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venerdì 9 marzo 2012

Pessotto, la procura federale apre fascicolo sullo striscione della vergogna

La procura federale, dopo una giornata di indignazione trasversale, ha deciso di aprire un fascicolo sul presunto striscione offensivo contro Gianluca Pessotto.

La nota diffusa dalla Figc è breve, concisa e netta. Un atto dovuto, dopo la decisione del Giudice Sportivo (non era a referto) di non censurare la società rossoblu.

P.S.: Nello specifico ho precisato come la vedo, rimando di quella opinione.

giovedì 8 marzo 2012

Pessotto, lo striscione della vergogna che non scandalizza il Giudice Sportivo


PREMESSA
Libera informazione in libero Paese. Motto da propinare al pubblico di potenziali acquirenti, consumatori bulimici di notizie che attingono da giornali, blog, forum, televisioni, satellite. Purché ci sia circolazione di idee che consente di strutturare quella che animiamo come opinione pubblica, ben vengano argomentazioni e ragioni a sostegno. Ma il becerume va arginato, cancellato, penalizzato. Altrimenti le regole sono fatte per chi ne trae giovamento senza nessuna evoluzione sociale.

Una premessa doverosa per introdurre l'incongruenza e la finta giustizia che vediamo (e da qui in poi sarò semplice) negli stadi. Uno striscione esposto in curva che recita: "Pessotto simulatore, si è buttato o era rigore" non deve produrre solo ammende o sanzioni pecuniarie. Deve suscitare indignazione per i contenuti offensivi nei riguardi un dirigente, ex giocatore, colpito da una grave malattia e per il luogo - il Dall'Ara - in cui si è visto celebrare un grande artista come Lucio Dalla dalla stessa tifoseria. Ecco, alcuni blog tra cui quello di Fabrizio Bocca (la Repubblica), riportano la notizia di una immediata sollevazione dei presenti per quella frase priva di senso civico, di rispetto, di sportività. Che vorrebbe l'intervento della Federcalcio della Giustizia sportiva se non del direttore di gara e colleghi. Il derby capitolino per quei cori razzisti andava sospeso. Forse avrebbe mandato finalmente un segnale positivo visto che il Giudice Sportivo ha deciso, stavolta, di non andare oltre. 


Dopo i buu razzisti diretti a Juan e a Diakité nell'ultimo Roma-Lazio, quegli insulti censurati dallo stesso pubblico bolognese toccano chiunque coltiva ancora l'apparente riguardo della memoria e una parvenza di moralità. Ripeto: scrivo semplice perché questo becerume arrivi a destare la medesima indignazione e la richiesta di isolare e cacciare definitivamente fuori elementi violenti e dalle pulsioni irrazionali. Pessotto non ha subito solo questo. In un Inter-Juve d'annata, un bel coretto curvaiolo menzionava Bettega, l'auto e Gianluca. Il video ancora è in Rete, a testimoniare che quelle demenziali esternazioni si sono già sentite. E che se stiamo qui a parlarne, la moltiplicazione di organi, poltrone e ruoli a poco è servita. 

Bologna-Juve, quando la pareggite degenera in sindrome da piccole



da Virgilio Sport

Decifrare l’incapacità di uscire da questo impassee reagire (in tempo utile) per non vanificare l’unico, autentico obiettivo della stagione. Anche con il Bologna, la Juventus si perde, è confusa e disorganizzata. L'ansia prevarica quel barlume di lucidità che dovrebbe guidare questo recupero che si chiude con un 1-1 effimero ai fini della risalita.  Il Milan è lì, dove lo avevamo lasciato. E il rosso a Bonucci avrà le sue conseguenze.
 
Senza Chiellini e Barzagli, Conte avrà anche i suoi motivi per ragionare su un 4-3-3 con l'inedito duoCaceres-Bonucci a difesa di Buffon eppure quell'assetto da installazione sperimentale non convince neanche sulla carta contro il Bologna. La pareggine acuta diagnosticata a valle della prova assai discutibile contro il Chievo si involve in sindrome da piccole quando dopo appena 5' Marchisio rischia di vedersi affibbiare subito un cartellino dal direttore di gara Banti. Ansia? Così pare. E in questo recupero ci sta. Si vede uno schema degli emiliani, un contropiede e il male estremo che si ripete con una cadenza puntuale: ovvero cross vacui, esattamente come in questo caso.
 
