marzo 2012

Ibrahimovic, gli insulti alla giornalista e quella multa meritata


screenshot da Mediaset Premium


Zlatan Ibrahimovic ha quelle movenze da duro, perfettamente aderenti al personaggio del bulletto di Malmoe dietro il quale non può che celarsi la regia occulta del più intelligente regista del calciomercato pulp, Mino Raiola. Quello dalle espressioni tarantiniane, dagli occhiali da sole perennemente indossati e con una propensione alla repliche tranchant, dense di un citazionismo talmente colto da essere banalmente confuso con una morbosa propensione al trash. 


'Che caz.o guardi? vai a cucinare!", rientra nella mitologia di questo giocatore da 10 milioni di euro a stagione a cui troppo è permesso e che Pep Guardiola, suo ex allenatore al Barcellona ha liquidato togliendogli anche il saluto come lui stesso racconta. Forse queste scelte avevano un intento pedagogico che avevamo sottovalutato. L'accanimento verbale contro Vera Spadini, inviata di Sky Sport e ex volto di Milan Channel (tutto in famiglia) non fa che arrecare danno all'immagine di un giocatore già reo di aver insultato giornalisti, investendone quasi una di recente all'uscita di Milanello. 


Personalmente, come sintetizzato in 140 caratteri su twitter subito dopo il fatto, delle dichiarazioni di circostanza tipo quelle rilasciate da Adriano Galliani e della telefonata di scuse tempestivamente riportata dal sito ufficiale del club (acmilan.com), non me ne curo. Le reputo inconsistenti. Mi attenderei, però, che la Federcalcio e la stessa società di via Turati sanzionassero pesantemente (per motivi e regole diverse) l'attaccante svedese per le frasi ingiuriose e offensive pronunciate ai microfoni di una nota emittente e concorrente di Sky (Mediaset Premium) all'interno di uno stadio e sentite da milioni di telespettatori. L'ilarità degli inviati alla replica volgare di Ibra all'indirizzo di una collega con tanto di lancio del fermacoda è stucchevole, se considerato che si tratta di 'colleghi'. Si qualifica da sola.


In attesa di capire se questa multa giungerà o meno (come temo), mi interrogo sull'assenza (fino a questo momento e per le notizie in mio possesso) di solidarietà da parte dell'azienda nei riguardi della Spadini che, piaccia o meno, era lì per svolgere il suo lavoro. Il come e il perché visti gli sviluppi sono, davvero, di secondaria importanza.

Juve in silenzio stampa contro l'arbitro: senza gol e senza rigore



da Virgilio Sport (foto tratta da Sky)

L'insostenibile leggerezza e l'inutilità di uno 0-0 si leggono incrociando l'ennesimo pareggio della Juve con l'epopea milanista e il progressivo allontanamento dal vertice della classifica. Eppure in questo pomeriggio primaverile con il Genoa (in forte ascesa), la Juventus senza Barzagli, Chiellini e Bonucci (tanto per citare alcune delle assenze più eclatanti) ha sbattuto contro pali, traverse e sviste arbitrali. Rizzoli e i suoi hanno preso decisioni corrette (vedi il giallo a De Ceglie), ma non hanno convinto sui rigori negati a Matri e a Rossi, sulla rete di Pepe. Su quegli episodi che contano, hanno commesso degli errori. Il silenzio stampa da parte della società è l'atto estremo, simbolico e ideologico, di contrapposizione a questa classe arbitrale. Piaccia o meno.

Se il diktat contiano rimane vincere (altro che partecipare), forse più che nella singolarità delle azioni se ne percepisce il senso nella mentalità con cui questa Juventus senza difesa reinventatatasi priva di guida tecnica e di centrali con l'inedito duo Caceres-Vidal. Più orgoglio che determinazione, più tensione che superiorità. Quei tratti della juventinità si leggono nella propensione offensiva, nell'ostinazione anche quando pare evidente che la fluidità nella fase difensiva è carente. Così si sprecano occasioni tangibili come quella in avvio di Giaccherini o, per una sorta di incombenza da chiudere, quel meraviglioso suggerimento per Marchisio. Così è, fino al fatto cardine: Matri al limite prende Palacio che dentro l'area di rigore lo trattiene per la maglia. Rizzoli non concede il rigore. Con quel che ne viene.

