Il mio blog è stato rinnovato!

Dovresti essere redirezionato sulla nuova versione tra 6 secondi. Se non fosse così, visita
http://elisabettadonofrio.wordpress.com
e aggiorna i tuoi bookmarks.

Visualizzazione post con etichetta calciopoli. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta calciopoli. Mostra tutti i post

sabato 29 settembre 2012

Dossier illegali, Cipriani e la genesi di Calciopoli



Emanuele Cipriani è a capo di un'azienda che si occupa di analisi e valutazioni finanziarie, due diligence, attività informativa nel settore industriale e dei servizi (bancario, assicurativo), la Polis d'Istinto. Ha sede in Toscana, a Firenze. Non si tratta di un'agenzia come le altre. La Polis d'Istinto è nota per essere stata investita da incarichi di estrema rilevanza nonché di indubbia delicatezza da parte di Giuliano Tavaroli. Tavaroli, ex responsabile della security di Pirelli e di Telecom Italia nell'era tronchettiana, ha patteggiato una condanna a 4 anni in uno dei processi più impattanti per gli intrecci tra il più primo gruppo di telecomunicazioni nostrano e i servizi segreti e un sistema che va disegnandosi attraverso i procedimenti portati avanti dalla procura di Milano. Cipriani era l'uomo di fiducia di Tavaroli, l'investigatore a cui erano state affidate indagini finalizzate a attività di dossieraggio vero e proprio su personaggi tra i più disparati.

Cipriani aveva svolto degli accertamenti per conto dell'Inter sulla Gea, l'agenzia di cui era titolare il figlio di Luciano, Alessandro Moggi. La società più potente in Italia, che gestiva i giocatori più prezzolati del nostro calcio, allora probabilmente il campionato più bello del mondo. E con i maggiori interessi economico-finanziari. Concetti che Cipriani conferma nel corso dell’udienza in cui erano attese le sue dichiarazioni assolutamente coincidenti con quanto ribadito recentemente da Tavaroli nella sua ricostruzione: incontrò Massimo Moratti, presidente dell'Inter, ricevette direttamente da lui l'incarico di spiare Moggi e i suoi e alcuni giocatori, riferimento da acquisire come fatto. La sentenza di primo grado del tribunale di Milano sul caso Vieri (processo su cui ho sempre espresso il convincimento si potesse arrivare a una ricostruzione distante da condizionamenti) ha restituito solidità a quanto dichiarato sia da Tavaroli sia da Cipriani (il quale ha menzionato anche Lillo Foti, ma di ciò si racconterà in un contesto diverso).

Una società, capeggiata da esponenti di primo piano del mondo finanziario e provenienti dalle istituzioni e legata alla Saras, conduceva delle indagini, produceva fascicoli in forma illecita come sancito nella sentenza Vieri per acquisire informazioni relativamente a giocatori (Vieri, appunto), arbitri (De Santis), società di procuratori (Gea), intrattenendo rapporti nella massima ambiguità con altri personaggi chiave del sistema calcio come indicato nella sentenza di primo grado del tribunale di Napoli sulla base delle intercettazioni recuperate e presentate nel corso del processo. E sull'Inter e quanto operato dagli uomini di vertice di allora per comprendere la rilevanza del loro ruolo, non c'è che da recuperare i passaggi più espliciti della pronuncia da parte della corte napoletana. Calciopoli ha la sua genesi qui, tra le pieghe di questo gioco di scatole, pedinamenti, intercettazioni.

In questi tempi cupi resi ipocriti dalle strumentalizzazioni studiate ad arte per celare dietro grandi enunciazioni di principio l'intento di confondere l'opinione pubblica e di distrarla da provvedimenti iniqui, un silenzio colpevole anche dei media tace spiate e dossieraggi - illeciti - commissionati come hanno ripetuto Tavaroli e Cipriani in distinte udienze nell'aula bunker di San Vittore da Massimo Moratti che incaricò l'ex responsabile della sicurezza di persona. Il presidente per cui si muove dagli uffici della procura Stefano Palazzi, il presidente che a Palazzo di Giustizia parla con Francesco Saverio Borrelli e Ilda Boccassini destando dubbi che solo la magistratura può risolvere, incertezze da allontanare anche relativamente a quel noto modello 45

Nell'altrettanto assordante silenzio della Federcalcio, tra prescrizioni e richiami all'etica che vorrebbero azioni altrettanto incisive, si ritrovano gli ulteriori buchi in questa complessa vicenda  che stenta a propinare risposte accettabili.

Come quelle che aspettano i familiari di Adamo Bove, ex uomo dello Stato nonché tra i migliori poliziotti della Dia passato in Telecom, deceduto gettandosi dalla tangenziale di Napoli in circostante alquanto ambigue durante quell'estate del 2006. Si valutò l'ipotesi del suicidio, si indagò in altra direzione dietro sollecitazione della sua famiglia. Di suo fratello, il gemello Guglielmo, ex dirigente dell'ufficio legale di Telecom Italia. Il primo ad asserire che non si sarebbero accontentati di una verità di comodo

lunedì 10 settembre 2012

La prescrizione di Abete e la costante Calciopoli



Ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria.

Nell'Italia montiana del richiamo etico e politico alla sobrietà andrebbe collocata anche questa odierna disputa tra innocentisti, revisionisti e i soliti cerchiobottisti pronti a non scollarsi dalle poltronissime. Christian Vieri è un giocatore dell'Inter (o Internazionale, se gradite) al quale il Tribunale di Milano riconosce di aver subito una lesione dei propri diritti da commisurare in un milione di euro, risarcimento ritenuto congruo e adeguato dal giudice. Vieri è stato spiato, attraverso pedinamenti e tabulati telefonici come ha in diverse sedi giudiziarie e non asserito l'ex responsabile della security e di Pirelli prima e di Telecom Italia poi, Giuliano Tavaroli. Esperto di sicurezza privata, a capo di quel gruppo interno alla società definito Tiger Team e costituito da professionalità di alto profilo.

Tavaroli ribadisce di aver incontrato de visu il presidente dell'Inter, Massimo Moratti il quale ha incarico l'ex dirigente che ha patteggiato una condanna a 4 anni e 2 mesi, ricordiamo, per conferirgli l'incarico. Una consulenza relativa all'attaccante forse troppo distratto o forse no, comunque monitorato a sua insaputa e, stando alla sentenza a favore del giocatore, illegale.
Giancarlo Abete, presidente della Figc a cui rimanda anche la procura federale, si è affretato a contenere l'esagitazione giornalistica - quella sana, quella delle domande giuste - menzionando quell'assurdità tutta italiana, tutta circoscritta all'ambito del diritto sportivo che corrisponde alla prescrizione. Quella che ha già esentato dal rispondere su questioni emerse dalla famigerata relazione di Stefano Palazzi in cui veniva indicata la pratica delle telefonate anche da parte di uomini della dirigenza nerazzurra, a partire da quella intercettazione diffusa in Rete e divenuta di uso e consumo televisivo tra Giacinto Facchetti e Paolo Bergamo.

