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giovedì 23 febbraio 2012

Motivazioni Calciopoli: "Sorteggio non era truccato"



Moggiopoli non si risolve in Calciopoli e Calciopoli non si risolve nelle motivazioni depositate il 6 febbraio 2012: in 561 pagine si condensano le evidenze del caso, una parte assai ridotta delle 171mila intercettazioni, le nudità linguistiche dei protagonisti virtuosi o meno di un procedimento che nella fase dibattimentale ha palesato le incongruenze di quello che è stato definito - per semplificare - un sistema. 


Prendiamo in esame la questione del sorteggio. L'evidenza dell'insistenza del pm e, dall'altra parte, la constatazione che non sia stato truccato "è emerso in maniera sufficientemente chiara nel corso del dibattimento". 




L'esame del teste Antonio Ioli, il notaio che certifica la regolarità del sorteggio in questione, risulta coerente. Senza alcuna incertezza, né contraddizione in una ricostruzione lineare dell'estrazione e delle fasi di cui si è composto (e di cui pare sia irreperibile il filmato depositato presso la cancelleria) Ioli replica alle domande dei pm Stefano Capuano e Giuseppe Narducci relative a sfere, bigliettini, condizioni, colori e fattori ambientali fornendo una ricostruzione di quel sorteggio in cui la manipolazione supposta dall'accusa rimane tale stando a quanto in maniera inequivocabile si legge nella sentenza. 


Quello che il presidente della nona sezione penale del Tribunale di Napoli, Teresa Casoria, ha riportato in un riassunto che rimanda in più punti ad altri processi e ad altri personaggi compone una verità processuale che restituisce uno spaccato di realtà. Una ricostruzione che  spiega solo in parte. Spiega la condanna di Luciano Moggi e altri, come l'assoluzione di alcuni altri imputati in questo processo. Non risolve la complessità di dubbi che sono stati sollevati da quanto emerso dal lavoro del consulente della difesa, Nicola Penta, e presentato dai legali di Moggi, capeggiati da Maurilio Prioreschi e Paolo Trofini che si sono accollati l'onere di trascrivere conversazioni telefoniche tra i vertici dell'Inter e quelli arbitrali, tanto per, descrivendo una insana e diffusa prassi che ha reso sciatta qualunque azione di contenimento dei ruoli, delle istituzioni. D'altronde, quanto riportato non lede l'integrità di figure istituzionali come Franco Carraro nel tentativo telefonico di tutelare la Lazio?


La connessione con il dossier Telecom, il caso Tavaroli nonché l'azione di monitoraggio della società nei confronti di Christian Vieri - altro processo - non si esauriscono né avrebbero potuto in questo specifico procedimento. Né la sintesi processuale scioglie i nodi etici che il diritto indirettamente compone. Suggerisce, con toni equidistanti pur rimanendo circoscritto a quanto detto, fatto, scritto dagli imputati che la materia - purtroppo - è assai più vasta per esaurirsi in quell'aula e in sequenza ordinata di 561 pagine. 





mercoledì 22 febbraio 2012

Calciopoli, il video dei misteri



Non abbiate fretta, perché prima che si ricompongano i fatti la giustizia nostrana contempla tre gradi di giudizio e siamo appena alla sentenza di primo grado. Trascuro l'inesauribile dialettica tra giustizialisti e garantisti (così attuale, considerato il ventennale di Mani Pulite) privilegiando la caustica sintesi del diritto. E delle prove in quell'esemplificazione di macchinosi artifizi tutti italici che è Calciopoli


Ieri Tuttosport e Il Giornale hanno sollevato con dovizia di riferimenti e medesime modalità il caso del video dei sorteggi arbitrali a cui fa riferimento il pm Capuano della Procura di Napoli datato 13.05.2005 cui partecipò come giornalista Riccardo Bianchi, de La Provincia di Como, che nella sua deposizione in aula (affermazioni riportata anche nella motivazioni della sentenza) garantì in maniera decisa la regolarità della procedura seguita. E filmata.


Quelle immagini, raccolte in un dvd in possesso della Procura a detta della nona sezione del Tribunale dal 29 luglio 2009 nei fascicolo non ci sarebbe più. Non nei fascicoli né dell'ordinanza né dell'abbreviato. 


Una prova simile svanita. Irreperibile. Sarebbe stato sostituito da una sequenza fotografica tratta da quelle immagini e trasmesse in una docu-fiction andata in onda su La7, Offside il 5 dicembre 2009 commentata dal rapporto del maresciallo Ziino, autore del servizio di osservazione a Coverciano. 


La pagina del quotidiano torinese illustra la sequenza delle foto tratte dal filmato in questione, spiegando come la ricostruzione possa essere stata de facto manipolata per suggerire conclusioni fuorvianti. tant'è che il buon Bianchi viene indicato come un dipendente della Federazione italiano Giuoco Calcio (FIGC) e altre incongruenze di cui hanno dato conto gli articoli in questione.


Dov'è quel dvd? Come può essere risucchiato nella mole abnorme di atti e documenti prodotti in un simile procedimento? I legali capitanati da Maurilio Prioreschi e dal consulente Nicola Penta che assistono Moggi immediatamente dopo la lettura della sentenza di condanna (5 anni e 4 mesi nel caso dell'ex direttore generale della Juventus) attraverso le dichiarazioni di Big Luciano avevano dettato l'agenda per il ricorso in appello. Un processo in cui un simile documento dovrebbe giocare un ruolo niente affatto secondario.

martedì 19 aprile 2011

Tra astinenza e pentimenti, il contatto tra la Juve e Mancini c'è stato



I tempi sono sospetti più del dovuto, considerato che la matematica impone ben altri dilemmi: la Champions League (vezzo per gli studiosi di statistica), i suoi 40 milioni e più di introiti e una questione stadio che non alimenta, certo, il bilancio di corso Galileo Ferraris. Ma la dissoluzione del ruolo di Delneri (sotto osservazione) nel trittrico di inizio stagione cos'è se non un deja vù da teatro dell'assurdo che ci ripropone Roberto Mancini? La sua denigrazione gratuita non appaga nulla, se non un revanscismo di quelli elementari da cui astenersi. Da allenatore dell'Inter (ex è quasi aspetto secondario) non è gradito a parte della tifoseria che non si addolcì neanche per le dichiarazioni ripetute in una strategia tenera per quanto esplicita, all'epoca della vigilia del suo trasferimento a Manchester, sponda City. Il Mancio, sarebbe l'uomo in più, in grado di scuotere l'ambiente.