L'insoddisfazione provoca rabbia e quel giallo cheKucka si prende per un alterco con Marchisio va inquadrato in questo contesto. Su un campo sfatto, il Genoa trova le corrette geometrie esaltate da Biondini che disegna traiettorie precise. Cross ottimi, come quella su cui arriva il Gila di testa impegnando Buffon e soci. A rompere le fila  auspichi possa essere la maledetta, quella che fa di Pirlo un giocatore insostituibile. Invece nulla, la punizione finisce sull'esterno della rete, alta sulla traversa. Non si vuole arretrare: Pepe è sempre lì, al suo posto ma si innervosisce troppo con il guardalinee e si fa ammonire da Rizzoli. De Ceglie, poco dopo, per fermare Palacio lo prende per la maglia. Anche per lui giallo. Ora è la Juve a soffrire: Jankovic va a tiro e pcoo ci amnca. Un minuto e si scende negli spogliatoi sullo 0-0. Il tutto mentre Conte si dimena a distanza, dietro a un vetro.

Senza variazioni sul tema (a parte nei rossoblu l'inserimento di Mesto per Sculli), la reprise è un susseguirsi di corner e pali con una continuità statistica impressionante, per gli appassionati del genere. Nota di merito va al taglio di Lichtsteiner e il suo tocco per Matri che si fa cogliere impreparato su questo pallone perfetto non riuscendo neanche a girarsi per coordinarsi e tentare il tiro. Nulla da fare. Vucinic, nella sua migliore interpretazione di questi secondi 45 minuti, colpisce di testa su cross di Pepe. Coglie la traversa con un Frey che assiste immobile. Anche Pirlo prova una conclusione improvvisa che il portiere genoano mette in angolo. Ancora il montenegrino fallisce in una ripetizione inspiegabile di quegli errori già studiati.

L'insistenza è ammirevole: Pepe in maniera ai limiti del parossismo tira contro il palo e segna poi. Una rete regolare annullata per una svista come dimostrano le immagini alla moviola. Si ribaltano gli equilibri, adesso. Viene lasciato spazio a Kaladze che diviene minaccioso e impegnativo per Buffon e in più l'episodio del tocco su Palacio di Marchisio. Finalmente si operano dei cambi: Elia, Del Piero e Borriello per dare fiato. Il tempo ha le sue ragioni e questi inserimenti a ridosso dello scadere producono un lieve effetto placebo. Il rigore negato per l'intervento di Pirlo su Rossi durante il recupero, poi, chiude una partita che non contribuisce a placare le polemiche sulla classe arbitrale. Anzi. Il silenzio stampa è la replica della società a questi avvenimenti.

venerdì 9 marzo 2012

Pessotto, la procura federale apre fascicolo sullo striscione della vergogna

La procura federale, dopo una giornata di indignazione trasversale, ha deciso di aprire un fascicolo sul presunto striscione offensivo contro Gianluca Pessotto.

La nota diffusa dalla Figc è breve, concisa e netta. Un atto dovuto, dopo la decisione del Giudice Sportivo (non era a referto) di non censurare la società rossoblu.

P.S.: Nello specifico ho precisato come la vedo, rimando di quella opinione.

giovedì 8 marzo 2012

Pessotto, lo striscione della vergogna che non scandalizza il Giudice Sportivo


PREMESSA
Libera informazione in libero Paese. Motto da propinare al pubblico di potenziali acquirenti, consumatori bulimici di notizie che attingono da giornali, blog, forum, televisioni, satellite. Purché ci sia circolazione di idee che consente di strutturare quella che animiamo come opinione pubblica, ben vengano argomentazioni e ragioni a sostegno. Ma il becerume va arginato, cancellato, penalizzato. Altrimenti le regole sono fatte per chi ne trae giovamento senza nessuna evoluzione sociale.

Una premessa doverosa per introdurre l'incongruenza e la finta giustizia che vediamo (e da qui in poi sarò semplice) negli stadi. Uno striscione esposto in curva che recita: "Pessotto simulatore, si è buttato o era rigore" non deve produrre solo ammende o sanzioni pecuniarie. Deve suscitare indignazione per i contenuti offensivi nei riguardi un dirigente, ex giocatore, colpito da una grave malattia e per il luogo - il Dall'Ara - in cui si è visto celebrare un grande artista come Lucio Dalla dalla stessa tifoseria. Ecco, alcuni blog tra cui quello di Fabrizio Bocca (la Repubblica), riportano la notizia di una immediata sollevazione dei presenti per quella frase priva di senso civico, di rispetto, di sportività. Che vorrebbe l'intervento della Federcalcio della Giustizia sportiva se non del direttore di gara e colleghi. Il derby capitolino per quei cori razzisti andava sospeso. Forse avrebbe mandato finalmente un segnale positivo visto che il Giudice Sportivo ha deciso, stavolta, di non andare oltre. 


