Il blog di Elisabetta D'Onofrio, un tentativo di citazionismo al contrario su un certo calcio, su un certo giornalismo
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Pereyra se ne frega e mette in rete. Esulta e se ne frega. Quel triplice fischio non sanciva la conclusione di Udinese-Lazio, perché non è stato Bergonzi a fischiare. Prova a spiegarlo, il direttore di gara. Se ne fregano tutti, stavolta di questa pacata spiegazione. Dias espulso, Marchetti spintona proprio Bergonzi, l'ingresso in campo di uomini della società biancoceleste crea ulteriori motivi di attrito e confusione. Viene riportato addirittura di un confronto acceso nel tunnel tra i dirigenti. Igli Tare, un secondo prima inquadrato vicino al presidente Claudio Lotito, lo vedi tra i più attivi giù, in campo nella mischia. Protagonista della rissa che non viene ripresa dalle telecamere.
Una confusione totale, che non permette di comprendere la decisione dell'arbitro e la sua correttezza. Quando Bergonzi riesce a riprendere la situazione in mano, fa riprendere il gioco per poi fischiare poco dopo. L'incontro è concluso: il gol di Pereyra convalidato. Il referto chiarirà quanto accaduto e confermerà o meno il racconto di immagini e testimonianze. Con la certezza che quanto visto non si risolverà nell'indifferenza.
Quanti di voi avrebbero previsto una decisione diversa del Collegio arbitrale del Tnas su Giuseppe Signori? L'epilogo della vicenda Signori è forse più desolante della stessa minuzione enucleazione degli incontri sospetti che fecero Foschini e Mensurati su Repubblica in merito all'attaccante, il bomber del Foggia del sogno zemaniano e poi della Lazio, del Bologna. La sua squalifica a 5 anni e la preclusione alla permanenza in qualsiasi rango o categoria della FIGC è una sentenza prorompente, a cui Signori replica nella società della comunicazione totale con una nota.
"Per dirla in termini calcistici, la nostra è una partita persa 2-1 e non 3-0". Da parte dell'ex attaccante della Lazio "una constatazione di fatto: non c'è stata un'espressione di maggioranza assoluta". "Non metto in discussione che il mio comportamento andasse censurato per aver accettato quell'invito ed aver partecipato a quell'incontro, piuttosto che per aver scommesso in modo regolare nella convinzione di non essere più un tesserato, ma certo è che andava attribuita la giusta responsabilità ed il giusto valore alla pena - commenta Signori - Ho scommesso in modo regolare da non tesserato in una partita che tra l'altro non ha dato i risultati che mi sono stati imputati, tanto che a tutt'oggiInter-Leccenon è fra le partite oggetto di combine, così comeAtalanta-Piacenzala cui combine è stata attribuita a me come regia ma che di fatto gli atti processuali sia della giustizia ordinaria che di quella sportiva danno una visione e coinvolgono soggetti ben diversi dal sottoscritto". Secondo Signori, inoltre, "il mio tesseramento poi rimane ancora un mistero da svelare, non è ancora chiaro se lo sono o non lo sono. Ho prodotto la prova che non ero e non sono un tesserato, ma vengo giudicato colpevole in quanto tesserato dalla Figc, sebbene io - ad esempio - abbia sostenuto l'interrogatorio in casa e non presso la sede Figc, come avviene per tutti i tesserati. Non posso non pensare che ci sia un metro ed una misura diversa per me, per Beppe Signori". Per l'ex attaccante "la differenza di equità nel giudizio della Federazione è visibile a tutti: i giocatori che sono stati trovati con la valigetta piena di denaro, i giocatori coinvolti negli scambi avvenuti per combinare le partite, anche per le confessioni degli stessi personaggi imputati, hanno avuto sanzioni ridicole rispetto alle prove oggettive". "Non sono stato giudicato in modo imparziale e questo mi irrita - aggiunge - così come provo delusione per il fatto di aver avuto una sentenza sportiva tanto dura quanto ingiusta, nonostante io non sia più tornato alla 'ribalta', nessuno dei pentiti mi ha indicato quale uomo chiave, capo dei capi, partecipe, presente, leader indiscusso in qualsivoglia malaffare...".