Posto che in Walter Mazzarri - altro erede individuato dal club - sono più i tratti del mourinhismo che dello stile Juve, il suo possibile ingresso come guida tecnica della società sarebbe cosa altretanto buona e giusta. Peccato che ci sia - nell'ordine - l'ostilità del presidentissimo Aurelio De Laurentiis (come biasimarlo, d'altronde?), la struttura di una società collaudata come il Napoli e una certa resistenza della nuova dirigenza a oltrepassare la dimensione del contatto in questa fase così delicata.

Le odierne esternazioni di Big Luciano, Moggi, non sono che il reiterarsi di un concetto ormai pluriennale tanto quanto gli incentivi della casa madre. "Mancini è un allenatore molto valido, lo porterei alla Juventus", il concetto espresso a Radio Kiss Kiss Napoli dall'ex direttore generale. "Con lui non ho una grande amicizia, ma lo conosco perché ci siamo parlati spesso. Quando si sceglie un allenatore si va a guardare la bravura e Mancini potrebbe andar bene. Ha fatto quello che in tanti non hanno mai fatto: ha rivisto concetti che aveva espresso in passato".

Con Giorgio De Giorgis, suo rappresentante, la Juventus stando a quanto asserito dall'ad Giuseppe Marotta avrebbe avuto contatti solo per alcuni calciatori. "Mancini ha un contratto con il City e con De Giorgis abbiamo parlato di calciatori, anche di Serie B". Non proprio convincente. Perché negoziare, chiedere se mancano i capitali e se il Delneri bis impone scelte obbligate?

Nota a parte: Alessandro Del Piero, l'uomo che firma in bianco, non ha ancora prolungato. Marotta, interrogato sulla questione, ha rassicurato, come sempre sull'argomento: "Per il rinnovo del capitano è tutto fatto: mancano solo le firme". Tra astinenza e pentimento, di un Carlos Tevez ce ne vedremmo bene. Proprio bene.

mercoledì 27 ottobre 2010

Juve, Andrea Agnelli: i 29 scudetti, il bilancio e l'orgoglio gobbo. Video



Io dico che, due giornate o no a Krasic, oggi c'è da appuntare sul taccuino. Andrea Agnelli ha detto quel che andava asserito, compresa la questione affatto risolta dopo i risvolti processuali scaturiti dall'inchiesta Telecom-Pirelli di Milano dei due scudetti strappati. Sono l'Assemblea dei soci e il Consiglio di amministrazione degli Agnelli di Umberto che succedono agli Elkann e i loro che rimangono di riflesso nella società. Giuseppe Marotta e Pavel Nedved si sono insediati come consiglieri, Jean-Claude Blanc confermato amministratore delegato con poteri e deleghe sullo stadio. Il resto: bilancio approvato, allargamento del Cda, conferme di ruoli e incarichi. Non è l'era nuova, ma chi si stia operando una cesura rispetto al progetto Jaki possiamo crederlo.

TENDENZA AGNELLI - "Una volta accertata la correttezza della società negli anni in questione potremmo avanzare la richiesta di riassegnazione dei titoli", ha dichiarato Agnelli nel discorso di apertura davanti all'Assemblea dei soci al Lingotto in questa lunga giornata. "Il procedimento giudiziario al Tribunale di Napoli è uno dei due aperti. L'altro riguarda l'esposto che abbiamo presentato per la revoca dello scudetto 2006. Abbiamo avuto dalla Federcalcio sufficienti garanzie che a breve avremo una risposta a questo esposto. Attendiamo con fiducia". Fiducia l'abbiamo dal 2006, dall'avvio dell'indagine e dal relativo processo sportivo e quel che ne è venuto compresa decisione dei giusti. L'opportunità di resistere a un processo irreversibile non fu ritenuta prevaricante. Se questa verità, ricostruita anch'essa, dovesse appagarci allora ci fermeremo. Altrimenti, chi si interroga andrà avanti.




RUMORE - "La mia esternazione sugli scudetti del 2005 e del 2006 fa rumore ma il concetto è lo stesso che ho già espresso ad agosto: allorché sarà accertata la correttezza dell'operato della Juve, chiederemo la riassegnazione dei titoli. Il dialogo tra noi e Roma è continuo e costante, le cose si stanno muovendo in un rapporto di stima reciproca tra la società e le istituzioni"

NO MOGGI, NO BETTEGA - Per rifondare una squadra, una società dalla storia gloriosa non si può che ricominciare. Lasciando ai nostalgici le icone di un passato discusso: "Stimo Luciano Moggi per il lavoro che ha svolto da noi e non solo, l'ho già ribadito anche in pubblico più volte, e questa stima non verrà mai meno. Oggi, però, il nostro punto di riferimento per l'area tecnica è Giuseppe Marotta, che ha tutta la mia stima e che vorrei avesse anche quella di tutti i sostenitori della Juventus". No a Moggi, al suo ritorno. No anche a Bettega: "Roberto è stato, è e sarà per sempre una bandiera juventina".

martedì 12 ottobre 2010

Nedved nel CdA Juve: l'Exor conferma

(riscriviamoci addosso)


Che rimane del progetto pianificato da John Elkann? Legittimo domandarselo se le manovre che avrebbero indotto a una rifondazione di corso Galileo Ferraris vanno riviste constatando l'ingresso nel Cda di Pavel Nedved e dell'attuale dg bianconero Giuseppe Marotta, anticipato ieri da SkySport24. Quel ruolo di team manager nella nuova Juventus, evidentemente, non è mai garbato assai alla Furia ceca forte di un vincolo personale con il neopresidente Andrea Agnelli. Il presidente dei 29 scudetti, delle polemiche con l'Inter e delle azioni formali.
 
