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lunedì 2 luglio 2012

Quel sottile filo rosso tra il tifo contro l'Italia e Calciopoli





Riassumento (perché potrei non aver inteso il fine ultimo di cotanta esternazione): Marco Travaglio attingendo alla prolifica vena calcistica che ha dominato larga parte della sua produzione dall'avvento di questo Europeo non ha tifato, non tifa e non tiferà Italia


Ha esternato compiacimento estetico e spiccata simpatia per Croazia, Irlanda, Germania in precedenza e ne ha mostrata altrettanta nei riguardi della Spagna di Vicente Del Bosque. Assumiamo questo delizioso excursus biografico con cui si delizia anche oggi. Nulla di nuovo sul fronte travaglino, perché i medesimi concetti - graditi o meno - sono stati esposti con dovizia di particolari a più riprese sul Fatto e Un giorno da Pecora e in ogni dove.  


Se le parole sono ancora importanti, se una palombella può ancora caricarsi di un valore simbolico e cognitivo quanto scritto nel suo pezzo, pubblicato sul suo quotidiano ha un che di perverso, un risvolto che andrebbe analizzato. "No, mi spiace, non tifo Italia. Non tifo un paese che non mi somiglia e non somiglia a quanti come me sognano un paese non normale, per dirla con Massimo Problema campione di inciuci, ma eccellente, come disse Montanelli, non mi ricordo quando, ma sono sicuro che l’ha detto. Ci vuole una scossa per uscire dal torpore, uno shock rigenerante. Come una sconfitta che riporti alla realtà. Per quanto, ancora una volta, spero che l’Italia perda".


Del travaglismo e dei suoi misteri scrissi già, quando con quel titolo accattivante Mistero Buffon si aprì un dibattito dolente per sancire la distanza tra chi si appellava al rispetto delle regole e chi invece gridava a un interventismo dopo i fatti di Coverciano e l'informativa al capitano della nazionale.


Il punto su cui mi interrogo (avrò inteso correttamente il senso di queste affermazioni?) verte su questo passaggio assai paternalistico quasi assimilabile a un monito con quella ritualità assimilabile a una sacralità infranta. Alla violazione di un rito. Peccato che anche si fosse andati oltre l'informativa, si tratterebbe di un processo e fino a sentenza definitiva vige la presunzione di innocenza. "Io vorrei sapere, che si vinca o si perda, cos’è quel milione e mezzo versato da capitan Buffon a un tabaccaio di Parma. Vorrei sapere quali e quanti dirigenti e calciatori coinvolti nell’inchiesta di Cremona per essersi venduti le partite in barba ai tifosi e alla lealtà sportiva, sono colpevoli o innocenti. E vorrei che i colpevoli fossero radiati e condannati. Nessuna vittoria all’Europeo può cancellare lo scandalo".


Beppe Grillo si allinea senza divergere se non nell'uso di un linguaggio meno verticale, meno colto. Giuseppe Narducci, ex assessore alla legalità e pm nel processo Calciopoli contemporaneamente spende parole altrettanto nette dopo essere stato accusato dal sindaco di Napoli, Luigi De Magistris di aver mancato al suo mandato. E qui non intendo dilungarmi sulla pretesa di tornare al proprio posto come se nulla fosse. 


Il presidente della Figc, Giancarlo Abete, replica. Assai più scontato del partito degli anti italiani, anti catenaccio e anti Buffon. Eppure giunge la controreplica travaglina.
"Una vittoria avrebbe reso più difficile fare pulizia, perché le vittorie non sono solo partite, ma vengono usate per chiudere altre partite. Questo è successo nel 2006, con l'ondata di revisionismo su Calciopoli"


Il tribunale di Napoli si è pronunciato con specifiche che hanno ricostruito parte dell'accaduto allora, invitando la magistratura ad approfondire quei punti ancora oscuri. Una sentenza di primo grado, un verdetto pronunciato da una corte si riduce a una ondata di revisionismo? 


