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mercoledì 12 settembre 2012

Conte sentito come persona informata sui fatti. Tnas, udienza fissata il 21 settembre



Monopoli, 6 settembre 2012. Annotatela questa data, perché inizia da un anonimo giovedì di settembre il capitolo secondo del caso Conte, di un allenatore (il migliore?) in emblema di un sistema, quello della giustizia sportiva incongruente e lacunoso. 

In una caserma dei carabinieri a circa 40 km dal capoluogo pugliese - come accaduto tra l'altro anche quando fu la volta di Andrea Masiello - il tecnico a cui è stata confermata in appello una squalifica di 10 mesi dalla Corte di Giustizia Federale per l'omessa denuncia di Albinoleffe-Siena si è presentato per rispondere su quanto la procura di Bari ha raccolto fino a questa fase in merito alle cose riguardanti la compagine capeggiata da Masiello. E Vittorio Micolucci.

Stando alle agenzie di stampa, Conte ha risposto per circa tre ore e un quarto alle domande del procuratore della Repubblica, Antonio Laudati, del sostituto procuratore Ciro Angelillis e del comandante del Nucleo investigativo dei Carabinieri di Bari, Riccardo Barbera. Quesiti che vertevano su uno dei filoni investigativi tra i più profilici, grazie al supporto dell'ex capitano Andrea Masiello e di un giocatore, Vittorio Micolucci appunto, il quale avrebbe menzionato per primo il nome di Conte. 

In un fax inviato da Micolucci al procuratore federale, Stefano Palazzi, si sarebbero menzionate altre partite dal risultato alterato nel corso di due distinti campionati sotto la guida tecnica del tecnico. Il riferimento a Conte, secondo il legale di Micolucci, l'avvocato Daniela Pigotti, sarebbe stato frainteso. "Quello a Conte è stato un puro riferimento cronologico - ha chiarito il legale a margine dell'interrogatorio di Micolucci, il 7 agosto scorso a Bari -. Micolucci all'epoca ha semplicemente fatto un riferimento temporale, dicendo che “nell'anno in cui allenava Conte mi risulta che...” come dire l'Inter di Mourinho o la Roma di Luis Enrique".

Invece la procura possiede elementi sufficienti per continuare a ricostruire quanto accaduto prima e dopo Salernitana-Bari del 23 maggio 2009, finita 3-2, e Bari-Treviso dell'11 maggio 2008, conclusasi 0-1. Incontri disputati durante l'era Conte, fautore di quella promozione nella massima serie, sentito come persona informata sui fatti

Ha scelto, Conte, di presentarsi senza assistenza legale. Dopo quella conferenza stampa, dopo la condanna a 10 mesi di squalifica e il ricorso al Tnas. Dopo le dichiarazioni di affiancamento della Juventus che in un futuro assai prossimo e verosimile elaborerà una linea in cui contemplare un ridimensionamento dell'organicità al tecnico, va considerata. Anche solo come eventualità. 

La versione ricostruita dalle indagini vedrebbe prima di quel Salernitana-Bari, ultima di campionato, un emissario del club amaranto avvicinare alcuni calciatori del Bari, tra cui Christian Stellini, ex collaboratore dell'allenatore salentino dimessosi recentemente dal suo staff. Per aggiustare il risultato con quel 3-2 utile ai salernitani sarebbero stati pagati 250mila euro: l'affare sarebbe stato concluso con la complicità della malavita locale, mentre i proventio derivanti da questa combine sarebbero stati spartiti secondo delle quote. 
   
Conte avrebbe negato di aver percepito alcun segnale: il Corriere dello Sport riporta che il tecnico avrebbe dichiarato: "Non so nulla di gare vendute, mai visti girare soldi". La Repubblica, sempre molto informata sulle vicende baresi, anticipa che a questo confronto ne potrebbe seguire un secondo. 

In tempi brevi? Per ora di date si discute in materia di giustizia sportiva: il 21 prima udienza del caso Conte al Tnas. Entro il 7 ottobre, la decisione. 







lunedì 10 settembre 2012

La prescrizione di Abete e la costante Calciopoli



Ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria.

