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lunedì 30 aprile 2012

Lazio, una stangata buona e giusta


Il Giudice Sportivo ha seguito la linea della fermezza, infliggendo quattro giornate a Marchetti e tre a Dias dopo quella rissa da inserire tra gli spettacoli più ridicoli di fine week-end. Udinese-Lazio e quella scena assurda sono state sanzionate in maniera esemplare. D'altronde i gesti sono stati talmente evidenti e palesemente in contrasto non solo con il codice ma con il senso comune del pudore che non poteva andare altrimenti. Perché quella brutta sequenza di immagini a fine gara ha generato una batteria di domande dopo i fatti di Marassi, l'intervista rilasciata al leader (presunto tale) della curva, l'appello consueto alla legalità in un paese afflitto da una sfiducia cronica che offre spazi riempiti da demagoghi di turno. 


Lo sconcerto - di questo si tratta - più che dalle decisioni di Tosel si prova quando si ricostruzione l'asurda sequenza di avvenimenti scaturiti. Marchetti scrive il giudice sconterà quattro giornate "per avere, al termine della gara, sul terreno di giuoco, posto da tergo le mani sulla spalla dell'arbitro, spingendolo con veemenza". Dias è stato invece fermato "per avere, al termine della gara, nel recinto di giuoco, assunto un atteggiamento aggressivo e gravemente intimidatorio nei confronti del quarto ufficiale venendo trattenuto con la forza dai presenti". 


Alla Lazio è stata data una ammenda da 20.000 euro "per aver omesso di impedire, al termine della gara, l'ingresso non autorizzato nel recinto di giuoco di un proprio dirigente e di un collaboratore, che spingeva un dirigente della squadra avversaria, facendolo cadere al suolo". Tutto a referto, dunque. E così decide il Giudice.


Ma la società di Claudio Lotito (che oggi incassa anche la questione Olimpico) non solo ha annunciato un ricorso incomprensibile, ma ha diffuso una nota che fornisce la versione di Marchetti. In una nota sul sito del club, Federico Marchetti racconta la sua verità: "Mentre stavamo parlando riguardo l'episodio che ha portato al 2-0, l'arbitro (Bergonzi, ndr) mi ha detto di andarmene e che non c'era più niente da dire, girandomi le spalle - si legge -. Io, per richiamare la sua attenzione, ho provato a chiamarlo due-tre volte, ma lui non si è girato. A quel punto ho cercato di fermarlo, attirando la sua attenzione. Visto il mio ottimo rapporto con gli arbitri, che ho sempre mantenuto in carriera, sono andato negli spogliatoi per cercare di chiarire la mia posizione, nonostante il direttore di gara non fosse in quel momento ben disposto dopo un concitato finale di gara. Il mio colloquio con l'arbitro Bergonzi era unicamente incentrato sul chiarimento dell'episodio in questione e sul perché avesse cambiato la sua decisione, convalidando la rete dopo avere detto che il gol era da annullare".


Il ds biancoceleste, Igli Tare, protagonista assoluto della rissa del Friuli si era espresso a Sky Sport24con una certa convinzione sull'opportunità di procedere a un ricorso che in questo clima non invita al dialogo.

Calcioscommesse: sospetti anche in Liga


Nella Spagna, ufficialmente in recessione, il sospetto di inquinamento dei risultati su incontri di Liga irrompe allargando alla penisola iberica e alla Liga le ipotesi di eventuali combine. 
Radio Cadena Ser, emittente radiofonica spagnola, riporta li una denuncia della Lega Calcio Spagnola (Lfp) alla Procura anti-corruzione di tentativi manipolatori relativi a partite di campionato, aggiungendo che anche l'Uefa avrebbe avviato delle indagini in merito alle scommesse legate ad alcuni incontri. Circostanza smentita, come riporta il quotidiano spagnolo Marca, da Javier Tebas, avvocato ed ex vicepresidente della Lfp il quale ha negato sia stata presentata una denuncia relativa alla partita Espanyol-Sporting
A Radio Marca, Tebas ha precisato che: "Nessuna denuncia è stata fatta dalla Lega alla procura anti-corruzione, ma è vero che tre settimane fa ci siamo incontrati con il procuratore generale, al quale rivolgiamo la nostra preoccupazione su questo problema". Affermazioni che potrebbero anticipare un filone spagnolo sul calcioscommesse.

