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lunedì 26 marzo 2012

Stramaccioni, all'Inter avanza il futuro: Ranieri scaricato




E' sempre Beautiful Inter.


Nel pomeriggio, il presidente Massimo Moratti rilascia le consuete dichiarazioni di circostanza. "Ranieri rimarrà fino a fine stagione? Credo di sì".

Finisci il tuo turno quando le agenzie di stampa e Sky Sport24 riportano queste frasi che preludono a un'altra, imperdibile puntata. Ore 22:04, il comunicato ufficiale:
Il Presidente Massimo Moratti e tutta F.C. Internazionale ringraziano Claudio Ranieri e il suo staff per la professionalità e l’impegno profusi, con sincerità, in questi mesi alla guida della squadra.
F.C. Internazionale comunica inoltre di aver affidato la squadra ad Andrea Stramaccioni, tecnico della Primavera che ha vinto la prima edizione della Next Generation Series.
Il più grande e affettuoso in bocca al lupo ad Andrea Stramaccioni che da domani sarà al lavoro con la squadra al centro sportivo "Angelo Moratti".


Amala, pazza Inter, amala. 

mercoledì 29 settembre 2010

Roberto Mancini e la Juve: un futuro prossimo venturo



Mai dire mai. Io aspetto. Perché so essere paziente. E' arte che ho appreso con il tempo e l'esperienza, tra gli errori di chi scivola per eccesso di emotività in ingenui entusiasmi e le osservazioni concrete dei fatti che prepotentemente ti affondano nelle verità che vanno solo ricostruite. Roberto Mancini era l'uomo giusto. Lo sarà al momento opportuno. Quello che ha asserito in conferenza stampa - quella che precede l'incontro di Europa League tra la Juventus e il Manchester City - è solo il reiterarsi di un quadro noto o il percorso che verrà.

"Io allenare la Juventus in futuro? E perché no? In fondo non ho mai avuto alcuna avversità nei confronti di quella squadra, tant'è vero che da piccolo ne ero tifoso. Ora sono concentrato sul conseguimento di tanti successi qui a Manchester, ma nel calcio non si può mai sapere cosa può accadere, dunque mai dire mai".

Quando fu tempo di ribaltare, Ciro Ferrara fu allontanato dopo essere stato egli stesso subentrato a Claudio Ranieri in un volteggiare di nomi su una panchina prestigiosa, blasonata. Che mai, fino ad allora, aveva optato per la dolorosa scelta dell'esonero. Una sconfitta interna più pesante di un risultato negativo. L’unico tecnico di spessore libero quando anche per il delfino dell'ex Marcello Lippi parevano maturi i tempi dell'abbandono era il Mancio che l'11 dicembre 2009 aveva manifestato la propria disponibilità al quotidiano sportivo Tuttosport: "Non sono un nemico della Juve, anzi ero un suo tifoso", aveva dichiarato.

Allora si menzionava un progetto condiviso dagli Elkann con l'ad Jean Claude Blanc e il ds Alessio Secco che avrebbe portato a Torino anche lo staff di fedelissimi del tecnico Ivan Carminati e Giulio Nuciari, rispettivamente pre­paratore atletico e dei portieri sia du­rante l'esperienza laziale del Mancio, sia successivamente all'Inter. Un progetto diverso, uomini diversi. Meno di un anno fa. Ma tutto può mutare 8di nuovo), se si sa aspettare.

martedì 31 agosto 2010

Juve-Borriello: io vorrei non vorrei, ma se vuoi



La costruzione di un amore e di una squadra richiedono pazienza in parti uguali. Opportunità, talento, capitali si celano in questo campionato di maniera in cui tutto è apparenza. Nulla, in questa sessione di mercato dormiente, ho obiettato fino a questo momento sulle scelte della nuova triade che la Juventus rifondata ha scelto di presentare. Perché ridimensionare le ambizioni espiando le incongrunze passate senza preservare quanto di buono rimasto? Cedere Diego non ha solo esplicitato l'arenarsi di un progetto, ma la rinuncia - mesta - a quella voglia di rivalsa gonfiata dall'onta (per i senatori) di Calciopoli. E, studiando la strategia che l'ha ispirata, l'errore rimane. Non comprendo, mi spiace.

