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lunedì 7 maggio 2012

Juve Campione: perché è e rimarrà lo Scudetto di Conte



Fosse stato l'allenatore di un'altra squadra, lo avrebbero tacciato di arroganza. Di un certo difensivismo linguistico nel tutelare il suo sistema, la storia della società. Della Juventus degli Agnelli. Invece Antonio Conte, l'ex capitano che ha giocato quel 5 maggio 2002, a 10 anni e un giorno di distanza riscopre l'identità di quell'orgoglio gobbo a cui il presidente che che segna il ritorno del cognome Agnelli, Andrea (definito giovin signore dal numero uno della squadra che ha collaborato alla conquista del titolo) si è appellato senza riuscire a ritrovarne le componenti radicali


Quella fatica, quell'umiltà, quella convinzione a cui la catechizzazione contiana ha educato i suoi, come abbiamo osservato poco tempo addietro nel cerchio magico costruito attorno allla sua figura caricato di una componente simbolica di una potenza epica. Nonostante fosse un allenamento qualunque. Nonostante fossimo a Vinovo. 


Perché Conte è lo juventino per antonomasia, pur risultando eccezionale. Ma non uno Special One, Uno Speciale. No, di grazia. Perché Conte ha studiato, si è preparato ma non ha persaso della sua riconversione. E' stato rifiutato. Quando toccò scegliere tra lui e Ciro Ferrara, che all'epoca ricopriva una funzione dirigenziale, si optò per il discepolo di Marcello Lippi. E conosciamo l'esito nefasto di quella scelta di cui il tecnico dell'Under 21 è responsabile solo in parte. 


Ha allenato così squadre non di pregio: è stato a Bari. E ha fatto bene. E' passato per Bergamo, ma non ha mai trovato intesa con la società e soprattutto con i tifosi dell'Atalanta. A Siena ha lasciato un ricordo ottimo e la Lady, Valentina Mezzaroma non spende che parole di elogio nei suoi riguardi per competenza e spessore umano.


La Juventus Campione d'Italia vanta 30 Scudetti perché a sedere su quella panchina c'è Antonio Conte. Un salentino che ha sempre l'insoddisfazione a muoverlo. Un orgoglio riflesso che si alimenta della voglia di riscatto dopo quella tarda primavera di facili entusiami e il disegno di un perfetto ritorno che lo ha visto capitano della squadra che ora guida da tecnico. 


Questo è il suo titolo perché ha scelto gli uomini, indicando gli inserimenti corretti da apportare alla rosa costruita da Marotta e Paratici. E' suo, questo tricolore, perché ha saputo adattarsi pur negando alcun revisione tattica respingendo allusioni, presunte tensioni e incertezze proteggendo con uno schermo pressoché invalicabile il suo ambiente. Dove ha imposto le sue leggi, forse come nessuno era riuscito a fare prima di lui. E dopo l'onta di Calciopoli. Perché a Trieste pur nell'amarezza dell'addio ad Alessandro Del Piero si è ribadito sul campo la pronuncia di una sentenza - quella di Napoli - che ha aperto, escludendo la responsabilità oggettiva della società, un nuovo ciclo. Che inizia stasera, sotto il cielo di una città di confine, Trieste.

martedì 12 ottobre 2010

Nedved nel CdA Juve: l'Exor conferma

(riscriviamoci addosso)


Che rimane del progetto pianificato da John Elkann? Legittimo domandarselo se le manovre che avrebbero indotto a una rifondazione di corso Galileo Ferraris vanno riviste constatando l'ingresso nel Cda di Pavel Nedved e dell'attuale dg bianconero Giuseppe Marotta, anticipato ieri da SkySport24. Quel ruolo di team manager nella nuova Juventus, evidentemente, non è mai garbato assai alla Furia ceca forte di un vincolo personale con il neopresidente Andrea Agnelli. Il presidente dei 29 scudetti, delle polemiche con l'Inter e delle azioni formali.
 
L'indiscrezione trapelata nella tarda mattinata di lunedì e confermata dal comunicato stampa dell'Exor che introduce all'assemblea del 27 ottobre prossimo ha un che di trascendentale. Perché sottintende l'allargamento dell'organo che storicamente e operativamente decide. Al momento si compone di sette membri, ma l'obiettivo è di estenderlo a undici con l'inserimento di Nedved e Marotta più Michele Briamonte, vicino a Franzo Grande Stevenz, e Aldo Mazzia, ai vertici della Exor. Attualmente il consiglio di amministrazione è composto dal presidente Agnelli, l’amministratore delegato Jean-Claude Blanc e gli amministratori Carlo Barel di Sant’Albano, Riccardo Montanaro, Marzio Saà, Camillo Venesio e Khaled Fared Zentuti. Le candidature saranno ratificate nella prossima assemblea in calendario, appunto, il 27 ottobre prossimo. Una mera formalità.
 

Meno formale è il ribaltamento societario che si sta consumando, nonostante risultati altalenanti, presunti miglioramenti nella preparazione, nella riduzione degli infortuni, nell'attenta gestione del mercato. La promozione a rango di consigliere allontana de facto Jean-Claude Blanc, che come in precdenza evidenziato, verrà progressivamente a disimpegnarsi per dedicarsi allo stadio e alle vicende Sportfive Italia srl, ramo italiano del colosso del marketing sportivo Lagardere Sports con cui sono stati stretti accordi in materia. Come exit strategy non male.
 
 
L’area marketing tornerebbe invece nelle mani di Romi Gay, stratega all’epoca di Giraudo e Moggi, che segna un ritorno al passato o solo a una migliore gestione dei rapporti del marchio con gli sponsor. In attesa che ottobre si concluda e che si formalizzi il piano agnelliano, ci sono nuove partite da giocare. Vincerle, fuori e dentro il campo, è tutta un'altra cosa.