Nessuno è innocente, esistono solo diversi gradi di responsabilità. Che fanno individuati e ai quali si deve attribuire la fattispecie corretta per valutare se e quanta gravità ci sia in quei comportamenti. Trascuriamo il trattamento speciale riservato a Moratti quando fu il procuratore federale a recarsi a Milano per discutere con il presidente interista. Trascuriamo certe altre vicende. La magistratura in toto, oggi, acquisisca questi elementi e abbia il medesimo approccio agli eventi che può e deve rivendicare per fornire quelle risposte, per ripristinare quella legalità perduta.

Il calcio non si risolverà se non nel marciume che ci costringiamo a sopportare altrimenti, tra calendari in bilico e assurdità formali. Se si potessero applicare le leggi della dinamica, la linearità sarebbe trasparente accessibile alla comprensione di chiunque e non si discuterebbe perché ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria. Ci si atterrebbe alle regole, semplicemente.

mercoledì 5 settembre 2012

Tavaroli: "Moratti mi chiese di controllare Vieri". Per Abete il caso è già chiuso




C'è un presidente di una federazione che tiene una lezione. Di diritto, di diritto sportivo. Con perizia chirurgica, rammenta agli interlocutori la specificità nel sistema vigente dell'istituto della prescrizione. 

C'è un ex dirigente, esperto di sicurezza privata e prima ancora uomo di Stato, che squarcia un silenzio omertoso su una scabrosa vicenda di dossieraggio illegale in cui sono stati inclusi personaggi pubblici, esponenti della società civile, calciatori. Di una società riconducibile al gruppo per cui si occupa di security.

C'è un ex calciatore che ha intentato una causa civile, vincendola contro la suddetta società calcistica e l'azienda di telecomunicazioni che avrebbe concorso a commettere tali fatti illeciti.

Giancarlo Abete, presidente della Federcalcio a cui riferisce anche una procura, contiene lo strabordante effetto Vieri scaturito dalla sentenza che condanna a un risarcimento di un milione di euro l'Inter e Telecom Italia. ''Una valutazione sul caso Vieri, se richiesta, sara' fatta dagli organi competenti. Comunque parliamo di fatti per cui la prescrizione sarebbe scattata a livello societario nel 2007 e per quanto riguarda le persone fisiche nel 2010''. Archiviazione, prescrizione, non competenza. 

Giuliano Tavaroli, ex responsabile della sicurezza di Pirelli e TI, l'esecutore del controllo. Commissionato dal presidente dell'Inter. "Di controllare Vieri - ha ribadito a La Zanzara su Radio24 - me lo chiese Moratti di persona, non al telefono. Le operazioni poi sono state fatte da un fornitore, la famosa agenzia di Cipriani. Sono due episodi, 2001 e 2003. Il primo riguardava l'Inter, la verifica del rispetto contrattuale dei comportamenti di certi giocatori, non solo Vieri. Il secondo invece riguardava la Pirelli perché Vieri doveva fare il testimonial. In questo caso abbiamo controllato il suo traffico telefonico".

Christian Vieri, ex calciatore, ha intentato causa contro la società di cui era dipendente e l'azienda di telecomunicazioni che secondo la sentenza di primo grado ne hanno seguito spostamenti, controllato tabulati telefonici, illegalmente tra il 1999-2000 e nel 2004. Il suo avvocato, Danilo Buongiorno, ha trasmesso la sentenza alla Giustizia Sportiva per chiarire se e come ci fu violazione dell'art. 1 del Codice di Giustizia Sportiva. Del principio di lealtà e correttezza. 



martedì 4 settembre 2012

Dossier illegali: Vieri, Tavaroli e il ruolo dell'Inter



Christian Vieri è stato pedinato, spiato. Intercettato. 

Il giudice civile Damiano Spera ha condannato l'Inter (società di cui l'attaccante era tesserato all'epoca dei fatti) e Telecom Italia (gestione Marco Tronchetti Provera) al risarcimento in solido di un milione di euro per i fatti illeciti commessi ai danni di Vieri. 

Dossieraggio illecito, discutiamo di questo. Di Inter, di Marco Tronchetti Provera, di Giuliano Tavaroli, di Carlo Buora. E del quadro che si delinea dai contenuti delle motivazioni.

Giuliano Tavaroli, ex responsabile della sicurezza di Pirelli e poi di Telecom, aveva ricevuto una telefonata dalla segreteria di Tronchetti da cui l'incarico. Incarico affidato, come in altre analoghe attività all'investigatore privato Emanuele Cipriani. La ricostruzione è stata confermata da Tavaroli anche in sede penale, procedimento che si è concluso con un patteggiamento di 4 anni e 2 mesi. 

E’ stato lo stesso ex presidente Telecom Marco Tronchetti Provera, sentito come teste nell’ottobre del 2010 – a confermare che ci fu un'indagine investigativa negli anni 1999 e 2000. Limitata ad attività consentite dalla legge. Tronchetti spiegò che i contatti con Tavaroli, all’epoca responsabile della sicurezza di Pirelli poi passato a guidare la security della società di telecomunicazioni  «avevano l’unica finalità di sapere in che modo agivano le altre società calcistiche ed, in particolare, se seguivano la vita privata dei calciatori».  

Sempre da Tronchetti, riporta il giudice nelle motivazioni, arriva l’informazione che agli inizi  del 2004 la propria segretaria avrebbe contattato il signor Tavaroli per riferire ‘guardi la cercherà il dott. Moratti, ha bisogno di una mano, le chiederà una consulenza tra virgolette.  Un episodio confermato anche da Tavaroli; anche se l’ex carabiniere aveva precisato che quella consulenza verteva su Calciopoli  non Vieri. 

L'ex vicepresidente dell'Inter e ex ad di Telecom, Carlo Buora, «nel momento in cui procedeva a conferire l'incarico di investigazione allo stesso Tavaroli poteva ben prevedere come possibile l'esecuzione di illecite attività di controllo anche del traffico telefonico del dipendente (Vieri)», si legge nelle motivazioni della sentenza per l'attività di spionaggio ai suoi danni ufficialmente mossa per valutare la compatibilità dell'immagine di Vieri con quella dell'azienda. 