Nell'Italia montiana del richiamo etico e politico alla sobrietà andrebbe collocata anche questa odierna disputa tra innocentisti, revisionisti e i soliti cerchiobottisti pronti a non scollarsi dalle poltronissime. Christian Vieri è un giocatore dell'Inter (o Internazionale, se gradite) al quale il Tribunale di Milano riconosce di aver subito una lesione dei propri diritti da commisurare in un milione di euro, risarcimento ritenuto congruo e adeguato dal giudice. Vieri è stato spiato, attraverso pedinamenti e tabulati telefonici come ha in diverse sedi giudiziarie e non asserito l'ex responsabile della security e di Pirelli prima e di Telecom Italia poi, Giuliano Tavaroli. Esperto di sicurezza privata, a capo di quel gruppo interno alla società definito Tiger Team e costituito da professionalità di alto profilo.

Tavaroli ribadisce di aver incontrato de visu il presidente dell'Inter, Massimo Moratti il quale ha incarico l'ex dirigente che ha patteggiato una condanna a 4 anni e 2 mesi, ricordiamo, per conferirgli l'incarico. Una consulenza relativa all'attaccante forse troppo distratto o forse no, comunque monitorato a sua insaputa e, stando alla sentenza a favore del giocatore, illegale.
Giancarlo Abete, presidente della Figc a cui rimanda anche la procura federale, si è affretato a contenere l'esagitazione giornalistica - quella sana, quella delle domande giuste - menzionando quell'assurdità tutta italiana, tutta circoscritta all'ambito del diritto sportivo che corrisponde alla prescrizione. Quella che ha già esentato dal rispondere su questioni emerse dalla famigerata relazione di Stefano Palazzi in cui veniva indicata la pratica delle telefonate anche da parte di uomini della dirigenza nerazzurra, a partire da quella intercettazione diffusa in Rete e divenuta di uso e consumo televisivo tra Giacinto Facchetti e Paolo Bergamo.

Nessuno è innocente, esistono solo diversi gradi di responsabilità. Che fanno individuati e ai quali si deve attribuire la fattispecie corretta per valutare se e quanta gravità ci sia in quei comportamenti. Trascuriamo il trattamento speciale riservato a Moratti quando fu il procuratore federale a recarsi a Milano per discutere con il presidente interista. Trascuriamo certe altre vicende. La magistratura in toto, oggi, acquisisca questi elementi e abbia il medesimo approccio agli eventi che può e deve rivendicare per fornire quelle risposte, per ripristinare quella legalità perduta.

Il calcio non si risolverà se non nel marciume che ci costringiamo a sopportare altrimenti, tra calendari in bilico e assurdità formali. Se si potessero applicare le leggi della dinamica, la linearità sarebbe trasparente accessibile alla comprensione di chiunque e non si discuterebbe perché ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria. Ci si atterrebbe alle regole, semplicemente.

domenica 29 luglio 2012

Il derby non si vende, Preziosi e il Genoa nella rete del calcioscommmesse


Enrico Preziosi e il Como. Enrico Preziosi e Calciopoli. Enrico Preziosi e Io non mollo. L'eclettico imprenditore riuscito nell'ardua impresa di combinare l'industria del calcio con i Gormiti e altri geniali prodotti ha rivestito nel corso di quell'estate del 2006 il ruolo assai spregiudicato di grande accusatore. Il richiamo alla pulizia nel nostro calcio, inquinato nelle fondamenta, se fatto da un personaggio pubblico di primo piano come il presidente del Genoa andrebbe elogiato a prescindere dalla sbavature, dalle imperfezioni un po' naif che gli si imputano volentieri. Allora come oggi, esploso il bubbone del calcioscommesse.

Però Preziosi non può cancellare la vicenda del fallimento del Como Calcio, il caso Genoa-Venezia, le indagini sui conti di Fabio Capello e quel derby maledetto da cui lo scempio a cui inermi abbiamo assistito. La consegna delle maglie agli ultrà, ordinata dal presidente ha l'irruenza simbolica propria della resa. Giuseppe Sculli con una manciata di parole pacifica, in quel circo triste. 