Borriello e Vucinic incidono in maniera impercettibile, fino alla punizione che l'attaccante arrivato a gennaio riesce ad aggiudicarsi. Batte Pirlo (una garanzia), il tiro finisce contro la barriera, deviazione e palla sul fondo. Qualcosa si perde, a livello psicologico. Perché Di Vaio avvisa (fuorigioco al 15') e ribadisce a distanza di 120 secondi su suggerimento di Ramirez (obiettivo di mercato proprio della Juventus) complice l'errore di Lichtsteiner e una inesperienza indubbia dei difensori nel salire in maniera scientifica. Rete superlativa dell'ex. Si incassa la lezione e si chiude sull'1-0. Con in più, a complicare, l'ammonizione di Pirlo che si aggiunge a quella rimediata da Bonucci.
 
Se nei primi 45 minuti di gioco per intensità e cinismo non ci sono dubbi sull'egemonia bolognese, al rientro in campo le cose cambiano. Subire a questo punto del campionato avrebbe conseguenze determinanti. I contatti tra i giocatori aumentano, fino a risultare stucchevoli. I falli fischiati e non aumentano a confermare che da entrambe le parti non si intende arretrare. Si Interrompe però solo per lo scontro tra Caceres e Ramirez. Nulla di grave. Borriello si mostra più propositivo, senza però trovare il giro giusto. Quello che, invece, riesce a Vucinic che su una verticalizzazione perfetta di Pirlo si lascia alle spalle Raggi e di destro centra l'1-1. Gillet non si perde, nonostante il contraccolpo: para prima un colpo di testa di Lichsteiner, poi Marchisio va di ribattuta in nettissimo fuorigioco su cui il portiere è provvidenziale.
 
Dopo gli avvertimenti, Conte viene cacciato per le proteste su una trattenuta su De Ceglie in prossimità dell’aea di rigore. Pioli ha dato un po' di fiato ai suoi con due cambi che supportano la reprise dell'offensivismo felsineo. Quagliarella e Giaccherini entrano quando i due attaccanti non reggono più, senza modificare con il loro ingresso lo schieramento bianconero. IncomprensibilmenteBonucci falcia Ramirez a centrocampo meritatamente l'arbitro lo espelle. Juve in dieci. Un difensore in meno in vista delle prossime partite. Entra Padoin: lapalissiano l'intento. Il risultato? Pareggite e un passo indietro sul Milan, che rimane lì a osservare dall'alto. 

Calcioscommesse, l'avvertimento di Manganelli. Intanto l'inchiesta di Bari si allarga




Quel terzo passaggio fondamentale nell'inchiesta Calcioscommesse da quella assolata giornataccia estiva in cui il pm di Cremona, Roberto Di Martino, aveva vomitato sull'industria del calcio i risultati delle indagini ancora manca. Quando alle 18.40 del 6 marzo l'agenzia di stampa ANSA riporta che la Procura di Bari ha allargato a società oltre che giocatori le indagini, le esternazioni di quella mattina del Capo della Polizia Antonio Manganelli (evidentemente informato sui prossimi sviluppi) acquistano un senso in più. Riordinano gli avvenimenti, spiegano i flash e i take, le indiscrezioni che vengono riportate rafforzando la tesi degli immanentisti, il partito di quanti attendono che da parte degli inquirenti si imprima quella svolta decisiva.


Siamo ancora in attesa, anche se i tasselli iniziano a posizionarsi per andare a comporre un quadro squallido più che allarmante, disgustoso più che semplicemente, banalmente illecito.

Secondo Dagospia, quegli sviluppi di cui evidentemente ha già notizia Manganelli così esplicito nel ribadire il ripristino della legalità in un calcio che a ogni livello manifesta forme più o meno colluse e infette.


“In Puglia si trema: spifferi bene informati annunciano imminenti novità clamorose sull’asse Cremona-Bari-Lecce-Ungheria – due giorni fa le dichiarazioni choc del capo della polizia Manganelli: “Siamo nel vivo delle indagini: sono in arrivo nuove sorprese” – rivelazioni scottanti di pentiti attese dall’estero per le prossime ore: operazioni spettacolari in vista? Penalizzazioni? Retrocessioni? Ah saperlo…” 
Penalizzazione e retrocessioni: gravi sanzioni che investirebbero due società già al centro delle indagini da parte dei magistrati e che, stando al sito di Roberto D'Agostino, potrebbero essere schiacciate da ulteriori rivelazioni.