Agli atti del procedimento civile, infatti, c'era anche l'interrogatorio che Tavaroli rese nel 2006 ai pm che indagavano sulla vicenda dei dossier illegali 'fabbricatì dalla security di Telecom e Pirelli. L'ex capo della sicurezza aveva raccontato a verbale di aver ricevuto una telefonata della segreteria di Tronchetti Provera in cui gli sarebbe stato
detto: «Guardi, la cercherà il dottor Moratti, ha bisogno di una mano, le chiederà una consulenza, tra virgolette». 

Visto che la società calcistica, scrive il magistrato nelle motivazioni, «si era rivolta al dirigente di una nota società di telecomunicazioni per l'espletamento di una consulenza tra virgolette (...) si può ragionevolmente ritenere che la richiedente avesse intenzione di estendere l'indagine anche a controlli sui tabulati telefonici. Ciò a maggior ragione, se si considera il modus operandi già tenuto nelle precedenti investigazioni compiute negli anni 1999-2000 sulle quali ha riferito il teste Cipriani (Emanuele, investigatore privato tuttora sotto processo, ndr)». Se a ciò si aggiunge «che già nel 2000 l'attività investigativa era stata compiuta materialmente dal Cipriani, ma per il tramite del sig. Tavaroli (..) deve affermarsi che il dirigente Inter (indicato nel vice presidente dott. Buora) nel momento in cui procedeva a conferire l'incarico di investigazione allo stesso Tavaroli poteva ben prevedere come possibile l'esecuzione di illecite attività di controllo anche del traffico telefonico del dipendente (Vieri)». 

Secondo il tribunale non sussistono né il danno patrimoniale (quanto accaduto non ha comportato l'interruzione della carriera calcistica) né quello morale da lesione della salute (nonostante la presentazione della documentazione medica allegata) ma «le prove testimoniali hanno comprovato che l’apprendimento della notizia di aver subito una rilevante violazione della propria vita privata ha comportato per l’attore una indubbia e innegabile sofferenza. Tale circostanza  appare del resto verosimile in quanto può ritenersi massima di comune esperienza che un’indebita intromissione nella propria sfera privata da parte di soggetti estranei, tanto più quando viene effettuata in modo subdolo e con modalità illecite, ingenera nella vittima uno stato di sofferenza». 

L'avvocato di Bobo, Danilo Buongiorno, trasmetterà la sentenza alla Giustizia sportiva. Stefano Palazzi, procuratore federale, avviò già all'indomani della pubblicazione di articoli di stampa inerenti delle indagini che si conclusero con l'archiviazione. Allora. 

mercoledì 22 agosto 2012

Calcioscommesse: Conte senza sconto. Le ombre su una giustizia imperfetta




"Non poteva non sapere", principio disturbante di risoluzione del caso Conte introdotto con la conferma a 10 mesi con proscioglimento su Novara-Siena. Se non lo rammentate nonostante vantiate un trascorso più o meno di successo tra i corridoi e le aule universitarie e una certa formazione calcistica, non permettete che la cosa presentata così, vi annichilisca. E' solo una delle varianti della parzialità scatenatasi con il caso Conte e le sue implicazioni nelle inchieste sul calcioscommesse.

Per la Corte di Giustizia Federale (organo di secondo grado della giustizia sportiva) l'infamante accusa lanciata da Filippo Carobbio che ha riferito - smentito - di una riunione tecnica in cui Conte avrebbe riferito ai suoi del risultato concordato non sarebbe credibile. In attesa delle motivazioni che illustreranno (spero) le ragioni, le contraddizioni di Carobbio, della sua parzialità e frammentarietà nella ricostruzione degli eventi relativi a quella singola circostanza hanno escluso alcuna responsabilità dell'allenatore salentino.  

Carobbio non sarebbe credibile per quella gara, mentre risulterebbe tale quando riferisce di Albinoleffe-Siena, partita per cui è stata confermata la squalifica a 10 mesi inflitta a Conte. Troppo, poco? Riscontri nulli nel vostro percorso accademico? Dubbi, perplessità, commenti?

Come se la confusione non risultasse abbondante in questa giornata agostana di rara calura, in cui tra ricorsi respinti, proscioglimenti confermati per Leonardo Bonucci e Simone Pepe e per Marco Di Vaio e ulteriori incertezze vedi il caso Pesoli ecco che il giudice Piero Sandulli (uno dei nomi noti relativamente alla vicenda Calciopoli) a Repubblica Tv liquida la questione con 'gli è andata bene' riferendosi al rischio del deferimento corso da Conte per illecito sportivo. Allusione pesante a cui il buon Sandulli ci ha abituati con le sue esternazioni.

Se fosse stata così evidente l'illecito, come lascia intendere Sandulli, perché il procuratore federale Stefano Palazzi (fino a quando ricoprirà questo ruolo?) ha valutato inizialmente il patteggiamento, un segnale dello scarso convincimento della stessa procura della versione di Carobbio? Perché questo monito all'operato di Palazzi con la revisione addirittura del reato da cui il deferimento e poi il ribaltone Grosseto? 


Al doppiopesismo della giustizia sportiva che sconta Stellini e raddoppia su Conte, sommaria fino a risultare una simile aggettivazione quasi banale, contribuisce con un apporto da non sottovalutare all'equilibrismo con cui questi dispositivi ammoniscono Palazzi respingendo ricorsi, confermando proscioglimenti, ricorrendo a escamotage per fornire - forse - indirizzi pedagogici inediti. Senza sconfessare del tutto l'impianto accusatorio. Una garanzia tutta italiana di continuità, insomma che ci imporrà nuovamente di interrogarci sul sistema vigente. Fino alla prossima volta. 

Le reazioni, abbondanti a fine giornata, si raccolgono e si amalgamano in un pastone per compattare e mettere ordine dove il paradosso nelle vicende bianconere assume un ruolo dominante rispetto agli intenti di una buona cucina redazionale. Si ricorrerà al Tnas, come prevedibile. Prevedibilissimo anche il comunicato della Juventus e le dichiarazioni di Andrea Agnelli

Intanto lo spauracchio di una nuova Calciopoli, nel suo risvolto persecutorio nell'immaginario juventinofilo (mi prendo questa licenza), appena accennato ormai si tasta a ogni occasione. On e off line.  

venerdì 3 agosto 2012

Calcioscommesse: Conte, Palazzi e il generatore automatico di accuse




Curioso questo generatore automatico di patteggiamenti (vedi Metilparaben). Filippo Carobbio (illecito): 4 mesi (in continuazione ai 20 mesi del processo precedente);D'Urbano (2 omesse denunce): 5 mesi e 10 giorni; Da Costa Junior (omessa denuncia): 3 mesi e 30 mila euro; Daniele Faggiano (omessa denuncia): 4 mesi di inibizione; Carlo Gervasoni (illecito): 3 mesi (in continuazione ai 20 mesi e alla radiazione dei processi precedenti); Marcelo Larrondo (illecito derubricato in omessa denuncia): 3 mesi, 20 giorni e 30 mila euro; Passoni (illecito): 6 mesi e 15 giorni (in continuazione di pena); Poloni (illecito): 6 mesi (in continuazione di pena); Luigi Sala (illecito): 2 anni; Savorani (2 omesse denunce): 5 mesi e 10 giorni; Cristian Stellini (illecito e omessa denuncia): 2 anni e 50 mila euro; Torino (resp. oggettiva per illecito): 1 punto e 30 mila euro; Varese (resp. oggettiva per illecito): 1 punto e 30 mila euro; Siena (resp. oggettiva per illeciti): 6 punti e 100 mila euro; Albinoleffe (resp. oggettiva per illecito): 1 punto e 30 mila euro.