L'indiscrezione trapelata nella tarda mattinata di lunedì e confermata dal comunicato stampa dell'Exor che introduce all'assemblea del 27 ottobre prossimo ha un che di trascendentale. Perché sottintende l'allargamento dell'organo che storicamente e operativamente decide. Al momento si compone di sette membri, ma l'obiettivo è di estenderlo a undici con l'inserimento di Nedved e Marotta più Michele Briamonte, vicino a Franzo Grande Stevenz, e Aldo Mazzia, ai vertici della Exor. Attualmente il consiglio di amministrazione è composto dal presidente Agnelli, l’amministratore delegato Jean-Claude Blanc e gli amministratori Carlo Barel di Sant’Albano, Riccardo Montanaro, Marzio Saà, Camillo Venesio e Khaled Fared Zentuti. Le candidature saranno ratificate nella prossima assemblea in calendario, appunto, il 27 ottobre prossimo. Una mera formalità.
 

Meno formale è il ribaltamento societario che si sta consumando, nonostante risultati altalenanti, presunti miglioramenti nella preparazione, nella riduzione degli infortuni, nell'attenta gestione del mercato. La promozione a rango di consigliere allontana de facto Jean-Claude Blanc, che come in precdenza evidenziato, verrà progressivamente a disimpegnarsi per dedicarsi allo stadio e alle vicende Sportfive Italia srl, ramo italiano del colosso del marketing sportivo Lagardere Sports con cui sono stati stretti accordi in materia. Come exit strategy non male.
 
 
L’area marketing tornerebbe invece nelle mani di Romi Gay, stratega all’epoca di Giraudo e Moggi, che segna un ritorno al passato o solo a una migliore gestione dei rapporti del marchio con gli sponsor. In attesa che ottobre si concluda e che si formalizzi il piano agnelliano, ci sono nuove partite da giocare. Vincerle, fuori e dentro il campo, è tutta un'altra cosa.

lunedì 11 ottobre 2010

Agnelli vuole Pavel Nedved e Giuseppe Marotta nel CdA Juve

 
(scriversi addosso)
Che rimane del progetto pianificato da John Elkann? Legittimo domadarselo se le manovre che avrebbero indotto a una rifondazione di corso Galileo Ferraris vanno riviste constatando l'ingresso nel Cda di Pavel Nedved e dell'attuale dg bianconero Giuseppe Marotta, come ha riportato SkySport24. Quel ruolo di team manager nella nuova Juventus, evidentemente, non è mai garbato assai alla Furia ceca forte di un vincolo personale con il neopresidente Andrea Agnelli. Il presidente dei 29 scudetti, delle polemiche con l'Inter e delle azioni formali.
 
L'indiscrezione trapelata in tarda mattinata ha un che si trascendentale. Perché sottintende l'allargamento dell'organo che storicamente e operativamente decide. Al momento si compone di sette membri, ma l'obiettivo è di estenderlo a undici con l'inserimento di Nedved e Marotta più uomini legati a John Elkann. Attualmente il consiglio di amministrazione è composto dal presidente Agnelli, l’amministratore delegato Jean-Claude Blanc e gli amministratori Carlo Barel di Sant’Albano, Riccardo Montanaro, Marzio Saà, Camillo Venesio e Khaled Fared Zentuti. Le candidature dei due candidati saranno ratificate nella prossima assemblea dell'Exor a fine mese. Una mera formalità.
 

Meno formale è il ribaltamento societario che si sta consumando, nonostante risultati altalenanti, presunti miglioramenti nella preparazione, nella riduzione degli infortuni, nell'attenta gestione del mercato. La promozione a rango di consigliere allontana de facto Jean-Claude Blanc, che come in precdenza evidenziato, verrà progressivamente a disimpegnarsi per dedicarsi allo stadio e alle vicende Sportfive Italia srl, ramo italiano del colosso del marketing sportivo Lagardere Sports con cui sono stati stretti accordi in materia. Come exit strategy non male.
 
 
L’area marketing tornerebbe invece nelle mani di Romi Gay, stratega all’epoca di Giraudo e Moggi, che segna un ritorno al passato o solo a una migliore gestione dei rapporti del marchio con gli sponsor. In attesa che ottobre si concluda e che si formalizzi il piano agnelliano, ci sono nuove partite da giocare. Vincerle, fuori e dentro il campo, è tutta un'altra cosa.

mercoledì 6 ottobre 2010

Chiellini: "Krasic? Spero gli venga un po' di influenza..."



Juve o Nazionale? Italia o società di appartenenza? Sicuramente per Giorgio Chiellini ci sono l'una e l'altra. Due maglie, quella azzurra e quella bianconera, a cui è legato visceralmente. E che non mancano nelle risposte puntuali del dottor Chiello, investito anche della fascia di capitano, durante la conferenza stampa odierna dal ritiro di Coverciano.