Una rabbia esplosa con minuziosa capacità di ammissioni miscelate a astensioni, punto per punto, della tesi della difesa dell'ex giocatore, coinvolto nella prima tranche del filone del calcioscommesse lombardo. Ma questa è una storia diversa, prossima ma differente. La giustizia sportiva ha tempi e modi diversi, che trascendono l'eventualità di una ipotesi amnistia paventata tempo addietro dal pm Roberto Di Martino. Proposta su cui, personalmente, avrei delle perplessità.
A distanza di alcuni giorni dagli interrogatori condotti dal procuratore federale Stefano Palazzi, l'intenzione di procedere con celerità e chiudere la prima parte dell'inchiesta è evidente. "I primi deferimenti arriveranno lunedì 7 o martedì 8 maggio", ha ufficializzato il procuratore chiudendo la prima parte dell'inchiesta sportiva.
"Le date del primo processo? Dipende dai tempi tecnici degli organi giudicanti - ha aggiunto Palazzi - la scorsa estate i procedimenti sono stati definiti in tempi molto brevi con un grande sforzo anche delle difese. L'indagine rimarrà comunque aperta per chiarire altre posizioni e lavoreremo su due piani, inquirente e requirente". Il primo processo prenderà il via presto, prima degli Europei, entro il 20 maggio dietro esplicita richiesta da parte dei vertici istituzionali. Sia Abete, sia Palazzi hanno espresso con estrema chiarezza l'intenzione di avere già materiale sufficiente, senza che ciò induca a ritenere questo procedimento in grado di esaurire l'attività del procuratore federale.
L'acquisizione di nuovi elementi suggerirebbe un risvolto anche per la giustizia sportiva: "La Procura è in collegamento con i magistrati di Napoli - ha ribadito il presidente della Federcalcio - e poi la Procura di Cremona sta svolgendo nuovi interrogatori". La prima parte dell'inchiesta è, appunto, una frazione del tutto.
In settimana si conoscereà la data in cui dovrebbe essere sentito il presidente del Siena, Massimo Mezzaroma, ultimo convocato di rilievo rimasto fuori da questo ciclo di audizioni.
Ieri sera i primi, brevi resoconti di una giornata di interrogatori a Cremona. Della giornata di Dino Lalic. Sloveno, membro di spicco del gruppo degli zingari incaricato - stando a quanto di legge nell'ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip Guido Salvini - di contattare i giocatori 'disponibili'. Il ruolo non va spiegato oltre. Lalic, ex portiere, è un personaggio di primo piano nella struttura del nucleo che raccordava l'Italia alla rete estera. Celavi, così come viene chiamato, è in Italia da giovedì dopo aver scontato un anno di reclusione a Zagabria una pena inflittagli per vicende simile. Per un calcioscommesse versione balcanica, insomma.
Davanti al gip, Lalic - riporta l'agenzia di stampa ANSA - avrebbe confermato l'identità delle sue entrature. "Erano Carlo Gervasoni e Filippo Carobbio a darci informazioni sulle partite truccate in cambio di denaro". Il giocatore del Piacenza e quello dello Spezia informavano lo sloveno, procedendo alla combine. Così per sei partite, quelle indicate nell'ordinanza: Brescia-Mantova, Grosseto-Reggina (sulla quale gli zingari scommisero ma persero), Empoli-Grosseto e Grosseto-Mantova (sulle quali non effettuarono scommesse), Cittadella-Mantova e Ancona-Grosseto (su cui scommisero e vinsero), incontri disputatisi nel 2010.
Tutti e tre gli 'zingari' sentiti a Cremona hanno indicato nell'ex portiere del Chiasso, Almir Gegic (latitante), l'"intermediario" con i giocatori italiani, mentre Lalic ha ammesso sì di aver incontrato Tan Seet Eng, detto Dan, a capo dei finanziatori del giro delle scommesse di Singapore ma per ragioni diverse dai taroccamenti delle partite. I due si sarebbero incontrati per trattare giocatori dell'Est europeo intenzionati ad andare a giocare in Asia. Su Carobbio e Gervasoni, però, Lalic, a detta dei suoi legali, Marcello Ceccherini e Kresmr Krsnic, è stato "chiarissimo": "Da loro comperavano notizie sulle partite per scommettere in Serbia, Croazia, Austria e Ungheria".
Un particolare interessante in chiave investigativa che si traduce per gli 'zingari', quindi, nella possibile scarcerazione con divieto di soggiorno nelle regioni dove operavano, cioè Lombardia, Toscana, Veneto e Marche. Ma anche conferme rilevanti per Salvini dopo gli interrogatori di Gervasoni e Carobbio che hanno indirizzato le indagini verso un nuovo filone.