Conte? Antonio Conte, il tecnico della Juventus campione d'Italia e alla guida del Siena nell'anno della promozione in Serie A, è il solito escluso. La Commissione Disciplinare per arginare la centralità della figura del procuratore federale Stefano Palazzi ha respinto quel patteggiamento tecnico (così è, se vi pare) poiché 3 mesi di squalifica e l'ammenda correlata pari a 200mila euro è stata ritenuta sanzione 'non congrua'.


Conte? A processo, come sarebbe dovuto essere fin da principio. Fin da quel giorno di luglio in cui il tecnico della Juventus lasciò Chatillon, sede del ritiro estivo, per recarsi a Roma e incontrare gli avvocati che lo avrebbero scortato negli uffici di via Po, con Claudio Albanese responsabile della comunicazione di corso Galileo Ferraris.


Conte? Carobbio è attendibile e per questo, dopo la decisione del collegio presieduto da Sergio Artico, il procuratore chiede la condanna a 15 mesi per l'allenatore che nega alcun addebito e che frena sul opzione ri-patteggiamento dopo il tentativo (vano e ottimistico) di ricusazione. 


Conte? La cumulazione nel suo caso non prevede alcuno sconto, anzi. Va bene il patteggiamento, non si può? Fa nulla, allora si raddoppia. Per una lettura alquanto peculiare di Palazzi, teso a difendere più il suo ruolo che altro in queste udienze agostane, la richiesta di sospensione eccede il doppio. Melius abundare quam deficire, purché non si applichi a riscontri oltre la testimonianza di un collaboratore dicasi pentito. Ma qui già andiamo oltre. E' uno degli imprevedibili effetti del generatore automatico di squalifica

lunedì 2 luglio 2012

Quel sottile filo rosso tra il tifo contro l'Italia e Calciopoli





Riassumento (perché potrei non aver inteso il fine ultimo di cotanta esternazione): Marco Travaglio attingendo alla prolifica vena calcistica che ha dominato larga parte della sua produzione dall'avvento di questo Europeo non ha tifato, non tifa e non tiferà Italia


Ha esternato compiacimento estetico e spiccata simpatia per Croazia, Irlanda, Germania in precedenza e ne ha mostrata altrettanta nei riguardi della Spagna di Vicente Del Bosque. Assumiamo questo delizioso excursus biografico con cui si delizia anche oggi. Nulla di nuovo sul fronte travaglino, perché i medesimi concetti - graditi o meno - sono stati esposti con dovizia di particolari a più riprese sul Fatto e Un giorno da Pecora e in ogni dove.  


Se le parole sono ancora importanti, se una palombella può ancora caricarsi di un valore simbolico e cognitivo quanto scritto nel suo pezzo, pubblicato sul suo quotidiano ha un che di perverso, un risvolto che andrebbe analizzato. "No, mi spiace, non tifo Italia. Non tifo un paese che non mi somiglia e non somiglia a quanti come me sognano un paese non normale, per dirla con Massimo Problema campione di inciuci, ma eccellente, come disse Montanelli, non mi ricordo quando, ma sono sicuro che l’ha detto. Ci vuole una scossa per uscire dal torpore, uno shock rigenerante. Come una sconfitta che riporti alla realtà. Per quanto, ancora una volta, spero che l’Italia perda".


Del travaglismo e dei suoi misteri scrissi già, quando con quel titolo accattivante Mistero Buffon si aprì un dibattito dolente per sancire la distanza tra chi si appellava al rispetto delle regole e chi invece gridava a un interventismo dopo i fatti di Coverciano e l'informativa al capitano della nazionale.


Il punto su cui mi interrogo (avrò inteso correttamente il senso di queste affermazioni?) verte su questo passaggio assai paternalistico quasi assimilabile a un monito con quella ritualità assimilabile a una sacralità infranta. Alla violazione di un rito. Peccato che anche si fosse andati oltre l'informativa, si tratterebbe di un processo e fino a sentenza definitiva vige la presunzione di innocenza. "Io vorrei sapere, che si vinca o si perda, cos’è quel milione e mezzo versato da capitan Buffon a un tabaccaio di Parma. Vorrei sapere quali e quanti dirigenti e calciatori coinvolti nell’inchiesta di Cremona per essersi venduti le partite in barba ai tifosi e alla lealtà sportiva, sono colpevoli o innocenti. E vorrei che i colpevoli fossero radiati e condannati. Nessuna vittoria all’Europeo può cancellare lo scandalo".


Beppe Grillo si allinea senza divergere se non nell'uso di un linguaggio meno verticale, meno colto. Giuseppe Narducci, ex assessore alla legalità e pm nel processo Calciopoli contemporaneamente spende parole altrettanto nette dopo essere stato accusato dal sindaco di Napoli, Luigi De Magistris di aver mancato al suo mandato. E qui non intendo dilungarmi sulla pretesa di tornare al proprio posto come se nulla fosse. 


Il presidente della Figc, Giancarlo Abete, replica. Assai più scontato del partito degli anti italiani, anti catenaccio e anti Buffon. Eppure giunge la controreplica travaglina.
"Una vittoria avrebbe reso più difficile fare pulizia, perché le vittorie non sono solo partite, ma vengono usate per chiudere altre partite. Questo è successo nel 2006, con l'ondata di revisionismo su Calciopoli"


Il tribunale di Napoli si è pronunciato con specifiche che hanno ricostruito parte dell'accaduto allora, invitando la magistratura ad approfondire quei punti ancora oscuri. Una sentenza di primo grado, un verdetto pronunciato da una corte si riduce a una ondata di revisionismo? 