JUVE CHAMPIONS — Partiamo dalla sua squadra e dagli obiettivi: “L’Inter resta la più forte, anche se la speranza è che abbia un po’ meno fame di vittorie. La verità è che noi dobbiamo fare il salto di qualità contro le squadre più deboli. Dobbiamo essere più bravi quando si tratta di fare la partita”. L'obiettivo, inevitabilmente, riguarda la zona alta della classifica: “Quest’anno sarà fondamentale arrivare in Champions, sotto tutti i punti di vista. Compresa la possibilità di attirare in futuro giocatori che possano fare la differenza. Quest’anno non ci sono stati dei ‘no’ al progetto Juve. Quelle di Borriello e Di Natale sono state scelte di vita”. Il prolungamento di contratto tarda ad arrivare. Ma preoccupa? “Slitta il mio rinnovo del contratto? Solo perché ancora non ho il dono dell’ubiquità. Mancano pochi dettagli, dopo la Nazionale parleremo. Ma c’è stata la stretta di mano, e per me basta quella. Il City? Che io sappia non si è mai fatto avanti. Di sicuro non con me, credo neppure con la società che non ha mai manifestato la voglia di trattare”. Intanto preoccupa - ancora - la notizia dell'ernia discale di Leandro Rinaudo. Quanto rimarrà fuori? Troppo, consideranso lo stato della difesa juventina.


NAZIONALE - Irlanda del Nord e Serbia aspettano. “Sono partite cruciali” ammette Giorgio Chiellini. Cruciali perché, anche da qui, passa la qualificazione ai prossimi Europei. “Vero, a cominciare dall’Irlanda, che ha mancato di pochissimo il Mondiale e in casa si esalta. Dovremo essere pronti a una battaglia sportiva. La Serbia ha più tecnica, ma sono due gare ugualmente difficili”. Lo scotto del recente mondiale sudafricano sono ancora evidenti. Così, volendo andare oltre le questioni di modulo e il ruolo di Cassano, Chiello ammette che la voglia di riabilitarsi è cresciuta: “E’ così, la voglia di riscatto c’è sempre, ma passa da un percorso che ci potrà portare all’Europeo, non da una sola partita”.


KRASIC - Parole di elogio sono spese poi per il giocatore rivelazione di queste prime giornate, Milos Krasic: “Krasic? Quando l’hanno preso sono stato uno dei primi a dire che ci avrebbe fatto comodo. Certo, non pensavo che ci avrebbe fatto così comodo da subito. In Italia succede che poi ti prendono le misure e trovi delle difficoltà, ma ci darà una grande mano. E finora è stato quello che ci ha dato quel qualcosa in più. Spero (ride) che prima della partita contro di noi gli venga un po’ di raffreddore, un po' di influenza…E se c’è da dargli una bottarella gliela daremo, anche se Del Neri si è raccomandato: ‘Non fargli male che ci serve’…”.

sabato 2 ottobre 2010

Del Neri: "Non firmo per il pari". Spazio a Amauri

 
 
 
A Manchester la Juventus ha dimostrato di poter risalire. Un risultato come il pareggio conta, se pochi giorni prima una vittoria e i tre punti si sono conquistati dimostrando che la tenuta fisica c'è. Alla vigilia del derby d'Italia, Luigi Del Neri indossa la sua maschera di pacatezza con quell'aggressività di chi, seduto sulla panchina bianconera, non può che galvanizzarsi a poche ore da Inter-Juve. Si gioca per vincere, ha risposto l'allenatore. Una frase da tecnico della Juve.
 
 
CALCIOPOLI - "Si affrontano due squadre di grande spessore, sarà una partita particolare, c’è grande antagonismo. Calciopoli? Con l'Inter c'è un antagonismo di vecchia data, ma del processo non ci deve interessare molto, pensiamo soltanto al campo".
 
 
NON FIRMO PER IL PARI - "Se firmo per un pareggio? Non firmo mai. Se una vittoria può cambiare la stagione? Ultimamente ogni partita è un'esame, giocheremo cercando una buona prestazione, scenderemo in campo con grande attenzione per i nostri avversari alla ricerca di un miglioramento. La nostra arma in più potrebbe essere l’aggressività, e puntiamo sulla tecnica. L’Inter è una squadra di grandi palleggiatori, Eto’o è molto più incisivo da quando non ha obblighi difensivi. Non credo che l’Inter sia dipendente da un giocatore, è una squadra compatta, sta ottenendo grandi risultati perché è compatta".
 
 
FORMAZIONE - Un po' di pretattica è ordinaria segnalazione per l'allenatore che non svela anticipatamente gli uomini del suo undici come ormai di tendenza negli ultimi incontri con la stampa: “Se giocano Melo e Marchisio? Più facile che giochino Aquilani e Melo. Amauri? Se sta bene gioca. Se non sta bene non lo convoco. Ora non mi fate dire tutta la formazione. De Ceglie? Aveva bisogno di riposo, l’infortunio gli ha permesso di tirare un po’ il fiato. Sono sereno nelle mie decisioni, mi concentro sui giocatori e sulla squadra. Dobbiamo stemperare le pressioni e scendere in campo al top. L’errore da non fare? Essere presuntuosi dopo la buona prova di Manchester, ma so che contro l’Inter non c’è pericolo: abbiamo troppo rispetto per i nostri avversari”.

 
NESSUNA PAURA - “Abbiamo giocatori abituati a grandi sfide, non credo che soffriremo il fatto di giocare in trasferta a San Siro. Molti dei nuovi hanno giocato partite importanti con la Nazionale. I tifosi? Mi hanno dimostrato affetto, non pressione. E’ la partita più importante di questo periodo della mia carriera. Sarà una gara intensa, c’è antagonismo di vecchia data. Dobbiamo pensare a fare bene in campo, Calciopoli non ci deve interessare molto. La condizione fisica? Nelle ultime due settimane abbiamo giocato molte partite, tenendo botta. La squadra è proiettata verso una condizione fisica ottimale, ma anche il fattore psicologico è importante".
 
