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mercoledì 26 settembre 2012

Almeyda e quella partita che regalò lo Scudetto alla Roma

Non subisce il variare delle mode, delle tendenze, quel vizio che prolifera, stando a quanto sono costrette a documentare le procure della Repubblica. Alterare il risultato delle partite si rivela usanza assai antica, nel mondo del pallone. Consuetudine criminale, a prescindere dal variare di campionati e gestioni. Se quanto asserito con così forte convincimento da Matias Almeyda nella sua autobiografia Almeyda, anima e vita avesse dei riscontri oggettivi, quello scudetto 2000-01 come andrebbe riletto? Come, dopo simili affermazioni?
“Sul finire del campionato 2000-01, alcuni compagni del Parma ci hanno detto che i giocatori della Roma volevano che noi perdessimo la partita. Che siccome non giocavamo per nessun obiettivo, era uguale. Io ho detto di no. Sensini, lo stesso. La maggioranza ha risposto così. Ma in campo ho visto che alcuni non correvano come sempre. Allora ho chiesto la sostituzione e me ne sono andato in spogliatoio. Soldi? Non lo so. Loro lo definivano un favore...”.

martedì 25 settembre 2012

Cellino, l'ultimo dei cowboy


L’ultimo dei cowboy patito della sua chitarra e del pallone prezzolato. Isolano nella misura in cui ciò occorra a sostenere le sue, di tesi. L’ultimo dei cowboy vanta una certa conoscenza della metafisica calcistica, ma non disdegna incarichi ufficiali. Massimo Cellino, imprenditore con il vezzo del bel gioco, fautore di un regno assolutistico ventennale che ha imposto stile e misura a un Cagliari espressione di un polo di potere strutturato. Apparso vorace e grottesco in questa storia da prima pagina ai Palazzi romani di così stretta attualità tra fatture, fatturine e pizzini che sanciscono aperitivi e cenette.
A Cellino, presidente del Cagliari e consigliere della Lega, si è perdonato un certo gusto per la provocazione alquanto stucchevole, di cui l’ennesimo allegato al doc principale è il fax inviato da Miami. Una deriva tollerata con estremo candore da parte delle istituzioni calcistiche (meno da parte di altre altre) e non certo circoscritta all’incomprensibile querelle dello stadio Sant’Elia che contrappone Cellino all’amministrazione comunale e per il terreno scelto per il nuovo impianto (il condizionale è d’obbligo) su cui indaga la magistratura cagliaritana.
Cellino contro tutti e tutto ribalta il senso dell’ordine prestabilito, impone alle regole nuove letture e consente a Zeman di vincere senza subire reti (l’ironia viene facile) nella rassegnazione della Lega e nella censura formale operata dalla Federazione. Il rinvio diCagliari-Roma squarcia quel silenzio alquanto inconprensibile sull’assurda vicenda che contrappone Celllino al comune di Cagliari, alla magistratura, al prefetto e a chiunque altro abbia una qualche autorevolezza per arginare i mutamenti di orientamento dell’eclettico presidente. Trieste, dove vengono disputate le partite casalinghe dei sardi, non è più impianto gradito. Cellino si inventa per questa stagione lo stadio Is Arenas, l’ultima creatura del versatile preisdente, che sfrutta l’impianto di Quartu Sant’Elena non è adeguato per gli standard richiesti in termini di sicurezza e già giocare lì, emerge da una rilettura delle notizie di quei giorni, è una forzatura.
Ma il cowboy sardo, il presidente con residenza a Miami, non se ne cura e sfida le autorità affidando alla potenza del mezzo, ovvero internet la strategia di comunicazione della sua società contravvenendo al senso del divieto di consentire l’ingresso al pubblico. Anzi, crea i presupposti perché possano insorgere problemi di ordine pubblico, da qui il rinvio e quel 3-0 a tavolino per la Roma deciso ai sensi del codice di giustizia sportiva.
La Uefa getta nel ridicolo quest’italiaca propensione al grottesco, sollevando indirettamente ancora una volta l’annosa difficoltà di gestire stadi. L’ultimo dei cowboy incassa, dopo aver tentato con un raro insuccesso di raggirare le regole di quell’istituzione che da consigliere ha mostrato essere più inconsistente e vuota del dovuto.