Qualcosa mi è sfuggito.

giovedì 28 giugno 2012

Lo strano caso (su Twitter) di Crosetti, Buffon e l'informativa

Il moralismo è la deriva del diritto all'informazione a cui si approda inconsapevolmente. E' quell'utile veicolo di sollevazione popolare che viene impiegato con dovizia di particolari dagli abitudinari del sensazionalismo. Buffon è il portiere della Nazionale e della Juventus, presunto scommettitore da cifre salva-PIL. Nulla di illecito, per il codice, purché si rimanga entro determinati limiti. Rivedibili, ma tuttora vigenti per i tesserati. 


Maurizio Crosetti, firma de la Repubblica, scrive di calcio. Scrive principalmente di Juventus e di cose bianconere. Possiede la padronanza linguistica e un certo gusto per l'iperbole che si individua in quei giornalisti della carta stampata che amano ricamare il proprio pezzo. I repubblichini, poi, vantano uno stile unico, specifico. Non è un vezzo. E' questione di stile. Quello che lo ha indotto a scrivere da militante, a prediligere le sensazioni epidermiche delle volte all'analisi dei fatti. 


L'opinione si costruisce nella difficile ricerca dei fatti e non il contrario. Crosetti non piace agli juventini. Non era gradito a Fabio Capello, né alla triade decaduta e le cui gesta (per nulla epiche nelle di lui presentazioni) sono state poi narrate da questo allora giovane cronista torinese. Di nascita, per nulla juventino nonostante sia stato costretto a seguire questa squadra, a scriverne. Con una costante severità, prima e dopo Calciopoli. Prima e dopo aver scritto con Alessandro Del Piero, il capitano di quei tifosi che oggi discutono l'opportunità di certe sue esternazioni, di certe sue tesi riviste e corrette, il suo libro Giochiamo ancora.


Più che sull'allusione su Twitter che pure ha destato irritazione dalle parti juventine, da Giù le mani dalla Juve al blogger Antonio Corsa a Ju29ro, l'indignazione sarebbe da rivolgere al perpretare di una incessante opera di moralizzazione su quello che non viene censurato dalle norme che regolano l'attività. Un corto circuito informativo in cui i giudizi - rigorosamente universali - rischiano di nascondere avvenimenti e regole e persone. 


Perché Crosetti, nello specifico, ha preso a pretesto una frase di Montano alquanto distante da Buffon alludendo a quell'informativa (una informativa, ribadisco di cui ho scritto qui) che non costituisce una sentenza passata in giudicato. Un livore che - in questa manciata di parole - ha fagocitato i fatti, purtroppo.   

domenica 17 giugno 2012

Calciopoli, calcioscommesse, Buffon e Conte: le esternazioni di Travaglio



Più di Marco Travaglio temo la travaglizzazione, la trasfigurazione di quell'ostentata supponenza accompagnata da un giustizialismo preventivo che scivola assai volentieri nel sentenziare senza appello. Una sorta di Dogma di Lars Von Trier traslato nel giornalismo d'opinione, una mutazione inarrestabile che dall'equilibrata inizializzazione alla coscienza critica si è evoluta in una opposizione militante senza più un nemico chiaro all'orizzonte.


L'impossibilità di opporre a un giudizio così fermo, così impenetrabile, osservazioni pragmatiche e altrettanto documentate scevre da una lettura parziale rischia di offuscare casi quali Calciopoli, più di recente le inchieste sul calcioscommesse e i casi Buffon e Bonucci di cui il vicedirettore de Il Fatto discorre con altissima frequenza ultimamente. Sul suo blog, in radio.


La travaglizzazione anche in tempi di Europei si è manifestata per quello che è: una lettura di parte, dalla prospettiva distorta attraverso una lente che tende a confondere interpretazione e fatti come emerso nella vicenda Buffon che ha animato il blog del vicedirettore. Come già in quei commenti, a cui juventini e cittadini comuni hanno replicato più in difesa della presunzione di innocenza che per simpatia umana nei confronti del portiere della Nazionale e della Juventus. O nella controversa intervista a Beppe Grillo, declassata post critiche a 'colloquio' e quasi sull'orlo di essere rinnegata. Per quanto attiene alla mia formazione, nel mondo delle idee non può definirsi un'intervista ma nella prassi giornalista se ne contano tante da comporre una antologia, di questi dialoghi. Peccato che gli autori non si vestano di altri ruoli né ostentino un pedigree.