Il nome di Enrico Preziosi figurava negli atti trasmessi dalla procura di Cremona ai colleghi genovesi. Inevitabile, visti gli elementi emersi relativamente al derby nel maggio del 2011 nell'inchiesta del pm genovese, Biagio Mazzeo, che indaga tra l'altro sul coinvolgimento della Sampdoria nella vicenda e sulla partita Genoa-Siena.

In un'intercettazione del curvaiolo Massimo Leopizzi è saltato fuori che la squadra blucerchiata avrebbe raccolto 1,8 milioni di euro per corrompere 5 genoani. Accordo fallito per il rifiuto del capitano Marco Rossi che si sarebbe opposto al tentativo di combine.

Dei particolari in più potrebbero essere forniti da Sculli che non risulta indagato dalla procura di Cremona e non è stato mai sentito dal gip Guido Salvini, ma sarà sicuramente ascoltato dai magistrati del capoluogo ligure.

 "Non ho ricevuto alcun avviso di garanzia - ha fatto sapere Preziosi -, pertanto non risulto indagato. Sono illazioni non suffragate da alcuna certezza. Giù le mani dal Genoa. Se gli inquirenti hanno necessità di sentirmi sono a disposizione. Forse sono un bersaglio facile, ma il tiro al piccione non lo accetto. Finché avrò io la gestione del club, è mio compito tutelare il nome del Genoa sotto ogni aspetto". 

Così era a Cremona, in effetti, perché la procura di Genova non ha iscritto nel registro degli indagati il nome del presidente del Genoa. Gli elementi hanno indirizzato la magistratura ligure ad altre conclusioni.

Quelle che ci hanno offerto lo spettacolo di Bormio, l'irruzione della Digos a Bormio per sentire i giocatori, lì in ritiro, in merito a quella vicenda altrettanto ambigua e sospetta dell'irruzione nello spogliatoio nel gennaio scorso di tifosi che culminò con un ceffone a Dainelli (che chiese di essere ceduto).

Per frode sportiva, nel registro degli indagati sono stati iscritti quattro calciatori. Si tratta di Domenico Criscito, Omar Milanetto, Rodrigo Palacio e Dario Dainelli. Nulla di casuale.





sabato 17 marzo 2012

Conte ritrova il nemico Bergonzi a Firenze. Provocazione per la Juve?



da Virgilio Sport
(riflessioni precedenti alla conferenza stampa)

Quello tra Antonio Conte e Mauro Bergonzi è un rapporto controverso, condito da un dialogo iperbolico conclusosi - come è noto - da urla e moniti reciproci. Scontri verbali ritenuti assolutamente nei ranghi da parte juventina, oltre il regolamento dall'altra che è costata l'espulsione al tecnico che ha perso il controllo della situazione durante quel maledetto recupero (secondo i bianconeri) al Dall'Ara contro il Bologna. E comunque dopo quel "Conte, alla prossima fuori", seguita dalla segnalazione al direttore di gara nella settimana del dossier e del silenzio stampa designare proprio Bergonzi per la Fiorentina desta almeno ammirazione solo per il coraggio mostrato da Stefano Braschi.

Nella memoria di quanti hanno visto la partita, l'immagine di Conte dietro il parapetto mentre abbandona il campo e poi il suo agitarsi in tribuna lontano dal campo svela la rilevanza di quegli incontri liquidati come partite da piccole in cui la concorrente del Milan alla corsa scudetto ha racimolato solo punticini. L'esondazione Conte al mancato rigore su De Ceglie aveva fatto inalberareBergonzi, in quel match quarto uomo, che aveva segnalato all'arbitro l'esuberanza del tecnico bianconero. La reazione di Conte è divenuta un leitmotiv in questi strani giorni: "Non ti ho detto niente, non ti ho detto niente!".