Qualcosa mi è sfuggito.

venerdì 29 giugno 2012

Calciopoli, Moggi ricorre al Tar del Lazio ma perde contro Petrini


Una conferma, l'ennesima, che Luciano Moggi non arretrerà. Nonostante sentenze, tribunali e presunte opportunità la querelle prosegue. Contro la sentenza dell'Alta Corte di Giustizia di giustizia sportiva, i legali dell'ex dirigente della Juventus, come asserito all'indomani della decisione, hanno presentato ricorso al Tar del Lazio. 

L'Alta Corte aveva confermato la radiazione di Moggi, Antonio Giraudo e Innocenzo Mazzini, aggiungendo elementi ulteriori a costruire una verità ancora parziale e ancora controversa riassunta nella sintesi giornalista come Calciopoli.

Affermazioni che si sono tradotte nella sostanza delle cose. 

Una nota di continuità, dopo aver incassato il 27 giugno scorso la sentenza da parte del tribunale di Milano, rende noto Il Fatto quotidiano, per la causa civile intentata a Carlo Petrini e alla Kaos Edizioni da Lucianone. 

Troppo tardi però, perché Petrini possa replicare. Scomparso il 16 aprile scorso a causa di una lunga malattia, figura molto distante dalla santità calcistica e spirituale, aveva cercato e in parte trovato una redenzione attraverso la dedizione alla scrittura e all'inchiesta sull'orroe di un calcio marcio in cui aveva descritto abbondantemente vicende legate a Moggi. Più da nemico che da avversario come nel suo ultimo libro al centro della vicenda giudiziaria, Lucianone da Monticiano.


giovedì 28 giugno 2012

Lo strano caso (su Twitter) di Crosetti, Buffon e l'informativa

Il moralismo è la deriva del diritto all'informazione a cui si approda inconsapevolmente. E' quell'utile veicolo di sollevazione popolare che viene impiegato con dovizia di particolari dagli abitudinari del sensazionalismo. Buffon è il portiere della Nazionale e della Juventus, presunto scommettitore da cifre salva-PIL. Nulla di illecito, per il codice, purché si rimanga entro determinati limiti. Rivedibili, ma tuttora vigenti per i tesserati. 


Maurizio Crosetti, firma de la Repubblica, scrive di calcio. Scrive principalmente di Juventus e di cose bianconere. Possiede la padronanza linguistica e un certo gusto per l'iperbole che si individua in quei giornalisti della carta stampata che amano ricamare il proprio pezzo. I repubblichini, poi, vantano uno stile unico, specifico. Non è un vezzo. E' questione di stile. Quello che lo ha indotto a scrivere da militante, a prediligere le sensazioni epidermiche delle volte all'analisi dei fatti. 


L'opinione si costruisce nella difficile ricerca dei fatti e non il contrario. Crosetti non piace agli juventini. Non era gradito a Fabio Capello, né alla triade decaduta e le cui gesta (per nulla epiche nelle di lui presentazioni) sono state poi narrate da questo allora giovane cronista torinese. Di nascita, per nulla juventino nonostante sia stato costretto a seguire questa squadra, a scriverne. Con una costante severità, prima e dopo Calciopoli. Prima e dopo aver scritto con Alessandro Del Piero, il capitano di quei tifosi che oggi discutono l'opportunità di certe sue esternazioni, di certe sue tesi riviste e corrette, il suo libro Giochiamo ancora.


Più che sull'allusione su Twitter che pure ha destato irritazione dalle parti juventine, da Giù le mani dalla Juve al blogger Antonio Corsa a Ju29ro, l'indignazione sarebbe da rivolgere al perpretare di una incessante opera di moralizzazione su quello che non viene censurato dalle norme che regolano l'attività. Un corto circuito informativo in cui i giudizi - rigorosamente universali - rischiano di nascondere avvenimenti e regole e persone. 


Perché Crosetti, nello specifico, ha preso a pretesto una frase di Montano alquanto distante da Buffon alludendo a quell'informativa (una informativa, ribadisco di cui ho scritto qui) che non costituisce una sentenza passata in giudicato. Un livore che - in questa manciata di parole - ha fagocitato i fatti, purtroppo.   

domenica 17 giugno 2012

Calciopoli, calcioscommesse, Buffon e Conte: le esternazioni di Travaglio



Più di Marco Travaglio temo la travaglizzazione, la trasfigurazione di quell'ostentata supponenza accompagnata da un giustizialismo preventivo che scivola assai volentieri nel sentenziare senza appello. Una sorta di Dogma di Lars Von Trier traslato nel giornalismo d'opinione, una mutazione inarrestabile che dall'equilibrata inizializzazione alla coscienza critica si è evoluta in una opposizione militante senza più un nemico chiaro all'orizzonte.


L'impossibilità di opporre a un giudizio così fermo, così impenetrabile, osservazioni pragmatiche e altrettanto documentate scevre da una lettura parziale rischia di offuscare casi quali Calciopoli, più di recente le inchieste sul calcioscommesse e i casi Buffon e Bonucci di cui il vicedirettore de Il Fatto discorre con altissima frequenza ultimamente. Sul suo blog, in radio.


La travaglizzazione anche in tempi di Europei si è manifestata per quello che è: una lettura di parte, dalla prospettiva distorta attraverso una lente che tende a confondere interpretazione e fatti come emerso nella vicenda Buffon che ha animato il blog del vicedirettore. Come già in quei commenti, a cui juventini e cittadini comuni hanno replicato più in difesa della presunzione di innocenza che per simpatia umana nei confronti del portiere della Nazionale e della Juventus. O nella controversa intervista a Beppe Grillo, declassata post critiche a 'colloquio' e quasi sull'orlo di essere rinnegata. Per quanto attiene alla mia formazione, nel mondo delle idee non può definirsi un'intervista ma nella prassi giornalista se ne contano tante da comporre una antologia, di questi dialoghi. Peccato che gli autori non si vestano di altri ruoli né ostentino un pedigree.


La travaglizzazione si riassume, poi, in quelle risposte che rivelano conflitti di difficile comprensione. Tipo: "Tifo contro l'Italia soprattutto a questi Europei, in cui se dovessimo vincere ci dimenticheremmo subito dello scandalo di Calciopoli, come nel 2006 ai mondiali. Insomma, spero che l'Italia - continua - venga eliminata subito, immediatamente". Il fenomeno delle scommesse illegali non è solo italiano, purtroppo. Lo sostengono quelle carte citate a ripetizione della procura di Cremona e poi di Bari. Per non parlare dei sospetti concernenti i campionati esteri che hanno riempito colonne e imposto indagini federali. Confondere il sentimento popolare con inchieste giudiziarie tuttora in corso non agevola la creazione di un bagaglio informativo che sostenga la creazione di un'opinione ma proprio il suo contrario. 