La travaglizzazione si riassume, poi, in quelle risposte che rivelano conflitti di difficile comprensione. Tipo: "Tifo contro l'Italia soprattutto a questi Europei, in cui se dovessimo vincere ci dimenticheremmo subito dello scandalo di Calciopoli, come nel 2006 ai mondiali. Insomma, spero che l'Italia - continua - venga eliminata subito, immediatamente". Il fenomeno delle scommesse illegali non è solo italiano, purtroppo. Lo sostengono quelle carte citate a ripetizione della procura di Cremona e poi di Bari. Per non parlare dei sospetti concernenti i campionati esteri che hanno riempito colonne e imposto indagini federali. Confondere il sentimento popolare con inchieste giudiziarie tuttora in corso non agevola la creazione di un bagaglio informativo che sostenga la creazione di un'opinione ma proprio il suo contrario. 


"Buffon deve sperare di non fare mai una papera. Perché dopo quello che si è scoperto, se fa una papera qualcuno può pensare male…", ha detto a Sabelli Fioretti e Lauro a Un giorno da pecora. La cultura del sospetto non va relegata al biscotto senza considerare che se vi sono i presupposti autorità competenti entreranno in scena per accertare quanto dovuto. E non mi riferisco ad opinionisti/giornalisti, ma all'attività della magistratura che non è autonoma e indipendente solo quando si tratta di certi fascicoli. 


La travaglizzazione risiede nel rischio di mischiare atti e giudizi, come per Calciopoli e come avvenuto per Buffon al centro di un'informativa ma a cui non è stato (ancora?) notificato alcun avviso di garanzia. "Ho letto le carte, e se verrano confermate le cose che dice il calciatore del Siena (fa riferimento a Filippo Carobbio, ndr), (Conte) va ovviamente squalificato. Peccato, perché è un buon allenatore". 


Anche io ho letto le carte (e non una volta) e ho registrato quanto ne è scaturito: le testimonianze non sono state avallate dai presenti a quella riunione tecnica fin dalla diffusione di quei documenti e di quelle informazioni relative ad Antonio Conte. A proposito: leggere le carte è il mio lavoro. E' quanto viene fatto tutti i giorni nelle redazioni. Non mi sembra eroico né lodevole. 

giovedì 14 giugno 2012

Narducci, la sua ortodossia e l'opportunità di mandare Bonucci e Buffon agli Europei

Quanto attendi il richiamo alle regole di quanti a quello Stato di diritto si appellano, inonderesti quella culla di sonnolenza culturale e sociale in cui si annida più che volentieri anche questo Paese delle loro parole. Dei principi enunciati in articoli e commi con il medesimo convincimento delle figure che rivestono o hanno espresso quel ruolo, quella funzione.


Desta sempre un effetto moltiplicatore, una sorta di derivazione del generatore automatico di domande (quasi mai con relativa risposta) il continuo appello a una ortodossia da parte di costoro in cui la tutela dei singoli, la presunzione di innocenza viene fagocitata dalla prepotenza di un avviso di garanzia. In altri casi di una informativa. 