Dopo i buu razzisti diretti a Juan e a Diakité nell'ultimo Roma-Lazio, quegli insulti censurati dallo stesso pubblico bolognese toccano chiunque coltiva ancora l'apparente riguardo della memoria e una parvenza di moralità. Ripeto: scrivo semplice perché questo becerume arrivi a destare la medesima indignazione e la richiesta di isolare e cacciare definitivamente fuori elementi violenti e dalle pulsioni irrazionali. Pessotto non ha subito solo questo. In un Inter-Juve d'annata, un bel coretto curvaiolo menzionava Bettega, l'auto e Gianluca. Il video ancora è in Rete, a testimoniare che quelle demenziali esternazioni si sono già sentite. E che se stiamo qui a parlarne, la moltiplicazione di organi, poltrone e ruoli a poco è servita. 

Bologna-Juve, quando la pareggite degenera in sindrome da piccole



da Virgilio Sport

Decifrare l’incapacità di uscire da questo impassee reagire (in tempo utile) per non vanificare l’unico, autentico obiettivo della stagione. Anche con il Bologna, la Juventus si perde, è confusa e disorganizzata. L'ansia prevarica quel barlume di lucidità che dovrebbe guidare questo recupero che si chiude con un 1-1 effimero ai fini della risalita.  Il Milan è lì, dove lo avevamo lasciato. E il rosso a Bonucci avrà le sue conseguenze.
 
Senza Chiellini e Barzagli, Conte avrà anche i suoi motivi per ragionare su un 4-3-3 con l'inedito duoCaceres-Bonucci a difesa di Buffon eppure quell'assetto da installazione sperimentale non convince neanche sulla carta contro il Bologna. La pareggine acuta diagnosticata a valle della prova assai discutibile contro il Chievo si involve in sindrome da piccole quando dopo appena 5' Marchisio rischia di vedersi affibbiare subito un cartellino dal direttore di gara Banti. Ansia? Così pare. E in questo recupero ci sta. Si vede uno schema degli emiliani, un contropiede e il male estremo che si ripete con una cadenza puntuale: ovvero cross vacui, esattamente come in questo caso.
 
Borriello e Vucinic incidono in maniera impercettibile, fino alla punizione che l'attaccante arrivato a gennaio riesce ad aggiudicarsi. Batte Pirlo (una garanzia), il tiro finisce contro la barriera, deviazione e palla sul fondo. Qualcosa si perde, a livello psicologico. Perché Di Vaio avvisa (fuorigioco al 15') e ribadisce a distanza di 120 secondi su suggerimento di Ramirez (obiettivo di mercato proprio della Juventus) complice l'errore di Lichtsteiner e una inesperienza indubbia dei difensori nel salire in maniera scientifica. Rete superlativa dell'ex. Si incassa la lezione e si chiude sull'1-0. Con in più, a complicare, l'ammonizione di Pirlo che si aggiunge a quella rimediata da Bonucci.
 
Se nei primi 45 minuti di gioco per intensità e cinismo non ci sono dubbi sull'egemonia bolognese, al rientro in campo le cose cambiano. Subire a questo punto del campionato avrebbe conseguenze determinanti. I contatti tra i giocatori aumentano, fino a risultare stucchevoli. I falli fischiati e non aumentano a confermare che da entrambe le parti non si intende arretrare. Si Interrompe però solo per lo scontro tra Caceres e Ramirez. Nulla di grave. Borriello si mostra più propositivo, senza però trovare il giro giusto. Quello che, invece, riesce a Vucinic che su una verticalizzazione perfetta di Pirlo si lascia alle spalle Raggi e di destro centra l'1-1. Gillet non si perde, nonostante il contraccolpo: para prima un colpo di testa di Lichsteiner, poi Marchisio va di ribattuta in nettissimo fuorigioco su cui il portiere è provvidenziale.
 
Dopo gli avvertimenti, Conte viene cacciato per le proteste su una trattenuta su De Ceglie in prossimità dell’aea di rigore. Pioli ha dato un po' di fiato ai suoi con due cambi che supportano la reprise dell'offensivismo felsineo. Quagliarella e Giaccherini entrano quando i due attaccanti non reggono più, senza modificare con il loro ingresso lo schieramento bianconero. IncomprensibilmenteBonucci falcia Ramirez a centrocampo meritatamente l'arbitro lo espelle. Juve in dieci. Un difensore in meno in vista delle prossime partite. Entra Padoin: lapalissiano l'intento. Il risultato? Pareggite e un passo indietro sul Milan, che rimane lì a osservare dall'alto.