Se ci fossero ulteriori riscontri a questi contenuti, uniti a una rogatoria giunta dall'Ungheria in cui si parla del presunto taroccamento di Lecce-Lazio, si potrebbero rileggere addirittura le prime due fasi dell'inchiesta Last Bet investendo personaggi forse ancora da decifrare. Con quegli arresti annunciati e di cui ancora non si ha notizia da Cremona.
Intanto, da Roma arriva la notiza, precisamente con una nota apparsa sul sito della Figc con cui si ufficializza il rinvio dell'audizione del presidente del Siena, Massimo Mezzaroma chiamato in causa proprio da Carobbio.
Masiello, Carella e Giacobbe: 230mila euro in tre, versati per la combine del derby Bari-Lecce, quel derby analizzato in ogni minimo dettaglio dalla procura di Bari nell'ambito dell'inchiesta sul calcioscommesse. E su cui gli inquirenti avrebbero acquisito nuovi elementi emersi dagli interrogatori dei giorni scorsi, dettagli trapelati e riportati dalla stampa specializzata nelle ultime ore. La somma, 230mila euro per inteso, sarebbe stata indicata proprio in questi ultimi incontri con i magistrati baresi a cui sarebbero state specificate anche le modalità di versamento.
I primi 50mila furono consegnati all'hotel Tiziano di Lecce il 22 agosto 2011, la restante parte del denaro pattuito fu saldata in più tranche, versate durante incontri in una stazione di servizio sulla tangenziale di Bari. Intanto Erik Huseklepp, l'attaccante norvegese transitato per Bari nella seconda parte della scorsa stagione, quando ormai la situazione era segnata, nega o ritratta tutto. "Non ho mai pensato né visto queste cose", ha detto ai microfoni di Radio Manà, in riferimento alle minacce degli ultras ai baresi.
Ma un secondo elemento emerge in queste ultime ore ad aggravre il quadro relativo a quel derby di fine campionato. Riguarda l'accompagnatore di Carlo Quarta indicato come l'emissario del Lecce secondo quanto riportato tempo addietro da Repubblica e che anche stavolta riporta l'identità del secondo. Si tratterebbe di Andrea Starace, legale salentino, identificato in foto da Masiello e da Carella durante l'interrogatorio dinanzi al pm Ciro Angelillis. Il tutto da verificare, perché si tratterebbe comunque di una indicazione di parte.
Sul versante della giustizia sportiva, come da calendario si è presentato negli uffici romani della Procura della Federcalcio,Antonio Rosati, ex portiere del Lecce e ora al Napoli per chiarire la propria posizione.
Le accuse relative a Lecce-Lazio avanzate da Carlo Gervasoni sono rigettate da Rosati, interrogato oggi pomeriggio dai collaboratori del procuratore Stefano Palazzi. "Il giocatore è del tutto estraneo al calcioscommesse - ha spiegato Paolo Rodella, avvocato del giocatore - Ci hanno soltanto chiesto chiarimenti sulle solite partite (presumibilmente anche Brescia-Lecce 2-2 del 27 febbraio 2011 e Inter-Lecce 1-0 del marzo 2011, ndr)".
Si toglie la maglia per dire che si molla. Si toglie la maglia per stizza. Da ieri si toglie la maglia per indicare il cedimento, il franare delle resistenze culturali e civili di fronte all'Anticalcio. Nello stadio Luigi Ferraris, il circo di Ivan Bogdanov e dello scempio procurato e dell'allagamento ingestibile, si consuma il reality show del pallone nostrano in cui i facinorosi noti, schedati e numerati prendono in ostaggio i giocatori, l'arbitro, il presidente di una società di Serie A come il Genoa. Per 40'. Per 40' non si gioca, i genoani si tolgono la maglia per consegnarla al capitano Marco Rossi (tutti ad eccezione di Giuseppe Sculli che media con la curva) il quale a sua volta le cede a questi presunti tifosi.