Giuseppe Narducci, assessore della giunta De Magistris a Napoli ed ex pm nel processo Calciopoli, ha risposto a Radio 24 in merito all'opportunità di consentire a Leonardo Bonucci e a Gianluigi Buffon di disputare gli Europei.
"Io non avrei portato questi calciatori nella competizione, da questo punto di vista sono un integralista (il riferimento è a Leonardo Bonucci e a Gigi Buffon, che non risulta iscritto nel registro degli indagati, n.d.r.). 
"Ovviamente - prosegue Narducci - la Nazionale doveva andare agli Europei, come successe nel luglio 2006 per i Mondiali. Ma allora, come in questo caso, era opportuno non portare nella competizione persone rimaste coinvolte. Il calcio non può ogni volta solo a parole predicare estremo rigore nei confronti di tutto e di tutti, proporsi di cambiare. Ci vuole coerenza tra i buoni propositi e i fatti. Questa coerenza non sempre c'è". 
Sul rispetto delle regole si basa la convivenza in una società civile. Fino a condanna definitiva, vige un principio che vorrete definirlo garantista ma pur sempre vale nel nostro ordinamento per quanto anacronistico possa sembrare. Un principio sgradito, anche, che consente a costoro di difendersi nelle sedi opportune. E di rispondere, a chi di competenza, delle conseguenze delle loro azioni. 







sabato 2 giugno 2012

Buffon, l'informativa e i Rolex in cassaforte



Un grande Paese non dovrebbe celebrare la gogna mediatica di un giocatore. Un grande quotidiano non necessita di una informativa sul portiere della Nazionale e campione d'Italia con la Juventus, ennesima prova di fuga di notizia dalle procure italiane, perché ne sia riconosciuta l'autorevolezza. Due giorni e più di titoli e contenuti accusatori riconducibili alle sole prassi di uno Stato di Polizia - o peggio, se possibile - in cui gli allegati sono pubblicati quando serve, relegando il diritto a una informazione verificata e oggettiva a una dimensione trascurabile. Un argomento futile e banale. Quel take di agenzia dell'ANSA, battuto sul finire di una serata trascinata da vicende risalenti al 2006 o alle indicazioni di Santoni, ordina le cose già in parte delineate nelle conclusioni della stessa informativa:

Secondo Agipronews dall'Ufficio scommesse dei Monopoli si sottolinea come "non si hanno informative circa comportamenti scorretti da parte del bookmaker e del titolare del punto vendita, ivi compresi quelli relativi all'antiriciclaggio, che obbliga il gestore al riconoscimento del giocatore che scommetta o incassi vincite per cifre superiori a mille euro". In sostanza, se si volessero approfondire i dati registrati dal punto vendita, questi ultimi sarebbero a disposizione degli inquirenti per l'identificazione degli scommettitori. 

Il corner Lottomatica inoltre, secondo le analisi svolte a piazza Mastai, risulta specializzato nell'accettazione delle scommesse sugli sport minori, in particolare basket, hockey su ghiaccio e tennis. "E' in ogni caso apprezzabile - aggiungono all'Ufficio scommesse di Aams - che magistratura e forze dell'ordine si dedichino al controllo della rete legale delle scommesse, laddove ogni puntata "sospetta" viene registrata e, eventualmente, segnalata alle federazioni e agli organi inquirenti. Non riscontriamo però analoga attenzione verso punti vendita non autorizzati massicciamente presenti sul territorio italiano e la cui attività è finita anche nel mirino di recenti trasmissioni televisive. Senza entrare in questioni etiche, è altamente apprezzabile il fatto che venga utilizzato il canale distributivo autorizzato, riconoscendone l'importanza del processo regolatorio a tutela dei giocatori, dell'Erario e delle società, italiane ed estere, che vogliono operare nel rispetto delle stringenti regole, da sportivi che amano divertirsi su sport o manifestazioni che non sono quelli per i quali indossano la maglia in campo", conclude l'agenzia.
Per inciso, in Italia, non è consentito scommettere a calciatori su partite di campionati italiani ed esteri della loro disciplina il che non esclude che ciò sia plausibile su altri sport. Buffon non è indagato. Buffon non ha ricevuto alcun avviso di garanzia. Le ragioni sono in quello stesso allegato dove si riporta della vicenda dei Rolex acquistati dal capitano azzurro, come spiega egli stesso dopo l'amichevole disputatasi ieri sera, Italia-Russia. Sul piano formale non vi sono i presupposti per alcuna azione nei suoi riguardi ai sensi di questa informativa. 