I CONVOCATI - Ecco l'elenco dei convocati in vista dell'Inter: 2 Motta, 3 Chiellini, 4 Felipe Melo, 5 Sissoko, 8 Marchisio, 9 Iaquinta, 10 Del Piero, 11 Amauri, 13 Manninger, 14 Aquilani, 18 Quagliarella, 19 Bonucci, 20 Lanzafame, 21 Grygera, 23 Pepe, 25 Martinez, 27 Krasic, 29 De Ceglie, 30 Storari, 31 Costantino, 33 Legrottaglie.

mercoledì 29 settembre 2010

Roberto Mancini e la Juve: un futuro prossimo venturo



Mai dire mai. Io aspetto. Perché so essere paziente. E' arte che ho appreso con il tempo e l'esperienza, tra gli errori di chi scivola per eccesso di emotività in ingenui entusiasmi e le osservazioni concrete dei fatti che prepotentemente ti affondano nelle verità che vanno solo ricostruite. Roberto Mancini era l'uomo giusto. Lo sarà al momento opportuno. Quello che ha asserito in conferenza stampa - quella che precede l'incontro di Europa League tra la Juventus e il Manchester City - è solo il reiterarsi di un quadro noto o il percorso che verrà.

"Io allenare la Juventus in futuro? E perché no? In fondo non ho mai avuto alcuna avversità nei confronti di quella squadra, tant'è vero che da piccolo ne ero tifoso. Ora sono concentrato sul conseguimento di tanti successi qui a Manchester, ma nel calcio non si può mai sapere cosa può accadere, dunque mai dire mai".

Quando fu tempo di ribaltare, Ciro Ferrara fu allontanato dopo essere stato egli stesso subentrato a Claudio Ranieri in un volteggiare di nomi su una panchina prestigiosa, blasonata. Che mai, fino ad allora, aveva optato per la dolorosa scelta dell'esonero. Una sconfitta interna più pesante di un risultato negativo. L’unico tecnico di spessore libero quando anche per il delfino dell'ex Marcello Lippi parevano maturi i tempi dell'abbandono era il Mancio che l'11 dicembre 2009 aveva manifestato la propria disponibilità al quotidiano sportivo Tuttosport: "Non sono un nemico della Juve, anzi ero un suo tifoso", aveva dichiarato.

Allora si menzionava un progetto condiviso dagli Elkann con l'ad Jean Claude Blanc e il ds Alessio Secco che avrebbe portato a Torino anche lo staff di fedelissimi del tecnico Ivan Carminati e Giulio Nuciari, rispettivamente pre­paratore atletico e dei portieri sia du­rante l'esperienza laziale del Mancio, sia successivamente all'Inter. Un progetto diverso, uomini diversi. Meno di un anno fa. Ma tutto può mutare 8di nuovo), se si sa aspettare.

martedì 28 settembre 2010

Bravo Balotelli, il padre: "Da bambino era della Juve"


Mettiamo che nasci a Palermo da genitori ghanesi. Mettiamo che emigrano al Nord, in provincia di Brescia magari e che lì figliano ancora. Tu giochi bene a pallone e diventi Mario Balotelli. Sì, quello che giocava nel Lumezzane e che l'Inter decide di comprare. Ma tieni per il Milan di cui hai indossato la maglia solleticato da Valerio Staffelli di Striscia la notizia. E per disorientare a un certo punto rispondi alle domande dei cronisti con un possibile ni al trasferimento alla Juve quando è chiaro che Mou e la società non ti garbano più. Ti lasci sedurre dal Manchester City e da 3,5 milioni di ingaggio l'anno. Sei quello che porta addosso Padre Pio. Tuo papà, il padre naturale, ammette in un'intervista rilasciata a 'Diva e Donna' che tu - il bad boy - tifavi Juve. Come Roberto Mancini (io avrei voluto lui sulla panchina della Juventus, è noto).

"Mario oggi dice di essere milanista? Forse non ricorda che da piccolo era juventino, come me: giocavamo a calcio insieme e io ho sempre ammirato Del Piero perché è rispettoso e calmo". Continua: "Ai nostri figli insegnamo il rispetto degli altri. L'ho detto a Mario: 'Non litigare in campo'".

Poi è andata come è andata. E le note comportamentali non avranno giovato all'epoca del presunto interessamento di corso Galileo Ferraris che non gradisce forse le tue indisciplinate perdite di controllo. Nello spogliatoio e in campo. A cui neanche il Mancio, forse, avrebbe saputo porre gli argini. 


lunedì 27 settembre 2010

Juventus, Chiellini: "Dateci tempo, faremo gli 1-0"


Giorgio per me è Re Giorgio. Il capitano del futuro. Il contratto da rinnovare. Il ragazzo che doveva partire e invece è rimasto. L'economista. Giorgio è tanta roba. Mi piace, voto likes, consiglia e mettiamoci dentro la grinta e la tenacia (qualità che si apprezzano a prescindere). Il Cagliari appartiene già al passato, il presente è incerto, il futuro incerto. La Juventus odierna, operaia o meno, va studiata con attenzione anche nelle dichiarazioni di uno come Giorgio Chiello Chiellini.
 
LA DIFESA SOTTO ACCUSA "Prendiamo tanti gol, ma solo perché abbiamo cambiato molto, giocatori e tecnico, e abbiamo bisogno di adeguarci ai nuovi schemi. Tutte le squadre del mister hanno avuto bisogno un pò di tempo all'inizio, piano piano ci riusciremo anche noi. Spero di poter festeggiare presto qualche 1-0". 

IL NUOVO PRESIDENTE "La presenza del presidente si sente, prima di lui John era abbastanza presente, ma Andrea è anche lui molto presente ed il mito dell'Avvocato rimane sempre. Ai tifosi juventini penso scatti qualcosa sempre quando si parla della famiglia Agnelli, e si è visto nell'affetto di giovedì dopo la sconfitta pesante casalinga. È stata una piacevole sorpresa dovuta anche dalla presenza di Andrea come presidente".

SCUDETTO "Se Inter e Milan vanno dritti senza cali, per noi ci sarà poco da fare in chiave tricolore, ma se hanno un calo dovremo essere bravi ad approfittarne. Il nostro obiettivo è andare in Champions, è troppo importante per noi". 