Udinese-Lazio: la soluzione è nel referto

Pereyra se ne frega e mette in rete. Esulta e se ne frega. Quel triplice fischio non sanciva la conclusione di Udinese-Lazio, perché non è stato Bergonzi a fischiare. Prova a spiegarlo, il direttore di gara. Se ne fregano tutti, stavolta di questa pacata spiegazione. Dias espulso, Marchetti spintona proprio Bergonzi, l'ingresso in campo di uomini della società biancoceleste crea ulteriori motivi di attrito e confusione. Viene riportato addirittura di un confronto acceso nel tunnel tra i dirigenti. Igli Tare, un secondo prima inquadrato vicino al presidente Claudio Lotito, lo vedi tra i più attivi giù, in campo nella mischia. Protagonista della rissa che non viene ripresa dalle telecamere.
Una confusione totale, che non permette di comprendere la decisione dell'arbitro e la sua correttezza. Quando Bergonzi riesce a riprendere la situazione in mano, fa riprendere il gioco per poi fischiare poco dopo. L'incontro è concluso: il gol di Pereyra convalidato. Il referto chiarirà quanto accaduto e confermerà o meno il racconto di immagini e testimonianze. Con la certezza che quanto visto non si risolverà nell'indifferenza. 

sabato 28 aprile 2012

Calcioscommesse: la radiazione di Giuseppe Signori

Quanti di voi avrebbero previsto una decisione diversa del Collegio arbitrale del Tnas su  Giuseppe Signori? L'epilogo della vicenda Signori è forse più desolante della stessa minuzione enucleazione degli incontri sospetti che fecero Foschini e Mensurati su Repubblica in merito all'attaccante, il bomber del Foggia del sogno zemaniano e poi della Lazio, del Bologna. La sua squalifica a 5 anni e la preclusione alla permanenza in qualsiasi rango o categoria della FIGC è una sentenza prorompente, a cui Signori replica nella società della comunicazione totale con una nota.
"Per dirla in termini calcistici, la nostra è una partita persa 2-1 e non 3-0". Da parte dell'ex attaccante della Lazio "una constatazione di fatto: non c'è stata un'espressione di maggioranza assoluta". "Non metto in discussione che il mio comportamento andasse censurato per aver accettato quell'invito ed aver partecipato a quell'incontro, piuttosto che per aver scommesso in modo regolare nella convinzione di non essere più un tesserato, ma certo è che andava attribuita la giusta responsabilità ed il giusto valore alla pena - commenta Signori - Ho scommesso in modo regolare da non tesserato in una partita che tra l'altro non ha dato i risultati che mi sono stati imputati, tanto che a tutt'oggi Inter-Lecce non è fra le partite oggetto di combine, così come Atalanta-Piacenza la cui combine è stata attribuita a me come regia ma che di fatto gli atti processuali sia della giustizia ordinaria che di quella sportiva danno una visione e coinvolgono soggetti ben diversi dal sottoscritto". Secondo Signori, inoltre, "il mio tesseramento poi rimane ancora un mistero da svelare, non è ancora chiaro se lo sono o non lo sono. Ho prodotto la prova che non ero e non sono un tesserato, ma vengo giudicato colpevole in quanto tesserato dalla Figc, sebbene io - ad esempio - abbia sostenuto l'interrogatorio in casa e non presso la sede Figc, come avviene per tutti i tesserati. Non posso non pensare che ci sia un metro ed una misura diversa per me, per Beppe Signori". Per l'ex attaccante "la differenza di equità nel giudizio della Federazione è visibile a tutti: i giocatori che sono stati trovati con la valigetta piena di denaro, i giocatori coinvolti negli scambi avvenuti per combinare le partite, anche per le confessioni degli stessi personaggi imputati, hanno avuto sanzioni ridicole rispetto alle prove oggettive". "Non sono stato giudicato in modo imparziale e questo mi irrita - aggiunge - così come provo delusione per il fatto di aver avuto una sentenza sportiva tanto dura quanto ingiusta, nonostante io non sia più tornato alla 'ribalta', nessuno dei pentiti mi ha indicato quale uomo chiave, capo dei capi, partecipe, presente, leader indiscusso in qualsivoglia malaffare...".