Tre Procure della Repubblica (Cremona, Bari e Napoli), intercettazioni, schede Sim in prestito, ultras, faccendieri e il 'sistema'. Il pm barese, Ciro Angelillis, intanto ha fatto parlare uno degli uomini più interessanti nel disegnare le connessioni, gli appunti e le modalità con cui avvenivano le combine già raccontate a Cremona e a Bari, appunto, dal difensore dell'Atalanta e ex del Bari Andrea Masiello e dal factotum della società pugliese Angelo Iacovelli


"Tutti sapevano" che alcune partite del Bari probabilmente erano truccate: è uno dei passaggi dell'interrogatorio, durato circa un'ora, a cui è stato sottoposto Onofrio De Benedictis, titolare del ristorante barese 'Il Pescatore', frequentato da alcuni ex giocatori della società coinvolti nell'indagine. De Benedictis avrebbe confermato agli investigatori di essersi recato a Bologna nei giorni immediatamente precedenti la partita sospetta con il Bari, finita 0-4, ma di esserci andato per motivi di lavoro "insieme ad altre persone". 


Il passaggio sarebbe stato già riportato da Iacovelli, dal ristoratore barese Nico De Tullio e da altri indagati che avrebbero confermato la trasferta emiliana. I sospetti erano che quel viaggio a Bologna si fosse concluso incontrando il difensore del Bologna Daniele Portanova, circostanza pare non confermata da De Tullio in città per incontrare scommettitori. De Benedictis sarebbe stato tirato in ballo da Masiello nell'interrogatorio di fine febbraio: il ristoratore avrebbe riferito agli investigatori di essere stato presente all'incontro con Portanova, in cui il giocatore del Bologna doveva dare una risposta a Masiello, senza sapere però di cosa si trattasse, secondo quanto pubblica stasera Repubblica.


Per il resto l'interrogatorio, delegato dal pm ai carabinieri del nucleo investigativo, si sarebbe basato su "domande generiche". Se, cioè, De Benedictis avesse mai scommesso e in quali ricevitorie, se il suo ristorante era frequentato dai giocatori del Bari, se conoscesse Masiello e i dirigenti del club o di altre società. L'imprenditore ha ammesso di avere avuto a che fare con il giocatore come altri giocatori tirati dentro all'inchiesta e di aver ricevuto conferme sulle scommesse illecite. "Tutti lo sapevano", ha ripetuto. 

lunedì 5 marzo 2012

Calcioscommesse, la prima volta di Manganelli



Nell'ordinanza di custodia cautelare stesa dal gip della Procura di Cremona, Guido Salvini, intrecci, protagonisti e meccanismi nel fango del Calcioscommesse venivano descritti con l'asetticità di un linguaggio tecnico e di una forma inappuntabile. Cristiano Doni, l'Atalanta e gli altri: una cricca di belli al cospetto del dio pallone, auto investitisi del ruolo di burattinai in una organizzazione complessa, strutturata con gerarchie enucleate con dovizia di riferimenti in quell'ordinanza. 


L'inchiesta di Cremona, che ha preceduto filoni altrettanto rilevanti come quello seguito dalla Procura di Bari, ci ha rigettato nella storia dell'Italia del Totonero, del primo Calcioscommesse, delle vicende dei singoli (il nostro calcio è fatto anche di giocatori fermati per aver puntato in palese contrasto con il regolamento). Per la prima volta, oggi, il capo della Polizia, Antonio Manganelli, si è espresso con fermezza sulla preoccupante estensione del fenomeno delle scommesse illegali e di come il marciume emerso fino a questo momento dagli atti prodotti dalla magistratura sia ancora parziale. 'Ci saranno altre notizie, altri dati e risultati, perché le indagini continuano - riporta l'agenzia ANSA - e questo comporta l'acquisizioni di nuovi elementi', ha detto a margine del seminario sulla legalità nello sport a Roma relativamente a fenomeni 'di non poco conto in Italia. Questo aspetto costituisce un momento di attenzione molto particolare'.


Nessun allarmismo, quanto raccolto nelle indagini e dagli interrogatori e dalle informazioni trapelate restituisce esattamente un calcio molle, promiscuo e di complessa definizione anche in termini di proprietà e recupero dei capitali per finanziare società che approvvigionano in maniera indiretta riciclaggio e attività illecite come emerso periodicamente non solo da parte delle procure ma dalle organizzazioni e dagli organi deputati a controlli di natura finanziaria. Una pratica che la Fatf, la Financial Action Task Force dell'Ocse, Organizzazione mondiale per il commercio e lo sviluppo economico, ha denunciato nel rapporto del 2009
"Nonostante la tremenda crescita del mercato nel suo insieme - scrive l'Ocse - molti club sono in pesante crisi finanziaria e le loro difficoltà li potrebbe costringere ad accettare fondi da soggetti di dubbia provenienza: ci sono molti rischi che club indebitati non facciano molte domande quando si presenta un nuovo investitore".
Passaggio minimo di un documento che solleva interrogativi sulla bontà di un'industria da miliardi di euro.