Ma la pubblicazione di questi dettagli strettamente personali e sottoposti al vaglio della magistratura, a distanza di qualche ora appena dall'esplicitazione di una serie di considerazioni in conferenza stampa sulle modalità di procedere nell'inchiesta calcioscommesse, è preoccupante al pari di questo calcio malato (e lo spiego qui) nello stato agonizzante della democrazia nostrana. Far uscire carte a comando non è sintomatico di capacità professionale, a mio personalissimo avviso. Soprattutto se con tempi e spazi sospetti.


Un grande Paese non si riconosce in principi che scardinano lo Stato di Diritto. Non deve. E il giornalismo esasperato delle procure non è che un sintomo ulteriore della sclerotizzante gara a primati inconsistenti. L'attentato di Brindisi, il 2 giugno, il caso Buffon o Avetrana non sono - nella moda del sensazionalismo spiccio - che la ripetizione di uno schema consueto e praticato che contribuisce alla regressione politica e sociale di questo Paese, tanto quanto le veline provenienti dagli uffici delle procure.


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domenica 27 maggio 2012

Quello che Buffon (indirettamente) rivela sul Calcioscommesse



Il presunto imbarazzo a cui sarebbero stati sottoposti i puristi, investiti dalle affermazioni di Gianluigi Buffon portiere della Nazionale e della Juventus, rischia di azionare quel meccanismo di distrazione di massa dai contenuti - più che preoccupanti, drammatici - sullo stato in cui versa il sistema.
Sono affari loro. Alcune volte, se qualcuno ci pensa bene, cosa devi fare? In alcuni casi si dice: meglio due feriti che un morto. È chiaro che le squadre le partite se le giocano e sarà sempre così. Penso che ogni tanto anche qualche conto è giustificato farlo.
Oliviero Beha con Andrea Di Carlo aveva elaborato un libro-inchiesta sconcertante, che anticipò alla sua prima edizione quanto ritroviamo in atti. Nella sua ultima edizione, 'Il calcio alla sbarra', si aggiorna. Postille obbligatorie. Perché i fenomeni che avevano destato così tanta indignazione all'epoca dell'uscita del volume (come di altri legati al calcio, sul campo e di Palazzo) non sono certo estinti del tutto.

Temo, però, che questo impennarsi di dichiarazioni di circostanza distraggano da quanto si deve sottolineare. Che le partite vengano combinate è un sospetto, più di un dubbio per alcuni, che attraversa addetti ai lavori che potrebbero tacere in merito, nonostante il codice di giustizia sportiva sanzioni in caso di omessa denuncia. Se ad asserire, in modo indiretto, che di incontri manipolati ve ne siano è il numero due dell'Associazione Nazionale Calciatori, sindacato dei giocatori, la diffusione della negoziazione dei risultati risulta quasi ovvia.


Le partite si farebbero negli spogliatoi. O addirittura in campo, come ci ricordano alcuni passaggi dell'ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip di Cremona, Guido Salvini, e dei verbali che riportano le verità dei collaboratori e pubblicati in questi ultimi mesi.

No, non ho paura prima di tutto perché lo conosco; secondariamente perché conosco il calcio; terzo perché ho già sentito che moltissimi giocatori del Siena hanno dato delle versioni completamente diverse da quelle accusatorie; quarto perché per chi conosce il calcio e vive il calcio, nella propria testa può avere già in mente cosa possa essere accaduto e cosa accade in certe situazioni, che sicuramente non è nulla di negativo o nulla che possa far pensare alla malavita o a qualcosa del genere.
Antonio Conte, il fautore di questa Juventus dal bel gioco e dall'aggressività vincente, risponderà a Stefano Palazzi presto.Intanto, ha firmato il rinnovo fino al 2015. Non ha paura, la società non teme le conseguenze delle accuse formulate da Filippo Carobbio che mutano lo scenario dal punto di vista disciplinare. Buffon ha ribadito la propria serenità. E, da uomo di calcio, non nega quella malattia. Partirei da questo, più che analizzare il perché discuterne così adesso.