Una rabbia esplosa con minuziosa capacità di ammissioni miscelate a astensioni, punto per punto, della tesi della difesa dell'ex giocatore, coinvolto nella prima tranche del filone del calcioscommesse lombardo. Ma questa è una storia diversa, prossima ma differente. La giustizia sportiva ha tempi e modi diversi, che trascendono l'eventualità di una ipotesi amnistia paventata tempo addietro dal pm Roberto Di Martino. Proposta su cui, personalmente, avrei delle perplessità.
A distanza di alcuni giorni dagli interrogatori condotti dal procuratore federale Stefano Palazzi, l'intenzione di procedere con celerità e chiudere la prima parte dell'inchiesta è evidente. "I primi deferimenti arriveranno lunedì 7 o martedì 8 maggio", ha ufficializzato il procuratore chiudendo la prima parte dell'inchiesta sportiva.
"Le date del primo processo? Dipende dai tempi tecnici degli organi giudicanti - ha aggiunto Palazzi - la scorsa estate i procedimenti sono stati definiti in tempi molto brevi con un grande sforzo anche delle difese. L'indagine rimarrà comunque aperta per chiarire altre posizioni e lavoreremo su due piani, inquirente e requirente". Il primo processo prenderà il via presto, prima degli Europei, entro il 20 maggio dietro esplicita richiesta da parte dei vertici istituzionali. Sia Abete, sia Palazzi hanno espresso con estrema chiarezza l'intenzione di avere già materiale sufficiente, senza che ciò induca a ritenere questo procedimento in grado di esaurire l'attività del procuratore federale.
L'acquisizione di nuovi elementi suggerirebbe un risvolto anche per la giustizia sportiva: "La Procura è in collegamento con i magistrati di Napoli - ha ribadito il presidente della Federcalcio - e poi la Procura di Cremona sta svolgendo nuovi interrogatori". La prima parte dell'inchiesta è, appunto, una frazione del tutto. 
In settimana si conoscereà la data in cui dovrebbe essere sentito il presidente del Siena, Massimo Mezzaroma, ultimo convocato di rilievo rimasto fuori da questo ciclo di audizioni.

martedì 24 aprile 2012

Calcioscommesse: Lalic e quelle combine confermate

Ieri sera i primi, brevi resoconti di una giornata di interrogatori a Cremona. Della giornata di Dino Lalic. Sloveno, membro di spicco del gruppo degli zingari incaricato - stando a quanto di legge nell'ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip Guido Salvini - di contattare i giocatori 'disponibili'. Il ruolo non va spiegato oltre. Lalic, ex portiere, è un personaggio di primo piano nella struttura del nucleo che raccordava l'Italia alla rete estera. Celavi, così come viene chiamato, è in Italia da giovedì dopo aver scontato un anno di reclusione a Zagabria una pena inflittagli per vicende simile. Per un calcioscommesse versione balcanica, insomma.

Davanti al gip, Lalic - riporta l'agenzia di stampa ANSA - avrebbe confermato l'identità delle sue entrature. "Erano Carlo Gervasoni e Filippo Carobbio a darci informazioni sulle partite truccate in cambio di denaro". Il giocatore del Piacenza e quello dello Spezia informavano lo sloveno, procedendo alla combine. Così per sei partite, quelle indicate nell'ordinanza: Brescia-Mantova, Grosseto-Reggina (sulla quale gli zingari scommisero ma persero), Empoli-Grosseto e Grosseto-Mantova (sulle quali non effettuarono scommesse), Cittadella-Mantova e Ancona-Grosseto (su cui scommisero e vinsero), incontri disputatisi nel 2010.