Enrico Preziosi intima ai suoi di cedere. E' un atto condannato da parte delle istituzioni calcistiche , sportive e della pubblica sicuzurezza in questo ennesimo day after in cui si dibatte del dio pallone senza alcuna remora nell'argomentare. Eppure erano presenti le forze dell'ordine. Erano in unità sufficienti, hanno ribadito le autorità competenti. Perché sia accaduto ciò, perché si sia ceduto a un ricatto simile supporterebbe solo la tesi di quanti affidano al contesto calcistico un ordine, un codice proprio a cui si risponde solo all'interno degli stadi e che non si riesce a spezzare. Ma la sociologia non serve se non fornisce le indicazioni per ripristinare la civiltà, il rispetto, le regole in un luogo dove vige solo la violenza.
Il sequestro di Marassi può scivolare nell'indifferenza delle istituzioni? Lo Stato arretra anche davanti agli ultras per partorire una molteplicità di Daspo e provvedimenti restrittivi? Se la risposta è quella del questore, Massimo Maria Mazza in polemica con Preziosi, il problema rimarrà tale. "Ho chiesto che non si assecondasse la richiesta ricattatoria del levarsi la maglia, perché avevamo abbastanza uomini per poter garantire l'incolumità dei giocatori. L'indicazione non e' stata della questura, dobbiamo capire se è stata una decisione della società piuttosto che dei giocatori. La società non è mai lasciata sola nella maniera più totale, noi abbiamo garantito che avevamo la forza idonea per garantire la sicurezza".
Vedremo, vedremo che ne sarà anche sul versante della procura federale che ha aperto un'inchiesta a carico di dirigenza e giocatori sulla trattativa.
Ottimo, peccato che un gruppo di facinorosi abbia assunto il controllo di una struttura sportiva, che abbia minacciato, abusato, spadroneggiato fino a costringere il direttore di gara ad assumere la decisione di sospendere la partita. Asserire che le società sono responsabili e che vantano degli steward non cancella l'emergere di una questione di ordine pubblico come quella di ieri.
Com'è accettabile che si assista a un sequestro che ha messo a repentaglio l'incolumità dei presenti e ritenere che questa dimensione appartenga di competenza alla sola sfera delle società? I provvedimenti, dopo i vertici ormai di routine a cui ci siamo purtroppo abituati all'indomani di questi avvenimenti, non contano. Sono rivolti quando il peggio si è visto. Neanche giocare a porte chiuse due turni (penalizzando gli spettatori paganti in grado di assistere civilmente a un incontro) può ritenersi una soluzione. Togliamo il palcoscenico a questi attori mediocri, ne gioveranno le società. E le curve stesse.
A Luis Enrique, alle sue scelte, all'ostinazione su De Rossi centrale, Totti panchinaro affidiamo le sapienti argomentazioni calcistiche degli esperti che hanno inteso il profondo senso castrista della rivoluzione de #erprogetto. L'epilogo deprimente di questa giornata squallida - Genoa-Siena è più di quanto si dica nel salotti buoni della tv della domenica sera o di quello che si legge sui quotidiani del giorno dopo - si vede nel frammento che ferma senza alcun dubbio l'episodio che con buone probabilità passerà alla storia di questa giornata. Quella che segue al rinvio in seguito alla morte di Piermario Morosini. Lichtsteiner sfotte un po', facendo il gesto del quattro (come Totti, citazione superlativa) con le dita verso il romanista Lamela.
fotogramma Sky Sport
L'argentino non gradisce affatto. La sua reazione? Sputa, come Totti. Il difensore bianconero richiama subito l'attenzione dell'arbitro Bergonzi su quanto accaduto e le immagini televisive alimentano il dubbio su un gesto sgradevole anche per il contesto. La reazione del direttore di gara è nulla. E nei riguardi di Lichtsteiner e nei confronti di Lamela. Stefano Palazzi potrebbe non convenire e ritenere che ci siano i presupposti per sollevare la questione con la prova tv. Aspettiamo a vedere...
Non mi interessa ricadere in una delle categorie in cui, semplicisticamente, si declinano gli opinionisti e gli specialisti del genere. Mi riferisco alla dicotomia tra giustizialisti e garantisti così inutile in questo quadro sofferente. Preferisco appellarmi al Codice. Di Giustizia Sportiva, tanto per non trascurare le specifiche postille e fugare ogni dubbio. Preferisco capire che cosa prevede il nostro apparato normativo qualora quanto asserito da Filippo Carobbio in merito ad il suo ex tecnico ai tempi del Siena, Antonio Conte, rispondesse all'esatta sequenza dei fatti. Preferisco capire, quando si rischia di imputare a Conte responsabilità che non gli sono proprie con tutti i limiti della giustizia sportiva (per non parlare di quella ordinaria).