TRICOLORE - "Spero di vincere io il tricolore, se però io non dovessi farcela, spero in Allegri, livornese come me. Conosco "acciuga" (il soprannome di Allegri, ndr) da anni, è una gran brava persona". 

LIPPI - "Si è chiuso nel silenzio dopo il Sudafrica? Come tutti, non abbiamo voglia di parlarne". 

CENTRALE DI DIFESA - "Non mi piace giocare a sinistra, penso di dare il meglio in mezzo, ma certo non mi rifiuterei di giocare terzino sinistro. Decide Del Neri". 

MANCHESTER CITY E INTER - "Ci aspettano due partite belle toste, con la squadra di Mancini giovedì, e poi con l'Inter domenica. Quella con i nerazzurri è la sfida delle sfide, ma per noi l'Europa League è importante, e avremmo bisogno di un risultato positivo per acquisire sicurezze che ancora ci mancano".

CITY E REAL - "Non credo di essere stato vicino al Manchester City o al Real Madrid. Penso che la società non abbia mai avuto la volontà di cedermi". 

NAZIONALE - "Come si è comportato in Nazionale? Bene se continua a segnare e a farci vincere...".

domenica 26 settembre 2010

Juve: la Furia si chiama Krasic. Col Cagliari è 4-2


Io mi ricordo. Sì, mi ricordo quando Pavel Nedved fu acquistato dalla Juventus. La sua indiscutibile eccezionalità l'avrei riconosciuta ovunque e comunque e quella maglia, quella della Lazio, sapevo che avrebbe costituito un passaggio come ce ne sono tanti nella vita e nella carriera di ciascuno.

E mi ricordo quando, con il Cska, avevo segnato sul taccuino il nome di questo ragazzo biondo che non mi aveva convinto del tutto ma veniva osannato dalla critica e già aveva ricevuto dimostrazioni concrete di interesse dal Milan che in materia commette solo peccati veniali. Non mi aveva entusiasmato in quella prima di campionato contro il Bari in cui aveva cessato a metà di inseguire le indicazioni impartite dall'esordiente Luigi Del Neri. Ma non era colpa di Milos Krasic. Anzi, stasera ti ringrazio.

Ricorderò questa tripletta con il Cagliari, Milos. Perché hai corso, non hai smesso di inseguire l'obiettivo come quando hai pagato tu il volo per chiudere l'accordo.Ti inserisco nella colonna del mi piace. Mi sono garbate assai le scelte diverse del tecnico che ha rivisto le sue dogmatiche interpretazioni di uomini e ruoli. Mi piace Aquilani in cabina di regia. E quella coppia d'attacco che ancora stenta a decollare. Non mi piace - ancora - la lettura delle statistiche. Nove gol subiti non celano i limiti di un reparto in costruzione sotto un sole agostano. Non sarà Rinaudo (in campo) a smuovere del tutto gli equilibri. E a evitare le oscillazioni così incontrollate di questa Juve del nuovo corso.

sabato 25 settembre 2010

Juve per sempre: Chiellini rinnova dopo l'Inter


Che settembre avrebbe significato rinnovi era noto ai conoscitori di corso Galileo Ferraris. Anche se, in tema di prolungamenti di contratto, non sempre tutto va per il verso giusto. In questo caso, Giorgio Chiellini, la direzione è una e una sola: quella dell'accordo. Perché la Juve senza Chiello - futuro capitano - ha dimostrato involuzioni preoccupanti. E a prescindere dal tecnico in panchina. Anche se la firma non è stata ancora ufficializzata, ma la firma è ormai imminente. Il suo procuratore, Davide Lippi, deve limare quelli che vengono definiti «detta­gli». La sostanza, durata e ingaggio, paiono invece definiti.


Il contrat­to sarà prolungato di altri due anni: la sca­denza sarà fissata nel 2013, per poi naturalmente passare al 2015. Juve a vita, per la carriera considerato che per allora il giocatore avrà 31 anni.
«Chiellini è il di­fensore titolare della Juven­tus, molte squadre lo cerca­no, non soltanto il Real Ma­drid, ma l’operazione non andrà in porto perché lui vuole rinnovare con la Ju­ventus». Ed è lo stesso ma­nager che spiega lo stato della trattativa: «L’accordo al momento non è stato si­glato, ci siamo incontrati ma il giocatore non ha ancora firmato nulla. Non ci sono problemi di natura economi­ca anzi, da questo punto di vista c’è perfetta sintonia con la Juventus».

Nel pomerig­gio di ieri, a quasi un mese dal pre­cedente incontro, la coppia Chiellini-Lippi è stata avvistata nella sede storica della società bianconera chiaro segnale che l'accordo è quasi sottoscritto. Con la firma del nuo­vo contratto il centrale sarebbe inserito nel ristretto gruppo dei top player, l'esiguo nucleo di giocatori a cui Marotta e la dirigenza del nuovo corso hanno deciso di pagare volentieri ingaggi elevati (la Juve è e rimane una società quotata in borsa con investimenti vari e controlli più severi da parte degli organi deputati). In concreto si passerà dai 2 milioni ai 3,2 l'anno. Una cifra che dovrebbe scansare il Manchester Utd, il City e il Real Mourinho. E' una storia di rabbia e fatica anche questa. E pensare che dopo Calciopoli si era valutata seriamente la cessione di un giocatore divenuto un simbolo. Quasi l'eccezione, in un calcio di accordi e gestione patrimoniali che di bandiere non ne ha più.  

giovedì 23 settembre 2010

Juve, la crisi infinita. Il Palermo rinasce a Torino. Video dei gol


Non dovevamo illuderci che l'orgoglio da solo bastasse a succhiare via quella linfa malevola che appesantisce le gambe e confonde la testa. Schemi, idee, misure latitano ancora in questa Juventus sconfitta 1-3, così difficile da capire. Da giustificare. Palermo si rigenera da Pastore. E rinasce meritatamente. Perché forse non era il tempo per scegliere Del Piero e preferirlo a Iaquinta. Ha da passa' 'a nuttata, ma il lassisimo di Bari e le lacune manifeste contro la Sampdoria emergono senza che la ruvidità di metodo di Del Neri abbia dimostrato di aver sanato quel male. Pastore, Ilicic e Bovo illuminano la notte torinese. E la Signora è di nuovo cupa, sciatta.