"Buffon deve sperare di non fare mai una papera. Perché dopo quello che si è scoperto, se fa una papera qualcuno può pensare male…", ha detto a Sabelli Fioretti e Lauro a Un giorno da pecora. La cultura del sospetto non va relegata al biscotto senza considerare che se vi sono i presupposti autorità competenti entreranno in scena per accertare quanto dovuto. E non mi riferisco ad opinionisti/giornalisti, ma all'attività della magistratura che non è autonoma e indipendente solo quando si tratta di certi fascicoli. 


La travaglizzazione risiede nel rischio di mischiare atti e giudizi, come per Calciopoli e come avvenuto per Buffon al centro di un'informativa ma a cui non è stato (ancora?) notificato alcun avviso di garanzia. "Ho letto le carte, e se verrano confermate le cose che dice il calciatore del Siena (fa riferimento a Filippo Carobbio, ndr), (Conte) va ovviamente squalificato. Peccato, perché è un buon allenatore". 


Anche io ho letto le carte (e non una volta) e ho registrato quanto ne è scaturito: le testimonianze non sono state avallate dai presenti a quella riunione tecnica fin dalla diffusione di quei documenti e di quelle informazioni relative ad Antonio Conte. A proposito: leggere le carte è il mio lavoro. E' quanto viene fatto tutti i giorni nelle redazioni. Non mi sembra eroico né lodevole. 

giovedì 14 giugno 2012

Narducci, la sua ortodossia e l'opportunità di mandare Bonucci e Buffon agli Europei

Quanto attendi il richiamo alle regole di quanti a quello Stato di diritto si appellano, inonderesti quella culla di sonnolenza culturale e sociale in cui si annida più che volentieri anche questo Paese delle loro parole. Dei principi enunciati in articoli e commi con il medesimo convincimento delle figure che rivestono o hanno espresso quel ruolo, quella funzione.


Desta sempre un effetto moltiplicatore, una sorta di derivazione del generatore automatico di domande (quasi mai con relativa risposta) il continuo appello a una ortodossia da parte di costoro in cui la tutela dei singoli, la presunzione di innocenza viene fagocitata dalla prepotenza di un avviso di garanzia. In altri casi di una informativa. 


Giuseppe Narducci, assessore della giunta De Magistris a Napoli ed ex pm nel processo Calciopoli, ha risposto a Radio 24 in merito all'opportunità di consentire a Leonardo Bonucci e a Gianluigi Buffon di disputare gli Europei.
"Io non avrei portato questi calciatori nella competizione, da questo punto di vista sono un integralista (il riferimento è a Leonardo Bonucci e a Gigi Buffon, che non risulta iscritto nel registro degli indagati, n.d.r.). 
"Ovviamente - prosegue Narducci - la Nazionale doveva andare agli Europei, come successe nel luglio 2006 per i Mondiali. Ma allora, come in questo caso, era opportuno non portare nella competizione persone rimaste coinvolte. Il calcio non può ogni volta solo a parole predicare estremo rigore nei confronti di tutto e di tutti, proporsi di cambiare. Ci vuole coerenza tra i buoni propositi e i fatti. Questa coerenza non sempre c'è". 
Sul rispetto delle regole si basa la convivenza in una società civile. Fino a condanna definitiva, vige un principio che vorrete definirlo garantista ma pur sempre vale nel nostro ordinamento per quanto anacronistico possa sembrare. Un principio sgradito, anche, che consente a costoro di difendersi nelle sedi opportune. E di rispondere, a chi di competenza, delle conseguenze delle loro azioni. 







Dossier illegali: Tavaroli, Moggi e quel computer in possesso di Auricchio




Giuliano Tavaroli era un esperto di sicurezza. Godeva di rispetto e di autonomia all'interno dell'azienda in cui ricopriva una funzione dirigenziale dopo essersi formato nella Sezione Speciale Anticrimine, reparti antiterrorismo del generale Carlo Dalla Chiesa, nell'Arma dei Carabinieri. Una carriera interrotta nel 1988, per entrare in Italtel. Un'esperienza che ha un inizio e una conclusione che coincise con il suo passaggio in Pirelli, società in cui si è occupato di security. La premessa inevitabile al suo ingresso in Telecom Italia, gestione Tronchetti Provera.


Non è di Tiger Team, rapporti con Marco Mancini - passato dall'Arma al Sismi -, appalti ad agenzie investigative o di geni dell'informatica che il processo sui dossier illeciti tratta. Non dei singoli aspetti che hanno assunto quasi una sorta di ritualità rivolta a costruire un personaggio su cui concentrare le attività investigative giornalistiche, distogliendo dallo scardinamento di un sistema di monitoraggio privato, di sfruttamento delle risorse finalizzate a una manipolazione di conoscenze funzionali ad affrancarsi. Ad assumere una posizione dominante.


L'accesso a questi singoli capitoli del procedimento che la procura di Milano ha imbastito va a descrivere una macro politica di gestione di informazioni e dati sensibili che ha fagocitato quanti in via diretta ed indiretta potevano essere investito dall'azione delle aziende riconducibili a Marco Tronchetti Provera e, come riferito dalle testimonianze di Tavaroli, a Massimo Moratti. Quanto asserito dal'ex responsabile Security, oggi, davanti alla Corte d'assise come testimone rafforza il quadro che ci è stato offerto dalle sue prime parole appena sei giorni fa quando nella stessa aula aveva imputato l'origine dell'operazione Ladroni ai vertici del gruppo. "L'operazione Ladroni mi venne commissionata dall'Inter nella persona di Moratti, poi la feci con Facchetti", aveva detto.


La conferma odierna dei sospetti che si fosse spiato anche Luciano Moggi, allora direttore generale della Juventus è inconfutabile. "L'attività - ha spiegato - nacque per verificare notizie su possibili frodi sportive che erano venute da un arbitro (Danilo Nucini, ndr). Vennero effettuate anche analisi del traffico telefonico di Luciano Moggi da parte di Adamo Bove (responsabile della sicurezza Tim, vittima di un misterioso suicidio). Tutti i risultati vennero poi portati a Giacinto Facchetti. Con Facchetti Moratti c'era stato un incontro a tre all'inizio della vicenda, poi non so se Facchetti riferì le risultanze a Moratti".

Confermata anche quella attività di monitoraggio nei riguardi dei calciatori dell'Inter, su richiesta della proprietà come per Christian Vieri e Ronaldo. "L'Inter si rivolse a Tronchetti e a me, io misi in contatto Ghelfi con l'investigatore Cipriani". Un aspetto, però, nella molteplicità di risposte in merito a quanto prodotto in quelle definite 'attività'.