Juve-Chievo: la testardaggine di Conte e quella presunta inadeguatezza



da Virgilio Sport 
Non è consentito abbandonarsi alle lusinghe delle distorsioni di una espulsione evitata(quella di Dramé), presunti rigori mancanti, infortuni:con il Chievo era determinante vincere per una Juventus sfilacciata e appannata. Un pari non è abbastanza per recuperare sul Milan, dopo una settimana in cui le contrapposizioni dialettiche si sono risolte in un acuirsi dell’antagonismo.L’analisi delle errori porta alla constatazione che ancora, di nuovo, c’è tempo e da imparare. Anche dalle piccole. Anche dai propri sbagli.

Che sia pretattica o una posizione ideologica quella che anima la convinzione in Antonio Conte che non ci sia più spazio (e tempo) per Alessandro Del Piero, non è dato saperlo. Più che il valore in sé (tre sono i punti in ballo e tre rimangono), contava non arretrare, non consentire al Milan di distendersi davvero dopo una settimana di litigi, scontri, scuse e presunti chiarimenti che hanno a che vedere con finali da soap opera anni ottanta. Soprattutto dopo l'epica rinascita di Ibrahimovic (le statistiche sono impressionanti) e la lezione impartita al Palermo.Quindi si inizia con Matri-Vucinic e Bonucci in panca. Qualche incertezza iniziale e poi arriva una rete che susciterà polemiche da parte dei moviolisti espertiDe Ceglie ribadisce in rete la palla che Chiellini ha schiaffato contro il palo, rendendo vana l'idea di PirloE' rete. Peccato che il dubbio fuorigioco (non visto da Gervasoni e dai guardalinee) venga sollevato pressoché subito dai commentatori. E forse, il Chievo non meriterebbe di subire lo svantaggio perché la Juventus che si riorganizza è pigra, disordinata. Bradley si avvicina troppo a Buffon, Paloschi è proattivo più del consentito, tanto che viene fermato prima in offside e poi dal portiere bianconero. Per amministrare un risultato, si rischia troppo. Sul piano offensivo, se Vucinic non appare incisivo a sorprendere piacevolmente è Padoin che quasi sfiora la rete. Più e meglio di Giaccherini che si fa vedere, ma non trova la misura. Si va all'intervallo con un cambio importante per quelli che saranno i fatti: Barzagli si fa male, al suo posto entra Bonucci.

Poco muta con la ripresa: il contropiede dei veronesi si replica senza intoppi e le disattenzioni da parte bianconera abbondano. E, infatti, la rete del pari giunge dopo un trascinarsi svogliato tra cambi e l'inserimento di capitan Del Piero. La tensione cresce. E non per i rigori reclamati o il giallo rivendicato nel primo tempo. Il punto di non ritorno è la mancata espulsione di Dramé che doveva avere un rosso per un fallo da dietro su Vucinic. Proprio lui crossa per Paloschino in modo fiacco, Bonucci tenta di spazzare e la butta dentro in modo a dir poco masochistico. La partita da vincere per non rimanere (in)dietro si tramuta in un incubo. Chiellini zoppica, Acerbi si ferma per i crampi. Del Piero chiede un penalty, tramuta un suggerimento del montenegrino in un tiro, Pirlo sfiora il 2-1 trovandosi contro un Sorrentino superlativo. Matri si eclissa sul finire del primo tempo, Vucinic va (lento) a sprazzi. A Gervasoni toccano scelte controverse. Il pubblico fischia. E anche i 5 minuti di recupero vanno senza altro che rumore.

venerdì 2 marzo 2012

Milan-Juventus, tregua armata

Trascuro le vicessitudini pop dei due - Adriano Galliani e Andrea Agnelli - dilettatisi entrambi in sofismi rappresentativi della degenerazione a cui si è arrivati nel rilasciare dichiarazioni studiate a tavolino e annesse valutazioni terminologiche. Tornare sull'ovvietà delle frasi di circostanza, affermazioni dovute e presunte distensioni paga poco. Piuttosto riprendo da dove ho interrotto, ovvero dai passaggi assai interessanti della sentenza del Tribunale di Napoli in cui si delinea la posizione di Leonardo Meani, dirigente del Milan addetto agli arbitri. I passaggi sono relativi a quella decisione. Ripeto: una sentenza, di primo grado, ma una pronuncia che restituisce l'esatta valenza dei fatti sottoposti a giudizio.