martedì 21 settembre 2010

Juve: giovani che rimangono, giovani che partono




Bella che sarebbe la giovane Juve. Mi cullo in questa considerazione quando osservo Seba schiarirsi sotto il sole settembrino con la casacca del Parma indosso interrogandomi sul senso di una scelta che declina nella rassegnazione. Mi manca Giovinco, quello che a Empoli non affondava nel campo. Sempre dietro alle due punte. Anche Marchisio era stato mandato in Toscana a rinvigorirsi, a temprarsi per apprendere le leggi di un calcio che non consente di commettere errori a chi indossa la casacca della Juventus. A Siena De Ceglie ha trascorso una stagione formativa per integrarsi in un progetto nuovo. In cui viene menzionato e in cui pare escluso, secondo opportunità. Di chi, di che cosa sfugge a volte.

Criscito, Mirante, Palladino, Immobile, Pasquato: i bravi ragazzi del vivaio cercano un posto al sole. Che bella questa Juve disegnata in un vivaio che ha cresciuto giocatori vigorosi, forgiato caratteri e che, nella tragedia, si è rafforzata come Vincenzo Chiarenza ha tracciato in una recente intervista.

Eppure Sebastian ha deciso di andar via. E ha scansato Torino, la vita agra della panchina che non gli ha restituito pazienza. C'è solo disillusione nelle parole spese con una sagacia sproporzionata per un ragazzino. Anche se lo chiamano Formica Atomica e se il West Ham e l'Arsenal (in tempi finanziariamente migliori) avevano intenzione di portarlo in Premier. Claudio, dagli occhi silenziosi, affida a Facebook il proprio malessere per un rinnovo che stenta a rassicurarlo. Gli altri, i tanti andati e venuti, sono cresciuti e cresceranno altrove. Lontano da Vinovo.

domenica 19 settembre 2010

Juve: tutta un'altra Signora. Pozzo accusa Iaquinta

Forse la Juve ritrovata passa da Udine. Da dove hanno iniziato - davvero - Quagliarella e Iaquinta. Da dove ha temuto per la sua carriera Del Piero. Gli equilibri paiono afferrati, finalmente. E finalmente c'è Krasic che spinge, lotta, insiste. Tutta un'altra Signora. Encomiabile. Superba. Grazie al coraggio di Bonucci che costringe Coda all'autogol. Grazie a Quagliarella con una rete di tacco, freddo e delicato. Grazie a Marchisio - rassicurato sul suo prossimo rinnovo dopo le tensioni manifestate via Facebook - autore di una rete commovente: un sinistro al volo su cross di Krasic (tocco di prima).

Nessun ringraziamento ma solo rabbia, quella di Iaquinta contro la sua ex tifoseria che lo ha insultato - ha spiegato - senza mai stancarsi. Perché mobbing, proteste, passione, intuizione mescolati rimpastano amarezza. Cecè e questo Friuli ruvido: una spaccatura incolmabile. Perché altrimenti appellarsi ai sentimenti della pietas calcistica come il presidente dell'Udinese, Giampaolo Pozzo che lamenta l'inadeguatezza dell'arbitro Bergonzi. E l'ingratitudine: 'Questo ragazzino lo abbiamo preso dal Castel di Sangro in Serie C, lo abbiamo allevato e poi ceduto alla Juve, permettendogli di fare una bella carriera. Che cosa ha fatto oggi? Ha esultato e rimbeccato il pubblico. Non doveva farlo. Sono cose che nel calcio non dovrebbero succedere'.

Scuse e spiegazioni del caso dell'attaccante calabrese: 'Il pubblico aveva detto cose su mia madre e io non ci ho visto piu'. Sono un ragazzo impulsivo, ma mi sono gia' pentito di quello che ho fatto. E chiedo scusa. Non ce l'avevo assolutamente con la famiglia Pozzo ne' con i miei compagni. A Udine mi sono trovato benissimo'. Del Neri si ravvede (o gli è stato suggerito). Bene. Sono tre punti. E un buon (nuovo) inizio.



UDINESE-JUVENTUS 0-4 Bonucci,Quagliarella,marchisio,Iaquinta
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mercoledì 15 settembre 2010

Ibra, Borriello e l'attaccante che manca alla Juve




Quanto tempo c'è, quanto tempo abbiamo perché si possa consolidare un giudizio denso, che poggi su accadimenti insindacabili, a prescindere dall'indole e dalle preferenze? Tra parentesi si collocano: dubbi, incertezze, infortuni, antipatie, maglie, donne, colori. Tutto si evolve, muta forma. Due attaccanti uniti dalla Juventus si incontrano a distanza. Uno ha vissuto lì l'inizio, l'altro ha scelto di non abbracciare il nuovo progetto. Ibrahimovic e Borriello sarebbero potuti essere e non sono stati. E oggi la loro assenza, per motivi diversi, forse non è un male.

Nella notte dell'epopea milanista e della dissoluzione romanista, due giocatori che per esigenze diverse hanno omesso corso Galileo Ferraris dalla loro storia si intersecano.

Zlatan Ibrahimovic non commette alcun errore. Marco Borriello ne commette uno, fatale. Determinante. Se ne assume responsabilità e oneri. Ne osservo le movenze. Ne studio la reazione.

Sì, ammette la leggerezza ai microfoni e conosce il debito che grava ora sulla sua nuova squadra, sulla sua nuova società (chi la comprerà, chi sarà il prossimo a soddisfare il popolo?). Era un giocatore della Juventus, poi un sms, un colloquio parallelo (vero?) e fu Fabio Quagliarella in lite con Walter Mazzarri, allenatore del Napoli.