Riguarda quanto raccolto e rilevato nel computer sequestrato a Tavaroli il 9 maggio 2005 e spedito a Roma il 15 maggio 2005, precisamente alla seconda sezione in via Inselci, dove il maggiore Auricchio ha coordinato le indagini del processo Calciopoli. Quanto raccolto rimane ancora una materia solo accennata, anche oggi nell'aula bunker di San Vittore. 



mercoledì 6 giugno 2012

Inter, Moratti e Tavaroli: ancora Calciopoli

Quando ho letto, nell'afosa controra milanese, che Giuliano Tavaroli durante la sua deposizione presso l'aula bunker della Corte d'Assise (il riepilogo qui) aveva sommato nella medesima frase Moratti, Facchetti, Inter ho ricostruito una sequenza in accelerazione di eventi collaterali scaturiti.
"L'operazione Ladroni mi venne commissionata dall'Inter nella persona di Moratti, poi la feci con Facchetti". 
E' riemersa quell'estate del 2006 e l'epilogo parso nella sua incisività risultante di una giustizia ancora non piena, sommaria. Quello che semplicisticamente è stato il primo Calciopoli


E' riemersa la cautela con cui venne trattato quel vertice alla Saras menzionato da Tavaroli - responsabile della security in Telecom Italia all'epoca dei fatti - in merito all'attività di dossieraggio che sarebbe stata effettuata ai danni dell'arbitro De Sanctis.


E' riemerso il contenuto della relazione del procuratore generale della FIGC, Stefano Palazzi, che ha riscontrato l'illecito sportivo e per l'Inter e per il presidente di allora, Giacinto Facchetti relativamente alle intercettazioni emerse durante il processo di Napoli. Reato caduto in prescrizione. Prescrezione a cui la società non intende rinunciare.


E' riemerso quel passaggio lucido nella sentenza dell'8 novembre 2011 che ha sancito condanne eccellenti (come quelle di Moggi, Bergamo e Pairetto) e l'estraneità della Juventus, che investe nuovamente l'Inter e la necessità da parte della magistratura di lasciare che i fatti vengano ricostruiti per restituire l'esatto quadro del sistema.


Ecco, mi attendo che questi nuovi elementi indicati da Tavaroli in qualità di testimone, oggi, vengano vagliati e non con la frettolosità che abbiamo conosciuto in precedenza. Che siano effettuati i riscontri in maniera autonoma, indipendente. Senza trascinarci oltre il dovuto.



lunedì 26 marzo 2012

Juve-Inter: Calciopoli, Facchetti, razzismo e il lato oscuro del dio pallone

Più che della superiorità dell'Inter, dei cambi incomprensibili di Ranieri o dell'ostinata convinzione che del clan degli argentini - per vincere - non si possa far a meno, di questo Juve-Inter, tratterrò altro.

La coreografia dalla prepotente valenza radicale: 29 titoli vinti sul campo, uno dei quali non assegnato e l'altro conferito in modalità non identificate (un comunicato? Una nota? Un atto ufficiale?) su cui si avvita la complessità dell'antinomia tra società espressione di diversi poteri industriali. Ecco quella coreografia della Curva rimarrà impressa nella sequenza di immagini che conserverò, mio malgrado.

Mio malgrado, menzionerò questa partita di elevato interesse tattico associandola ai cori beceri contro Giacinto Facchetti, Cipe. Agli insulti forcaioli e razzisti all'indirizzo di Dejan Stankovic. L'idiozia è virale, evidentemente se dopo la condanna pubblica seguita allo striscione e ai cori vigliaccamente riproposti contro Gianluca Pessotto a Bologna e a Roma si sono ascoltate ancora frasi dense di veemenza e scherno all'interno di un impianto sportivo. 

L'effimera ammenda da 25.000 euro inflitta dal Giudice Sportivo a corso Galileo Ferraris abbinata alla diffida per sedare soggetti affetti da un male di indubbia difficoltà diagnostica produce un altrettanto rasserenante effetto placebo. Eppure questi casi parlano un linguaggio di violenza gratuita, immotivata così asettica da cancellare anche la memoria del passato prossimo.

Invece, certe sgradevoli pratiche comprese le offese gratuite andrebbero demonizzare per quanta demenza esprimono. Perché quanto arreca danno, produce un malessere di natura personale o nel gruppo di appartenenza è inevitabilmente, drammaticamente stupido. Il contrario dell'intelligenza. Siano esse iniziative isolate o espressioni di organizzazioni strutturate legate a movimenti o meno, la condanna e il loro ricordo va ribadito.

Per verificarne ancora la discutibilità sociale, per accertarsi che nel senso comune, nell'opinione pubblica simili nefandezze siano ancora emarginate. 


venerdì 2 marzo 2012

Milan-Juventus, tregua armata

Trascuro le vicessitudini pop dei due - Adriano Galliani e Andrea Agnelli - dilettatisi entrambi in sofismi rappresentativi della degenerazione a cui si è arrivati nel rilasciare dichiarazioni studiate a tavolino e annesse valutazioni terminologiche. Tornare sull'ovvietà delle frasi di circostanza, affermazioni dovute e presunte distensioni paga poco. Piuttosto riprendo da dove ho interrotto, ovvero dai passaggi assai interessanti della sentenza del Tribunale di Napoli in cui si delinea la posizione di Leonardo Meani, dirigente del Milan addetto agli arbitri. I passaggi sono relativi a quella decisione. Ripeto: una sentenza, di primo grado, ma una pronuncia che restituisce l'esatta valenza dei fatti sottoposti a giudizio. 




martedì 28 febbraio 2012

E se nella sentenza su Calciopoli ci fosse un po' di Milan?


Milan-Juve e le sue degenerazioni interpretative, vedi al capitolo prova televisiva e relative tre giornate per il solo Mexes, sono intorno a noi, nelle istituzioni calcistiche, nelle famiglie. Così è il calcio, così è l'Italietta del pallone. E i comunicati accusatori o quelli da difesa a oltranza con menzione di 'grave errore giuridico' non andrebbero somministrati, se non nell'assoluta certezza di essere al di sopra di ogni sospetto. E in via Turati dovrebbero saperlo.







giovedì 23 febbraio 2012

Motivazioni Calciopoli: "Sorteggio non era truccato"



Moggiopoli non si risolve in Calciopoli e Calciopoli non si risolve nelle motivazioni depositate il 6 febbraio 2012: in 561 pagine si condensano le evidenze del caso, una parte assai ridotta delle 171mila intercettazioni, le nudità linguistiche dei protagonisti virtuosi o meno di un procedimento che nella fase dibattimentale ha palesato le incongruenze di quello che è stato definito - per semplificare - un sistema. 