domenica 22 aprile 2012

Juve-Roma da prova tv: provocazione di Lichtsteiner, sputo di Lamela



A Luis Enrique, alle sue scelte, all'ostinazione su De Rossi centrale, Totti panchinaro affidiamo le sapienti argomentazioni calcistiche degli esperti che hanno inteso il profondo senso castrista della rivoluzione de #erprogetto. L'epilogo deprimente di questa giornata squallida - Genoa-Siena è più di quanto si dica nel salotti buoni della tv della domenica sera o di quello che si legge sui quotidiani del giorno dopo - si vede nel frammento che ferma senza alcun dubbio l'episodio che con buone probabilità passerà alla storia di questa giornata. Quella che segue al rinvio in seguito alla morte di Piermario MorosiniLichtsteiner sfotte un po', facendo il gesto del quattro (come Totti, citazione superlativa) con le dita verso il romanista Lamela.


fotogramma Sky Sport


L'argentino non gradisce affatto. La sua reazione? Sputa, come TottiIl difensore bianconero richiama subito l'attenzione dell'arbitro Bergonzi su quanto accaduto e le immagini televisive alimentano il dubbio su un gesto sgradevole anche per il contesto. La reazione del direttore di gara è nulla. E nei riguardi di Lichtsteiner e nei confronti di Lamela. Stefano Palazzi potrebbe non convenire e ritenere che ci siano i presupposti per sollevare la questione con la prova tv. Aspettiamo a vedere...



fotogramma Sky Sport

lunedì 16 aprile 2012

Morte Petrini, nel dio pallone: scommesse, debiti e doping

Assemblare fatti e documentarne la solidità con libri, testimonianze, atti e processi. Per uno strano incrocio, Carlo Petrini è nato nella Monticiano di Lucianone Moggi a cui dedica l'ultimo libro per cui gli era stata promessa una querela ancora prima della pubblicazione. Di procedimenti, verità supposte e da provare vantava un'esperienza pluriennale Petrini, da quando aveva deciso di intraprendere una guerra sintomatica dell'esigenza di un impegno civile contro doping e quel sistema calcio che non si chiude certo oggi, con la sua morte a 64 anni.

Era un attaccante, Petrini. Da giocatore ha vestito la maglia della Roma e del Milan di Nereo Rocco, con cui vinse una Coppa dei Campioni (1968-1969), e del Torino che vinse la Coppa Italia. Ma è stato anche attaccante del Verona, del Cesena, del Bologna solo per citarne alcune di quelle società che lo tesserarono. Nel fango dei dio pallone, contaminato, sudicio, marcio in cui Petrini ricopriva un ruolo. D'altronde non esitsono innocenti, ma solo dievrsi gradi di responsabilità. Come ci insegna quel suo primo libro-documento testimonianza di una conversione, di un impegno civile che lo aveva indotto a strisciare fuori dall'artificialità del calcioscommesse e di quella bonaria squalifica di tre anni e sei mesi amnistiata dopo la vittoria dell'Italia al Mondiale del 1982.

Una revisione seguita anche alle vicende personali: imprese personali rivelatesi fallimentari, usurai non pagati, debiti ingigantiti. Per sfuggire ai creditori, decise di lasciare l'Italia per la Francia cercando di scivolare nell'anonimato.

Interruppe i rapporti con chiunque, anche con la famiglia. Nel 1995, suo figlio Diego, vittima di un tumore al cervello, chiese di lui. Ma Petrini non rientrò neanche dopo l'appello del ragazzo spirato a 19 anni nel disinteresse del padre e della società in cui giocava da due anni, la Sampdoria.

Personaggio chiaroscurale, trasfigurato di quella necessità così frequente nella società dei consumi di investire di un ruolo semplice, chiaro un nuovo eroe, un ex giocatore convertito da denaro, investimenti e legami discutibili in una figurina da album Panini



L'espiazione si è rivelato un percorso, nell'altra vita di Petrini quella segnata dal rientro in patria nel 1998 e dalla sua attività di scrittore: Nel fango del dio pallone (Edizioni Kaos) non va ridotto al genere dell'autobiografia per allettare la morbosità di un pubblico alla ricerca del voyerismo gossipparo. E' lo spaccato di un calcio marcio, malato in cui al connivenza e la prossimità con la disponibilità alla discussione di ogni regola etica, morale che ci viene restituita da inchieste giudiziarie. 

L'intento di sollevare l'attenzione dell'opinione pubblica su cose di calcio di dubbia veridicità sottintese ne Il calciatore suicidato ricalcano questo impegno. A scrivere di Donato Denis Bergamini e della sua morte (su cui recentemente la procura di Castrovillari ha aperto un nuovo fascicolo) non furono in molti allora, non lo sono oggi.