Quando Zlatan, l'uomo senza fede e senza affezione, arrivò in Italia si era inimicato l'ambiente dell'Ajax che lo aveva reso un attaccante di vigore. Ma Luciano Moggi lo aveva imposto, nel suo stile, convinto che non avrebbe deluso le aspettative. E' diventato Ibra, alla Juventus. Ma ha scelto di legarsi al proprio egocentrismo promettendo sentimenti quasi mai ricambiati.

Borriello, invece, ha declinato convinto l'offerta bianconera. E non è l'uomo giusto. Non è quel giocatore di cui Del Neri poteva fidarsi per condurre quel piano che ha deciso di realizzare (un 4-4-2 operaio). E' il miglior non acquisto di un mercato estivo controverso in cui la qualità è parsa superflua. Non saranno state adottate le soluzioni del caso, agevolando la scelta a favore della Roma dell'attaccante eppure questo gioco non avrebbe giovato a Marco né alla causa del nuovo corso. Con la massima stima (ribadita a più e più riprese) nei suoi riguardi.

martedì 31 agosto 2010

Juve-Borriello: io vorrei non vorrei, ma se vuoi



La costruzione di un amore e di una squadra richiedono pazienza in parti uguali. Opportunità, talento, capitali si celano in questo campionato di maniera in cui tutto è apparenza. Nulla, in questa sessione di mercato dormiente, ho obiettato fino a questo momento sulle scelte della nuova triade che la Juventus rifondata ha scelto di presentare. Perché ridimensionare le ambizioni espiando le incongrunze passate senza preservare quanto di buono rimasto? Cedere Diego non ha solo esplicitato l'arenarsi di un progetto, ma la rinuncia - mesta - a quella voglia di rivalsa gonfiata dall'onta (per i senatori) di Calciopoli. E, studiando la strategia che l'ha ispirata, l'errore rimane. Non comprendo, mi spiace.

Ora Marco Borriello. Ora Gianpaolo Pazzini. L'uno alternativo all'altro. Facili entusiasmi di manifesta inconsistenza dopo lo stato di osservazione in cui versa la Serie A. Jorge Martinez si ferma, intanto, per un mese. Claudio Marchisio (afflitto dalla sindrome dell'ansia da rinnovo) lascia Coverciano per il lieve (dice il responsabile dello staff medico della nazionale, Enrico Castellacci) infortunio riportato al bicipide femorale. Amauri indisponibile, Iaquinta fuori. Mi passa per la mente che il regista che si sarebbe dovuto acquistare due anni fa non compare nella lista delle entrate. Poche ore rimangono per sigillare gli ultimi contratti. Zebina ha rescisso il proprio contratto per il Brescia, Camoranesi andrà allo Stoccarda, Trezeguet gioca ormai in Spagna (Alicante). Le risorse del vivaio (Ciro Immobile ad esempio) sono contropartite o risorse con cui monetizzare. Siamo lieti che Krasic abbia pagato di proprio conto il viaggio aereo, ma è altrettanto malinconico apprendere che il 24enne difensore del Saint-Etienne Yohan Benalouane arrivato in Italia per le visite mediche sia stato bloccato dalla Juventus (pare sia pronto a firmare con il Cesena). Si è preferito Tasci? E perché?


Krasic, Martinez, Storari, Motta, Pepe, Quagliarella: pur distinguendo tra acquisti a titolo definitivo e prestiti, sommati presentano una somma considerevole che non corrisponde alla qualità di quanti dovrebbero sostituire. Forse la Roma riuscirà a convincere Borriello (15 milioni non sono in programma per corso Galileo Ferraris), magari il Pazzo vestirà la maglia cara agli Agnelli. Il caso Grosso continuerà a essere tale. Cambiare ha sempre un costo. Ma deve portare benefici perché non si scivoli (presto) nel pentimento.

giovedì 26 agosto 2010

Arrivederci amore, ciao (Diego)



Senza di te.

Senza Diego. Che disegno ossessivo si insegue negandosi Diego? Me lo domando metabolizzando un'estate flebile per intenzione, slanci ed emotività. Si accusa la lontananza di quelle aspirazioni imperialistiche che animavano un calcio postmoderno, in cui la zona sacchiana illudeva la moltitudine di una supremazia inarrestabile. Un'estate fa, 24 milioni di euro per convincere il Werder Brema, oggi visite mediche e ufficialità - de facto - del suo trasferimento al Wolfsburg per 15 milioni di euro più due milioni qualora si raggiunga l'obiettivo della qualificazione in Champions League. Più decadente che riformista questa Juventus di nuova specie.

Rinunciare a Diego, all'estro, alla fantasia per sublimare un progetto delneriano in contrasto con la ricerca, che darà? Che ne verrà (a parte i 4,5 milioni di ingaggio che si verseranno per il prestito di Fabio Quagliarella dal Napoli)?

Invece, si scrive, si dibatte, si registra dell'effetto domino scaturito dall'addio di Mario Balotelli all'Inter che deve ancora palesarsi. O di una Juventus revisionata (così disse all'apertura di questa sessione Beppe Marotta, neo direttore generale). O di un MilanIbrahimovic che darà vigore al campionato rossonero dalle premesse quanto mai incerte. Alla decadenza - irritante - di una Juventus che si plasma sul dogma 4-4-2 sacrificando Diego, Trezeguet, Giovinco e chi eran e ancora rimane sulla lista dalla parte sbagliata. La Serie A ha inizio. Ma è l'ex. La dissoluzione del pacchetto di marketing mai entrato nella mitologia che vorrebbe il nostro il più bel campionato al mondo e che si è ripiegato - ormai - su se stesso senza eccellenza, fascino e uomini. Se rimane ciò dello stile Juve (tanto per) non si è poi così lontani dal vero.