Prendiamo in esame la questione del sorteggio. L'evidenza dell'insistenza del pm e, dall'altra parte, la constatazione che non sia stato truccato "è emerso in maniera sufficientemente chiara nel corso del dibattimento". 




L'esame del teste Antonio Ioli, il notaio che certifica la regolarità del sorteggio in questione, risulta coerente. Senza alcuna incertezza, né contraddizione in una ricostruzione lineare dell'estrazione e delle fasi di cui si è composto (e di cui pare sia irreperibile il filmato depositato presso la cancelleria) Ioli replica alle domande dei pm Stefano Capuano e Giuseppe Narducci relative a sfere, bigliettini, condizioni, colori e fattori ambientali fornendo una ricostruzione di quel sorteggio in cui la manipolazione supposta dall'accusa rimane tale stando a quanto in maniera inequivocabile si legge nella sentenza. 


Quello che il presidente della nona sezione penale del Tribunale di Napoli, Teresa Casoria, ha riportato in un riassunto che rimanda in più punti ad altri processi e ad altri personaggi compone una verità processuale che restituisce uno spaccato di realtà. Una ricostruzione che  spiega solo in parte. Spiega la condanna di Luciano Moggi e altri, come l'assoluzione di alcuni altri imputati in questo processo. Non risolve la complessità di dubbi che sono stati sollevati da quanto emerso dal lavoro del consulente della difesa, Nicola Penta, e presentato dai legali di Moggi, capeggiati da Maurilio Prioreschi e Paolo Trofini che si sono accollati l'onere di trascrivere conversazioni telefoniche tra i vertici dell'Inter e quelli arbitrali, tanto per, descrivendo una insana e diffusa prassi che ha reso sciatta qualunque azione di contenimento dei ruoli, delle istituzioni. D'altronde, quanto riportato non lede l'integrità di figure istituzionali come Franco Carraro nel tentativo telefonico di tutelare la Lazio?


La connessione con il dossier Telecom, il caso Tavaroli nonché l'azione di monitoraggio della società nei confronti di Christian Vieri - altro processo - non si esauriscono né avrebbero potuto in questo specifico procedimento. Né la sintesi processuale scioglie i nodi etici che il diritto indirettamente compone. Suggerisce, con toni equidistanti pur rimanendo circoscritto a quanto detto, fatto, scritto dagli imputati che la materia - purtroppo - è assai più vasta per esaurirsi in quell'aula e in sequenza ordinata di 561 pagine. 





mercoledì 22 febbraio 2012

Calciopoli, il video dei misteri



Non abbiate fretta, perché prima che si ricompongano i fatti la giustizia nostrana contempla tre gradi di giudizio e siamo appena alla sentenza di primo grado. Trascuro l'inesauribile dialettica tra giustizialisti e garantisti (così attuale, considerato il ventennale di Mani Pulite) privilegiando la caustica sintesi del diritto. E delle prove in quell'esemplificazione di macchinosi artifizi tutti italici che è Calciopoli


Ieri Tuttosport e Il Giornale hanno sollevato con dovizia di riferimenti e medesime modalità il caso del video dei sorteggi arbitrali a cui fa riferimento il pm Capuano della Procura di Napoli datato 13.05.2005 cui partecipò come giornalista Riccardo Bianchi, de La Provincia di Como, che nella sua deposizione in aula (affermazioni riportata anche nella motivazioni della sentenza) garantì in maniera decisa la regolarità della procedura seguita. E filmata.


Quelle immagini, raccolte in un dvd in possesso della Procura a detta della nona sezione del Tribunale dal 29 luglio 2009 nei fascicolo non ci sarebbe più. Non nei fascicoli né dell'ordinanza né dell'abbreviato. 


Una prova simile svanita. Irreperibile. Sarebbe stato sostituito da una sequenza fotografica tratta da quelle immagini e trasmesse in una docu-fiction andata in onda su La7, Offside il 5 dicembre 2009 commentata dal rapporto del maresciallo Ziino, autore del servizio di osservazione a Coverciano. 


La pagina del quotidiano torinese illustra la sequenza delle foto tratte dal filmato in questione, spiegando come la ricostruzione possa essere stata de facto manipolata per suggerire conclusioni fuorvianti. tant'è che il buon Bianchi viene indicato come un dipendente della Federazione italiano Giuoco Calcio (FIGC) e altre incongruenze di cui hanno dato conto gli articoli in questione.


Dov'è quel dvd? Come può essere risucchiato nella mole abnorme di atti e documenti prodotti in un simile procedimento? I legali capitanati da Maurilio Prioreschi e dal consulente Nicola Penta che assistono Moggi immediatamente dopo la lettura della sentenza di condanna (5 anni e 4 mesi nel caso dell'ex direttore generale della Juventus) attraverso le dichiarazioni di Big Luciano avevano dettato l'agenda per il ricorso in appello. Un processo in cui un simile documento dovrebbe giocare un ruolo niente affatto secondario.

domenica 16 maggio 2010

Mou, un uomo solo al comando



Il profeta di Setubal
che lacrima. Il profeta di Setubal in disparte. Il profeta di Setubal che riflette - solo - sul pullman della squadra. Special lo sa essere con quel tanto di stucchevole che ai cultori della materia garba, poiché l'altezzosità linguistica quanto la comunicativa dirompente si rivelano vezzi graditi alla critica.

Io ti attendo, Mou. Perché tu esca da questo calcio decadente - il nostro - da vincente devi dimostrarmi che il secondu titulo non ti appaga. Che quella pulsione ti muove creando spasmi non arginabili con uno scudetto. Che aspiri all'unicità. Che ciò sia popolare, addirittura banale.

Nota inutile e banale
sulla stagione appena conclusa
Tengo: Leonardo, Diego, Alessandro Del Piero, le conferenze stampe di Mou, la lealtà di Iaquinta, la riapertura di Calciopoli.
Butto: il vergognoso tifo della violenza, il qualunquismo linguistico, le interviste ammaestrate, l'interismo oltre ogni misura, l'insabbiamento delle intercettazioni, la dissoluzione di una società fondata sullo stile e sull'onore.

giovedì 13 maggio 2010

L'anno senza scudetto



Non vedo: "Lo scudetto 2006 non l'ho assegnato io".
Non sento: "devono smetterla di dire queste cose".
Non parlo: "Io non intervengo mai, ma c'è molta gente che farebbe bene a tacere".

Guido Rossi, commissario della Federcalcio a margine di un convegno all'Università Bocconi di Milano, in merito all'assegnazione dello scudetto 2005-2006 all'Inter.