Ora Marco Borriello. Ora Gianpaolo Pazzini. L'uno alternativo all'altro. Facili entusiasmi di manifesta inconsistenza dopo lo stato di osservazione in cui versa la Serie A. Jorge Martinez si ferma, intanto, per un mese. Claudio Marchisio (afflitto dalla sindrome dell'ansia da rinnovo) lascia Coverciano per il lieve (dice il responsabile dello staff medico della nazionale, Enrico Castellacci) infortunio riportato al bicipide femorale. Amauri indisponibile, Iaquinta fuori. Mi passa per la mente che il regista che si sarebbe dovuto acquistare due anni fa non compare nella lista delle entrate. Poche ore rimangono per sigillare gli ultimi contratti. Zebina ha rescisso il proprio contratto per il Brescia, Camoranesi andrà allo Stoccarda, Trezeguet gioca ormai in Spagna (Alicante). Le risorse del vivaio (Ciro Immobile ad esempio) sono contropartite o risorse con cui monetizzare. Siamo lieti che Krasic abbia pagato di proprio conto il viaggio aereo, ma è altrettanto malinconico apprendere che il 24enne difensore del Saint-Etienne Yohan Benalouane arrivato in Italia per le visite mediche sia stato bloccato dalla Juventus (pare sia pronto a firmare con il Cesena). Si è preferito Tasci? E perché?


Krasic, Martinez, Storari, Motta, Pepe, Quagliarella: pur distinguendo tra acquisti a titolo definitivo e prestiti, sommati presentano una somma considerevole che non corrisponde alla qualità di quanti dovrebbero sostituire. Forse la Roma riuscirà a convincere Borriello (15 milioni non sono in programma per corso Galileo Ferraris), magari il Pazzo vestirà la maglia cara agli Agnelli. Il caso Grosso continuerà a essere tale. Cambiare ha sempre un costo. Ma deve portare benefici perché non si scivoli (presto) nel pentimento.

giovedì 26 agosto 2010

Arrivederci amore, ciao (Diego)



Senza di te.

Senza Diego. Che disegno ossessivo si insegue negandosi Diego? Me lo domando metabolizzando un'estate flebile per intenzione, slanci ed emotività. Si accusa la lontananza di quelle aspirazioni imperialistiche che animavano un calcio postmoderno, in cui la zona sacchiana illudeva la moltitudine di una supremazia inarrestabile. Un'estate fa, 24 milioni di euro per convincere il Werder Brema, oggi visite mediche e ufficialità - de facto - del suo trasferimento al Wolfsburg per 15 milioni di euro più due milioni qualora si raggiunga l'obiettivo della qualificazione in Champions League. Più decadente che riformista questa Juventus di nuova specie.

Rinunciare a Diego, all'estro, alla fantasia per sublimare un progetto delneriano in contrasto con la ricerca, che darà? Che ne verrà (a parte i 4,5 milioni di ingaggio che si verseranno per il prestito di Fabio Quagliarella dal Napoli)?

Invece, si scrive, si dibatte, si registra dell'effetto domino scaturito dall'addio di Mario Balotelli all'Inter che deve ancora palesarsi. O di una Juventus revisionata (così disse all'apertura di questa sessione Beppe Marotta, neo direttore generale). O di un MilanIbrahimovic che darà vigore al campionato rossonero dalle premesse quanto mai incerte. Alla decadenza - irritante - di una Juventus che si plasma sul dogma 4-4-2 sacrificando Diego, Trezeguet, Giovinco e chi eran e ancora rimane sulla lista dalla parte sbagliata. La Serie A ha inizio. Ma è l'ex. La dissoluzione del pacchetto di marketing mai entrato nella mitologia che vorrebbe il nostro il più bel campionato al mondo e che si è ripiegato - ormai - su se stesso senza eccellenza, fascino e uomini. Se rimane ciò dello stile Juve (tanto per) non si è poi così lontani dal vero.


domenica 11 luglio 2010

Appunti a margine/4

Miniserie all'italiana (finalina)

De Uruguay-Germania

La coscienza di Loew gli ha imposto di ribadire l'identità smarrita nella semifinale. Oscar Tabarez, il maestro, non ha ceduto alle lusinghe di un paragone facile. Se, in pieno recupero, Diego Forlan avesse replicato quella rete di disturbante bellezza (7' st), loderemmo l'incompreso uomo triste che provò a insegnare il calcio e studieremmo l'apologia della rinascita sudamericana.