Tutti e tre gli 'zingari' sentiti a Cremona hanno indicato nell'ex portiere del Chiasso, Almir Gegic (latitante), l'"intermediario" con i giocatori italiani, mentre Lalic ha ammesso sì di aver incontrato Tan Seet Eng, detto Dan, a capo dei finanziatori del giro delle scommesse di Singapore ma per ragioni diverse dai taroccamenti delle partite. I due si sarebbero  incontrati per trattare giocatori dell'Est europeo intenzionati ad andare a giocare in Asia. Su Carobbio e Gervasoni, però, Lalic, a detta dei suoi legali, Marcello Ceccherini e Kresmr Krsnic, è stato "chiarissimo": "Da loro comperavano notizie sulle partite per scommettere in Serbia, Croazia, Austria e Ungheria".

Un particolare interessante in chiave investigativa che si traduce per gli 'zingari', quindi, nella possibile scarcerazione con divieto di soggiorno nelle regioni dove operavano, cioè Lombardia, Toscana, Veneto e Marche. Ma anche conferme rilevanti per Salvini dopo gli interrogatori di Gervasoni e Carobbio che hanno indirizzato le indagini verso un nuovo filone.

Se ci fossero ulteriori riscontri a questi contenuti, uniti a una rogatoria giunta dall'Ungheria in cui si parla del presunto taroccamento di Lecce-Lazio, si potrebbero rileggere addirittura le prime due fasi dell'inchiesta Last Bet investendo personaggi forse ancora da decifrare. Con quegli arresti annunciati e di cui ancora non si ha notizia da Cremona.


Intanto, da Roma arriva la notiza, precisamente con una nota apparsa sul sito della Figc con cui si ufficializza il rinvio dell'audizione del presidente del Siena, Massimo Mezzaroma chiamato in causa proprio da Carobbio. 

lunedì 23 aprile 2012

Calcioscommesse: Masiello e il pagamento nella stazione di servizio. Rosati da Palazzi

Masiello, Carella e Giacobbe: 230mila euro in tre, versati per la combine del derby Bari-Lecce, quel derby analizzato in ogni minimo dettaglio dalla procura di Bari nell'ambito dell'inchiesta sul calcioscommesse. E su cui gli inquirenti avrebbero acquisito nuovi elementi emersi dagli interrogatori dei giorni scorsi, dettagli trapelati e riportati dalla stampa specializzata nelle ultime ore. La somma, 230mila euro per inteso, sarebbe stata indicata proprio in questi ultimi incontri con i magistrati baresi a cui sarebbero state specificate anche le modalità di versamento.


I primi 50mila furono consegnati all'hotel Tiziano di Lecce il 22 agosto 2011, la restante parte del denaro pattuito fu saldata in più tranche, versate durante incontri in una stazione di servizio sulla tangenziale di Bari. Intanto Erik Huseklepp, l'attaccante norvegese transitato per Bari nella seconda parte della scorsa stagione, quando ormai la situazione era segnata, nega o ritratta tutto. "Non ho mai pensato né visto queste cose", ha detto ai microfoni di Radio Manà, in riferimento alle minacce degli ultras ai baresi.


Ma un secondo elemento emerge in queste ultime ore ad aggravre il quadro relativo a quel derby di fine campionato. Riguarda l'accompagnatore di Carlo Quarta indicato come l'emissario del Lecce secondo quanto riportato tempo addietro da Repubblica e che anche stavolta riporta l'identità del secondo. Si tratterebbe di Andrea Starace, legale salentino, identificato in foto da Masiello e da Carella durante l'interrogatorio dinanzi al pm Ciro Angelillis. Il tutto da verificare, perché si tratterebbe comunque di una indicazione di parte.


Sul versante della giustizia sportiva, come da calendario si è presentato negli uffici romani della Procura della Federcalcio, Antonio Rosati, ex portiere del Lecce e ora al Napoli per chiarire la propria posizione. 

