Il mio blog è stato rinnovato!

Dovresti essere redirezionato sulla nuova versione tra 6 secondi. Se non fosse così, visita
http://elisabettadonofrio.wordpress.com
e aggiorna i tuoi bookmarks.

Visualizzazione post con etichetta abete. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta abete. Mostra tutti i post

giovedì 13 settembre 2012

Quantificare il danno subito da Criscito



Non è stato divertente assistere a quella perquisizione nelle prime ore del mattino, a Coverciano durante il ritiro della Nazionale. Quel 21 maggio 2012 le conseguenze dei fascicoli aperti presso le procure furono lapalissiani per chiunque, anche per chi aveva  preferito celarsi dietro a una puerile negazione di quanto si stava (e si sta ancora) consumando dentro e fuori gli uffici giudiziari. 

Non sono stati divertenti (nell'ordine): le inchieste, i deferimenti e gli inviti a comparire, le informative in alcune fasi sbucati (o risbucate) fuori ad arte.

No, non è stato divertente neanche assistere alla progressiva enucleazione di ipotesi pirotecniche per distrarre dai fatti, incentrando la questione sulla più palese violazione del principio che sancisce la presunzione di innocenza, fondamento dello Stato di diritto e del processo per quanti imputati. Figuriamoci quando si tratta di tutt'altra condizione, come nel caso di Criscito ora iscritto nel registro degli indagati solo a Cremona. 

Giustizialismo, facile allineamento all'opinione comune, necessità di interpretare gli umori provenienti dal basso, da quello che in maniera grossolana e semplicistica viene liquidato come il popolo della Rete o la gente? Che cosa ha generato l'esempio di Criscito?

Non è divertente, non è divertente affatto apprendere che il pubblico ministero presso la procura di Genova, Biagio Mazzeo, abbia ritenuto doveroso procedere alla richiesta di archiviazione per Domenico Criscito, Rodrigo Palacio, Dario Dainelli e Omar Milanetto per l'ipotesi di frode sportiva. Perché Criscito, quello delle foto agli atti in compagnia di Sculli e Leopizzi all'Osteria del Coccio nell'ordinanza cremonese non ha rivestito alcun ruolo nella combine del derby. 

Ha ribadito fin dall'inizio la propria estraneità, innescando indirettamente una diatriba a uso e consumo dei beati polemici sul perché fossero ammessi agli Europei, a vestire la maglia Leonardo Bonucci e Simone Pepe - gli juventini - in condizioni similari (ricordiamo che sono stati entrambi assolti dalla giustizia sportiva e che la procura di Bari non ha ritenuto di dover procedere nei riguardi di Bonucci, ndr). Senza che fosse sottolineata abbastanza che le ipotesi possono cadere, come effettivamente verificatosi e potrebbe ancora ripetersi, almeno per quel Genoa-Sampdoria. Eppure le cose sono andate diversamente.

E non è divertente quantificare il danno arrecato a un giocatore il quale assiste alla propria esclusione dal giro della Nazionale, da quell'Europeo. Non lo è ascoltare le dichiarazioni con annesse spiegazioni tecniche da parte del pm che a Cremona ha in mano il fascicolo che lo investe e che spiega il senso di un avviso di garanzia. A suo dire, non implica chissà cosa. Non lo è assistere come da copione al suo reintegro con la stessa disinvoltura sfoggiata nel motivare la scelta di lasciarlo a casa, perché verrebbe a mancare la tranquillità. 

Il presidente Giancarlo Abete non ha consentito che ci sfuggisse la sua personale ilarità alla notizia della richiesta di archiviazione, dopo aver manifestato estrema serietà nel sentenziare che non si poteva portare Criscito in Polonia e Ucraina. Che ne rimarrà di questa decisione iniqua, di questa riabilitazione tardiva e di questa soluzione raffazzonata? Rabbia, felicità e rabbia. E cocci rotti, da riassemblare con l'imminenza di elezioni e campagne elettorali per depurare l'ambiente.





lunedì 10 settembre 2012

La prescrizione di Abete e la costante Calciopoli



Ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria.

Nell'Italia montiana del richiamo etico e politico alla sobrietà andrebbe collocata anche questa odierna disputa tra innocentisti, revisionisti e i soliti cerchiobottisti pronti a non scollarsi dalle poltronissime. Christian Vieri è un giocatore dell'Inter (o Internazionale, se gradite) al quale il Tribunale di Milano riconosce di aver subito una lesione dei propri diritti da commisurare in un milione di euro, risarcimento ritenuto congruo e adeguato dal giudice. Vieri è stato spiato, attraverso pedinamenti e tabulati telefonici come ha in diverse sedi giudiziarie e non asserito l'ex responsabile della security e di Pirelli prima e di Telecom Italia poi, Giuliano Tavaroli. Esperto di sicurezza privata, a capo di quel gruppo interno alla società definito Tiger Team e costituito da professionalità di alto profilo.

Tavaroli ribadisce di aver incontrato de visu il presidente dell'Inter, Massimo Moratti il quale ha incarico l'ex dirigente che ha patteggiato una condanna a 4 anni e 2 mesi, ricordiamo, per conferirgli l'incarico. Una consulenza relativa all'attaccante forse troppo distratto o forse no, comunque monitorato a sua insaputa e, stando alla sentenza a favore del giocatore, illegale.
Giancarlo Abete, presidente della Figc a cui rimanda anche la procura federale, si è affretato a contenere l'esagitazione giornalistica - quella sana, quella delle domande giuste - menzionando quell'assurdità tutta italiana, tutta circoscritta all'ambito del diritto sportivo che corrisponde alla prescrizione. Quella che ha già esentato dal rispondere su questioni emerse dalla famigerata relazione di Stefano Palazzi in cui veniva indicata la pratica delle telefonate anche da parte di uomini della dirigenza nerazzurra, a partire da quella intercettazione diffusa in Rete e divenuta di uso e consumo televisivo tra Giacinto Facchetti e Paolo Bergamo.

Nessuno è innocente, esistono solo diversi gradi di responsabilità. Che fanno individuati e ai quali si deve attribuire la fattispecie corretta per valutare se e quanta gravità ci sia in quei comportamenti. Trascuriamo il trattamento speciale riservato a Moratti quando fu il procuratore federale a recarsi a Milano per discutere con il presidente interista. Trascuriamo certe altre vicende. La magistratura in toto, oggi, acquisisca questi elementi e abbia il medesimo approccio agli eventi che può e deve rivendicare per fornire quelle risposte, per ripristinare quella legalità perduta.

Il calcio non si risolverà se non nel marciume che ci costringiamo a sopportare altrimenti, tra calendari in bilico e assurdità formali. Se si potessero applicare le leggi della dinamica, la linearità sarebbe trasparente accessibile alla comprensione di chiunque e non si discuterebbe perché ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria. Ci si atterrebbe alle regole, semplicemente.