Immunizziamoci da analisi che si chiudono nell'esito di una finalina di un Mondiale - a l contrario - fiacco. Piuttosto ammettiamo che, comunque vada, non li vedremo nel nostro campionato. Muller, Suarez, Schweinsteiger, Forlan, Podolski: no Serie A.

L'Ajax non cede i suoi giocatori dopo accurati investimenti. Il Milan ci provò per Luisito (Suarez), ma questo meraviglioso emulo de la Mano de Dios versione uruguayana non fu concesso.





Muller
(personalmente lo trovo più maturo di Ozil, interrottosi ieri sera nel secondo tempo inspiegabilmente) fossimo stati nella prima metà degli anni doppio zero avrebbe già un preaccordo con la Juventus. Non parliamo poi di Xabi Alonso (sfuggito alla premiata coppia Blanc-Secco): i 18 milioni chiesti dal Liverpool furono ritenuti somma spropositata per poi, la stagione successiva chiudere per 25 milioni la trattativa che ha portato a Torino Felipe Melo (reo di aver infangato l'immagine del Brasile). Il miglior affare del geniale Pantaleo Corvino, uomo mercato e di bilancio. Schweinsteiger dichiarò a più riprese, forse nella pressoché assenza di domande in merito, di studiare italiano. Rimarrà nel suo bagaglio culturale. Idem per Podolski. E' la Serie A.

Torniamo al caso Forlan. Per il maestro merita il Pallone d'Oro. “Sarebbe una gran cosa se venisse considerato il miglior giocatore di questa competizione, e non sarebbe una sorpresa se vincesse persino il pallone d’oro, perché per me è da pallone d’oro ma non spetta a me decidere - ha dichiarato - ma senza dubbio merita di diritto la candidatura al premio”. Meglio di Sneijder o Klose non ha fatto in termini di club. Ma se si premiasse - per una volta - l'impegno, la tenacia, la fatica e il talento (quello dell'incostanza, della determinazione, del sacrificio) questo rituale avrebbe un senso, oltre che un significato.

mercoledì 7 luglio 2010

Appunti a margine/3

Nomi mercatosi per un campionato under 35 (3° puntata, miniserie all'italiana)

Mueller?



Elia?

venerdì 11 dicembre 2009

Roberto Mancini, il migliore possibile



Uomini pochi allineati. Guasconi e strafottenti e arroganti e eccellenti in ogni ovvia, metodica pratica che al loro intervenire si rivela luminosa. Così è essere un numero dieci, un uomo mercato dall'intuizione rara, un attaccante di fantasia, un tecnico da sette trofei dopo decenni di nostalgia assolata. Che si attacca in una Milano sul finire del campionato, come quando si è Roberto Mancini.

Essere Mancini non è da tutti. Non è per chiunque, Roberto. D'altronde la panchina della Juventus non si affida ad allenatori indisciplinati o molli in un simile momento di disfacimento del vecchio corso e in cui si prova ad intraprenderne uno nuovo. Grazie e altrettanto, quindi agli altri che non siano il Mancio.

Nel processo grossolano a cui è stato sottoposto Ferrara - più Mourinho che Ciro nella conferenza pre Bari - si sono indicati in Claudio Gentile, Luciano Spalletti (prima che firmasse il triennale con lo Zenit San Pietroburgo), in Guus Hiddink i successori senza che nessuno di questi sintetizzasse quei requisiti che il Mancio oggi, in due distinte interviste (raramente si è prodigato nello spendere una simile loquacità), ha ribadito di possedere per poter risollevare questa squadra compromessa nell'identità stilistica, estetica e formale. A Tuttosport ha raccontato di un passato sentimentale, una sorta di amarcord marchigiano:


"Da bambino mi sorbivo ore di pullman dalla mia Jesi per venire al Comunale a tifare la Juve".


Stessi toni affabulatori nelle risposte meno esaltanti riportate da Il Giornale in cui all'ardore preferisce la morigeratezza e la solidità:


"Ripeto, alleno per mestiere. Non è un discorso di Juve o di altri. Vado da chiunque mi voglia e mi offra un progetto. Non ho la presunzione di scartare nessuno".

Ha costruito un gruppo di giocatori vincenti, i migliori per quel sistema di gioco e quegli obiettivi. Ha contenuto le critiche e compattato - con momenti di tensione e difficoltà - lo spogliatoio. Ha saputo gestire temperamenti irrequieti. Forse è proprio lui, siano clementi gli ortodossi, il migliore possibile.