Le accuse relative a Lecce-Lazio avanzate da Carlo Gervasoni sono rigettate da Rosati, interrogato oggi pomeriggio dai collaboratori del procuratore Stefano Palazzi. "Il giocatore è del tutto estraneo al calcioscommesse - ha spiegato Paolo Rodella, avvocato del giocatore - Ci hanno soltanto chiesto chiarimenti sulle solite partite (presumibilmente anche Brescia-Lecce 2-2 del 27 febbraio 2011 e Inter-Lecce 1-0 del marzo 2011, ndr)". 

Genoa: due gare a porte chiuse non sanano questo calcio. La procura federale apre un fascicolo

Si toglie la maglia per dire che si molla. Si toglie la maglia per stizza. Da ieri si toglie la maglia per indicare il cedimento, il franare delle resistenze culturali e civili di fronte all'Anticalcio. Nello stadio Luigi Ferraris, il circo di Ivan Bogdanov e dello scempio procurato e dell'allagamento ingestibile, si consuma il reality show del pallone nostrano in cui i facinorosi noti, schedati e numerati prendono in ostaggio i giocatori, l'arbitro, il presidente di una società di Serie A come il Genoa. Per 40'. Per 40' non si gioca, i genoani si tolgono la maglia per consegnarla al capitano Marco Rossi (tutti ad eccezione di Giuseppe Sculli che media con la curva) il quale a sua volta le cede a questi presunti tifosi. 


Enrico Preziosi intima ai suoi di cedere. E' un atto condannato da parte delle istituzioni calcistiche , sportive e della pubblica sicuzurezza in questo ennesimo day after in cui si dibatte del dio pallone senza alcuna remora nell'argomentare. Eppure erano presenti le forze dell'ordine. Erano in unità sufficienti, hanno ribadito le autorità competenti. Perché sia accaduto ciò, perché si sia ceduto a un ricatto simile supporterebbe solo la tesi di quanti affidano al contesto calcistico un ordine, un codice proprio a cui si risponde solo all'interno degli stadi e che non si riesce a spezzare. Ma la sociologia non serve se non fornisce le indicazioni per ripristinare la civiltà, il rispetto, le regole in un luogo dove vige solo la violenza. 

Il sequestro di Marassi può scivolare nell'indifferenza delle istituzioni? Lo Stato arretra anche davanti agli ultras per partorire una molteplicità di Daspo e provvedimenti restrittivi? Se la risposta è quella del questore, Massimo Maria Mazza in polemica con Preziosi, il problema rimarrà tale. "Ho chiesto che non si assecondasse la richiesta ricattatoria del levarsi la maglia, perché avevamo abbastanza uomini per poter garantire l'incolumità dei giocatori. L'indicazione non e' stata della questura, dobbiamo capire se è stata una decisione della società piuttosto che dei giocatori. La società non è mai lasciata sola nella maniera più totale, noi abbiamo garantito che avevamo la forza idonea per garantire la sicurezza". 

Vedremo, vedremo che ne sarà anche sul versante della procura federale che ha aperto un'inchiesta a carico di dirigenza e giocatori sulla trattativa.

Ottimo, peccato che un gruppo di facinorosi abbia assunto il controllo di una struttura sportiva, che abbia minacciato, abusato, spadroneggiato fino a costringere il direttore di gara ad assumere la decisione di sospendere la partita. Asserire che le società sono responsabili e che vantano degli steward non cancella l'emergere di una questione di ordine pubblico come quella di ieri. 

Com'è accettabile che si assista a un sequestro che ha messo a repentaglio l'incolumità dei presenti e ritenere che questa dimensione appartenga di competenza alla sola sfera delle società? I provvedimenti, dopo i vertici ormai di routine a cui ci siamo purtroppo abituati all'indomani di questi avvenimenti, non contano. Sono rivolti quando il peggio si è visto. Neanche giocare a porte chiuse due turni (penalizzando gli spettatori paganti in grado di assistere civilmente a un incontro) può ritenersi una soluzione. Togliamo il palcoscenico a questi attori mediocri, ne gioveranno le società. E le curve stesse.