Ecco, ci vuole fermezza e convincimento, dopo tanto clamore ad affidare questo incontro cardine nella questione scudetto a Bergonzi. C’era lui a Napoli la sera in cui Zalayeta ingannò tutti prendendosi un rigore che non c’era e pagando con due giornate di squalifica per simulazione. A Bergonzi andò peggio. Il designatore era Collinache lo punì aspramente estromettendolo dalle questioni Juventus.


In questa stagione a lui sono toccate decisioni difficili, anche controverse come quella di proseguire durante il derby capitolino quando i buu avrebbero magari imposto di virare verso l'interruzione di Roma-Lazio per i cori razzisti (vergognosi) uditi allo stadio Olimpico. Bergonzi passa, però anche per un uomo di carattere molto fermo, forse la persona giusta a controllare gli impeti di questa accesa fase del campionato per cui passa molto della sfida con il Milan. Se non tutto.

giovedì 8 marzo 2012

Bologna-Juve, quando la pareggite degenera in sindrome da piccole



da Virgilio Sport

Decifrare l’incapacità di uscire da questo impassee reagire (in tempo utile) per non vanificare l’unico, autentico obiettivo della stagione. Anche con il Bologna, la Juventus si perde, è confusa e disorganizzata. L'ansia prevarica quel barlume di lucidità che dovrebbe guidare questo recupero che si chiude con un 1-1 effimero ai fini della risalita.  Il Milan è lì, dove lo avevamo lasciato. E il rosso a Bonucci avrà le sue conseguenze.
 
Senza Chiellini e Barzagli, Conte avrà anche i suoi motivi per ragionare su un 4-3-3 con l'inedito duoCaceres-Bonucci a difesa di Buffon eppure quell'assetto da installazione sperimentale non convince neanche sulla carta contro il Bologna. La pareggine acuta diagnosticata a valle della prova assai discutibile contro il Chievo si involve in sindrome da piccole quando dopo appena 5' Marchisio rischia di vedersi affibbiare subito un cartellino dal direttore di gara Banti. Ansia? Così pare. E in questo recupero ci sta. Si vede uno schema degli emiliani, un contropiede e il male estremo che si ripete con una cadenza puntuale: ovvero cross vacui, esattamente come in questo caso.
 
Borriello e Vucinic incidono in maniera impercettibile, fino alla punizione che l'attaccante arrivato a gennaio riesce ad aggiudicarsi. Batte Pirlo (una garanzia), il tiro finisce contro la barriera, deviazione e palla sul fondo. Qualcosa si perde, a livello psicologico. Perché Di Vaio avvisa (fuorigioco al 15') e ribadisce a distanza di 120 secondi su suggerimento di Ramirez (obiettivo di mercato proprio della Juventus) complice l'errore di Lichtsteiner e una inesperienza indubbia dei difensori nel salire in maniera scientifica. Rete superlativa dell'ex. Si incassa la lezione e si chiude sull'1-0. Con in più, a complicare, l'ammonizione di Pirlo che si aggiunge a quella rimediata da Bonucci.
 
Se nei primi 45 minuti di gioco per intensità e cinismo non ci sono dubbi sull'egemonia bolognese, al rientro in campo le cose cambiano. Subire a questo punto del campionato avrebbe conseguenze determinanti. I contatti tra i giocatori aumentano, fino a risultare stucchevoli. I falli fischiati e non aumentano a confermare che da entrambe le parti non si intende arretrare. Si Interrompe però solo per lo scontro tra Caceres e Ramirez. Nulla di grave. Borriello si mostra più propositivo, senza però trovare il giro giusto. Quello che, invece, riesce a Vucinic che su una verticalizzazione perfetta di Pirlo si lascia alle spalle Raggi e di destro centra l'1-1. Gillet non si perde, nonostante il contraccolpo: para prima un colpo di testa di Lichsteiner, poi Marchisio va di ribattuta in nettissimo fuorigioco su cui il portiere è provvidenziale.
 
