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mercoledì 29 settembre 2010

Roberto Mancini e la Juve: un futuro prossimo venturo



Mai dire mai. Io aspetto. Perché so essere paziente. E' arte che ho appreso con il tempo e l'esperienza, tra gli errori di chi scivola per eccesso di emotività in ingenui entusiasmi e le osservazioni concrete dei fatti che prepotentemente ti affondano nelle verità che vanno solo ricostruite. Roberto Mancini era l'uomo giusto. Lo sarà al momento opportuno. Quello che ha asserito in conferenza stampa - quella che precede l'incontro di Europa League tra la Juventus e il Manchester City - è solo il reiterarsi di un quadro noto o il percorso che verrà.

"Io allenare la Juventus in futuro? E perché no? In fondo non ho mai avuto alcuna avversità nei confronti di quella squadra, tant'è vero che da piccolo ne ero tifoso. Ora sono concentrato sul conseguimento di tanti successi qui a Manchester, ma nel calcio non si può mai sapere cosa può accadere, dunque mai dire mai".

Quando fu tempo di ribaltare, Ciro Ferrara fu allontanato dopo essere stato egli stesso subentrato a Claudio Ranieri in un volteggiare di nomi su una panchina prestigiosa, blasonata. Che mai, fino ad allora, aveva optato per la dolorosa scelta dell'esonero. Una sconfitta interna più pesante di un risultato negativo. L’unico tecnico di spessore libero quando anche per il delfino dell'ex Marcello Lippi parevano maturi i tempi dell'abbandono era il Mancio che l'11 dicembre 2009 aveva manifestato la propria disponibilità al quotidiano sportivo Tuttosport: "Non sono un nemico della Juve, anzi ero un suo tifoso", aveva dichiarato.

Allora si menzionava un progetto condiviso dagli Elkann con l'ad Jean Claude Blanc e il ds Alessio Secco che avrebbe portato a Torino anche lo staff di fedelissimi del tecnico Ivan Carminati e Giulio Nuciari, rispettivamente pre­paratore atletico e dei portieri sia du­rante l'esperienza laziale del Mancio, sia successivamente all'Inter. Un progetto diverso, uomini diversi. Meno di un anno fa. Ma tutto può mutare 8di nuovo), se si sa aspettare.

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