La malattia è riuscita dove neanche l'innaturale dramma di suo figlio è riuscito: il deterioramento fisico, secondo alcuni medici da correlare all'assunzione spudorata di farmaci dopanti che avrebbero contribuito all'esplosione di malattie in giocatori professionisti tra gli anni '60 e '70, ne aveva plasmato la personalità e proiettato in un contesto di evidente denuncia civile di un sistema corrotto dalla commistione di interessi, malavita e ambizione. Una rete di cui anche Petrini ha fatto parte, con la particolarità che mai ha negato di averne preso parte.

giovedì 12 aprile 2012

Venditti, Marione e il dossieraggio su Baldini


La peculiarità, in questa vicenda così romana e così capitolina, risiede nell'irruzione del nome di uno di quei personaggi buono per tutte le stagioni, le occasioni e le cerimonie in questo intreccio di Roma, pallone, massoneria e nomi clou della buona borghesia dei terrazzi e delle serate all'ombra del Colosseo. A Il Giornale risulta, infatti, che nella vicenda sgradevole quanto ambigua del dossieraggio ai danni di Franco Baldini, direttore generale della Roma del progetto, sia coinvolto anche Antonello Venditti, cantautore e romanista (non è l'uno senza l'altro) che avrebbe ricoperto un ruolo chiave nella questione. Precisamente:
"Stando a quanto trapelato dalle indagni l'Antonello omissato col «bip» sarebbe, giust'appunto, Antonello Venditti. Che a Marione avrebbe raccontato nei dettagli di un suo incontro con Baldini (e forse Baldissoni) in un hotel del centro, nel quale l'uno o l'altro si sarebbero lamentati di come Corsi (s)parlava della Roma e di loro due in particolare".
In questa sorta di complotto confezionato a uso e consumo delle telecamere de Le Iene di personaggi eccellenti ne abbondano fin troppi. E se dietro a queste congetture arzigogolate quanto affascinanti - al pari di una sceneggiatura alla Alfred Hitchcock - sarebbe prevalente la tesi del complotto che imputerebbe addirittura a Luciano Moggi (il nemico di Baldini anche sul piano processuale) una qualche presunta responsabilità, nel clou del racconto spunterebbe anche il nome dell'autore di 'Notte prima degli esami'.

Venditti sarebbe stato però omissato dai discorsi contenuti nel video girato dalla iena Paolo Calabresi all'insaputa di uno dei due speaker radiofonici e dall'ex giornalista Roberto Renga coinvolto in questa storia di brogli e brogliacci, tutti indagati dalla Procura di Roma.
Alla vigilia dell'ultimo derby, Calabresi viene avvicinato da un giornalista ormai in pensione, Renga, già "firma" di Paese Sera e Il Messaggero. L'uomo dice di avere documenti in grado di devastare l'immagine pubblica e privata di Franco Baldini, direttore generale della Roma, e di Mauro Baldissoni, avvocato  membro del cda. Si tratta di "trascrizioni di sms" - e mostra due fogliacci compilati a mano libera da chi sa chi - che dimostrerebbero che i due sono massoni (come indicherebbe un umoristico anagramma, "tfa", triplice fraterno abbraccio) e che il nuovo gruppo dirigente fa "la cresta" sul calciomercato.
La "Iena" sospetta il falso, registra di nascosto la conversazione. Il nastro finisce alla Digos, che ascolta come testimoni Baldini, Baldissoni e il ds Walter Sabatini. Nella stangata accerta rapidamente l'indagine con pedinamenti e testimonianze - il giornalista non sarebbe il solo da indagare. Suo figlio Francesco e un paio di voci delle radio libere: Giuseppe Lo Monaco e Mario Corsi, detto "Marione". Un tipo con un passato neofascista che, da anni, usa il microfono come un randello. Ora sono tutti indagati per diffamazione. Mentre la Digos va a casa Renga, dove ha recuperato le prove del falso.

Una di quelle appendici da scartare, da buttar via che pure hanno il loro seguito. La Procura indaga, il programma ha mandato in onda quei filmati che documentano i fatti. Venditti non commenta. Non ha aggiungere altro, evidentemente la magistratura da sola basta. Anche se la conclusione è ancora lontana.

domenica 14 novembre 2010

Iaquinta-Totti (Aquilani): la sintesi di Juve-Roma. Video



L'uomo in più è sempre lui. L'ex, Alberto Aquilani. "Non è stato facile per me giocare questa partita, ma sono contento per aver dato l'assist a Vincenzo per il gol. E' una delle mie migliori giocate dopo l'assist di rabona per Totti durante un match contro il Milan. Potevamo e dovevamo vincere per puntare in alto, ma è pur sempre un punto contro una grande squadra come la Roma"