Dopo gli avvertimenti, Conte viene cacciato per le proteste su una trattenuta su De Ceglie in prossimità dell’aea di rigore. Pioli ha dato un po' di fiato ai suoi con due cambi che supportano la reprise dell'offensivismo felsineo. Quagliarella e Giaccherini entrano quando i due attaccanti non reggono più, senza modificare con il loro ingresso lo schieramento bianconero. IncomprensibilmenteBonucci falcia Ramirez a centrocampo meritatamente l'arbitro lo espelle. Juve in dieci. Un difensore in meno in vista delle prossime partite. Entra Padoin: lapalissiano l'intento. Il risultato? Pareggite e un passo indietro sul Milan, che rimane lì a osservare dall'alto. 

lunedì 5 marzo 2012

Juve-Chievo: la testardaggine di Conte e quella presunta inadeguatezza



da Virgilio Sport 
Non è consentito abbandonarsi alle lusinghe delle distorsioni di una espulsione evitata(quella di Dramé), presunti rigori mancanti, infortuni:con il Chievo era determinante vincere per una Juventus sfilacciata e appannata. Un pari non è abbastanza per recuperare sul Milan, dopo una settimana in cui le contrapposizioni dialettiche si sono risolte in un acuirsi dell’antagonismo.L’analisi delle errori porta alla constatazione che ancora, di nuovo, c’è tempo e da imparare. Anche dalle piccole. Anche dai propri sbagli.

Che sia pretattica o una posizione ideologica quella che anima la convinzione in Antonio Conte che non ci sia più spazio (e tempo) per Alessandro Del Piero, non è dato saperlo. Più che il valore in sé (tre sono i punti in ballo e tre rimangono), contava non arretrare, non consentire al Milan di distendersi davvero dopo una settimana di litigi, scontri, scuse e presunti chiarimenti che hanno a che vedere con finali da soap opera anni ottanta. Soprattutto dopo l'epica rinascita di Ibrahimovic (le statistiche sono impressionanti) e la lezione impartita al Palermo.Quindi si inizia con Matri-Vucinic e Bonucci in panca. Qualche incertezza iniziale e poi arriva una rete che susciterà polemiche da parte dei moviolisti espertiDe Ceglie ribadisce in rete la palla che Chiellini ha schiaffato contro il palo, rendendo vana l'idea di PirloE' rete. Peccato che il dubbio fuorigioco (non visto da Gervasoni e dai guardalinee) venga sollevato pressoché subito dai commentatori. E forse, il Chievo non meriterebbe di subire lo svantaggio perché la Juventus che si riorganizza è pigra, disordinata. Bradley si avvicina troppo a Buffon, Paloschi è proattivo più del consentito, tanto che viene fermato prima in offside e poi dal portiere bianconero. Per amministrare un risultato, si rischia troppo. Sul piano offensivo, se Vucinic non appare incisivo a sorprendere piacevolmente è Padoin che quasi sfiora la rete. Più e meglio di Giaccherini che si fa vedere, ma non trova la misura. Si va all'intervallo con un cambio importante per quelli che saranno i fatti: Barzagli si fa male, al suo posto entra Bonucci.

Poco muta con la ripresa: il contropiede dei veronesi si replica senza intoppi e le disattenzioni da parte bianconera abbondano. E, infatti, la rete del pari giunge dopo un trascinarsi svogliato tra cambi e l'inserimento di capitan Del Piero. La tensione cresce. E non per i rigori reclamati o il giallo rivendicato nel primo tempo. Il punto di non ritorno è la mancata espulsione di Dramé che doveva avere un rosso per un fallo da dietro su Vucinic. Proprio lui crossa per Paloschino in modo fiacco, Bonucci tenta di spazzare e la butta dentro in modo a dir poco masochistico. La partita da vincere per non rimanere (in)dietro si tramuta in un incubo. Chiellini zoppica, Acerbi si ferma per i crampi. Del Piero chiede un penalty, tramuta un suggerimento del montenegrino in un tiro, Pirlo sfiora il 2-1 trovandosi contro un Sorrentino superlativo. Matri si eclissa sul finire del primo tempo, Vucinic va (lento) a sprazzi. A Gervasoni toccano scelte controverse. Il pubblico fischia. E anche i 5 minuti di recupero vanno senza altro che rumore.