L'allenatore della Juventus, che ha preferisco ricorrere alla strategia comunicativa dell'aggressione ieri in conferenza stampa esprimendo disponibilità ed estraneità, deve fronteggiare una pressione duplice e sul fronte del campionato e su quello dell'inchiesta della procura federale che il 26 aprile prossimo dovrebbe chiudere il capitolo audizioni. L'intenzione di Palazzi pare sia quella di un'estate di processi. E forse, prima che si celebrino gli stessi, avrebbe senso comprendere quale sia la versione di Conte. Vedremo. A riprendere il codice, a disciplinare il Divieto di scommesse e obbligo di denuncia è l'art. 6 che al paragrafo 6 specifica in merito a chi ha notizia di reato che:
Il mancato adempimento dell’obbligo di cui al comma 5, comporta per i soggetti di cui all’art. 1, commi 1 e 5 la sanzione della inibizione o della squalifica non inferiore a 3 mesi e dell’ammenda non inferiore ad euro 15.000,00.
Illecito sportivo e obbligo di denunzia costituiscono la materia delle norme all'art.7 che inquadra in maniera più aderente la situazione:
1. Il compimento, con qualsiasi mezzo, di atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara o di una competizione ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica costituisce illecito sportivo. 2. Le società e i soggetti di cui all’art. 1, commi 1 e 5, che commettono direttamente o che consentono che altri compiano, a loro nome o nel loro interesse, i fatti di cui al comma 1 ne sono responsabili. 3. Se viene accertata la responsabilità diretta della società ai sensi dell'art. 4, il fatto è punito, a seconda della sua gravità, con le sanzioni di cui alle lettere h), i), l) dell’art. 18, comma 1, salva l’applicazione di una maggiore sanzione in caso di insufficiente afflittività. 4. Se viene accertata la responsabilità oggettiva o presunta della società ai sensi dell'art. 4, comma 5, il fatto è punito, a seconda della sua gravità, con le sanzioni di cui alle lettere g), h), i), l), m) dell’art. 18, comma 1. 5. I soggetti di cui all’art. 1, commi 1 e 5, riconosciuti responsabili di illecito sportivo, sono puniti con una sanzione non inferiore all'inibizione o alla squalifica per un periodo minimo di tre anni e con l’ammenda non inferiore ad euro 50.000,00. 6. In caso di pluralità di illeciti ovvero se lo svolgimento o il risultato della gara è stato alterato oppure se il vantaggio in classifica è stato conseguito, le sanzioni sono aggravate. 7. I soggetti di cui all’art. 1, commi 1 e 5, che comunque abbiano avuto rapporti con società o persone che abbiano posto o stiano per porre in essere taluno degli atti indicati ai commi precedenti ovvero che siano venuti a conoscenza in qualunque modo che società o persone abbiano posto o stiano per porre in essere taluno di detti atti, hanno l’obbligo di informarne, senza indugio, la Procura federale della FIGC. 8. Il mancato adempimento dell’obbligo di cui al comma 7, comporta per i soggetti di cui all’art. 1, commi 1 e 5 la sanzione della inibizione o della squalifica non inferiore a 6 mesi e dell’ammenda non inferiore ad euro 30.000,00.
Questo quanto prevede la legge, quanto verrà deciso è altra cosa. Per Palazzi e i suoi collaboratori (12, tanto per rendere l'entità dell'inchiesta) sono maturate le condizioni per i primi deferimenti che si attendono per inizio maggio. Certo, saranno con ogni probabilità i primi dato che le inchieste delle procure di Bari e Napoli offriranno ancora spunti per la procura federale con il rischio di prospettare una giustizia più che parziale a scadenze fisse. Qualche collaboratore, pentitosi di aver ricoperto ruolo attivo nella rete del calcioscommesse, ha fornito indicazioni utili alle indagini. Se ne terrà conto, come si terrà conto - qualora le confessioni di Carobbio, Gervasoni, Doni venissero confermate - delle mancanze da parte dei singoli e delle società. I nomi di quei giocatori che non hanno parlato si sono letti tra atti e giornali in un numero esorbitante. Che ne sarà di loro? Che ne sarà di quelle società - comprese quelle di Serie A - che vengono investite da questa storiaccia? A quasi un anno di distanza da quella conferenza stampa a Cremona, la sensazione è che ancora una volta avremo classifiche stravolte e punti di penalizzazione.