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sabato 9 ottobre 2010

Juve: se Buffon parte, arriva Forlan?


Gianluigi Buffon è il migliore. Gianluigi Buffon è il portiere della Juventus e della Nazionale. E' l'unico nel suo ruolo a valere quanto e più di un attaccante. Non c'è storia, spazio, posa che si accompagni a una vittoria in cui il suo contributo non figuri. Rinunciare a lui chiuderebbe un ciclo. Ne aprirebbe un altro? Non saprei. Non osservo che cieli neri. Per questo e perché non credo che Milos Krasic possa - da solo - superare i limiti di questa compagine rifondata, non credo - ancora e di più - che si possa tornare grandi svendendo tenacia e determinazione non lo auspico. Non avallo la cessione al Manchester Utd (si rumoreggia assai su questo trasferimento), come non condividevo l'ipotesi City.


Non mi curo di quanti leggono sommariamente bollettini, note, comunicati sul decorso postoperatorio sperando di rinvenire parole di sostegno a una blanda tesi che lo veda partire da Torino per Manchester o qualunque altra orrorifica città industriale inglese. E non mi curo di quanti, scansati i lettori ossessionati delle condizioni cliniche, riportano alla ragioni di bilancio ogni manovra. La gestione va considerata. Se si non si sanno equilibrare le voci in capitolo, è difficile gli investimenti rendano. Quindi, boccio senza appello questa esigenza spudorata e insistente di inserire Buffon nella lista dei partenti. E se sarà, non credo si possa semplificare tutto nell'una o nell'altra ragione come non è stato per David Trezeguet.



Neanche se dovesse concretizzarsi l'ingresso nello spogliatoio di Vinovo di Diego Forlan. Che sia l'attaccante più interessante da inserire nell'organico bianconero lo sostengo da tempi addirittura precedenti al Mondiale. E' una mera questione di ingaggio? E' un vezzo? E' davvero l'esigenza che ci paventa a tutta pagina lo spagnolo 'As' a dettare così tanta cautela nell'uruguayano? Edin Dzeko rimane l'obiettivo per giugno, ha affermato a più e più riprese il neodg Giuseppe Marotta. Ci sto. Va bene. Anzi, è una dichiarazioni d'intenti lodevole dopo lo scempio consumatosi con la cessione iniqua di Diego al Wolsfburg - società che detiene guarda un po' il cartellino del giocatore - ma non sottovalutiamo Forlan, por favor. Il contratto fino al 2014 e la volontà di fermarsi a Madrid (Atletico) vanno tenute da conto. Ovvio. Eppure qualcosa mi induce a non marcare le dichiarazioni e ad aspettare. A pazientare.

mercoledì 6 ottobre 2010

Chiellini: "Krasic? Spero gli venga un po' di influenza..."



Juve o Nazionale? Italia o società di appartenenza? Sicuramente per Giorgio Chiellini ci sono l'una e l'altra. Due maglie, quella azzurra e quella bianconera, a cui è legato visceralmente. E che non mancano nelle risposte puntuali del dottor Chiello, investito anche della fascia di capitano, durante la conferenza stampa odierna dal ritiro di Coverciano.


JUVE CHAMPIONS — Partiamo dalla sua squadra e dagli obiettivi: “L’Inter resta la più forte, anche se la speranza è che abbia un po’ meno fame di vittorie. La verità è che noi dobbiamo fare il salto di qualità contro le squadre più deboli. Dobbiamo essere più bravi quando si tratta di fare la partita”. L'obiettivo, inevitabilmente, riguarda la zona alta della classifica: “Quest’anno sarà fondamentale arrivare in Champions, sotto tutti i punti di vista. Compresa la possibilità di attirare in futuro giocatori che possano fare la differenza. Quest’anno non ci sono stati dei ‘no’ al progetto Juve. Quelle di Borriello e Di Natale sono state scelte di vita”. Il prolungamento di contratto tarda ad arrivare. Ma preoccupa? “Slitta il mio rinnovo del contratto? Solo perché ancora non ho il dono dell’ubiquità. Mancano pochi dettagli, dopo la Nazionale parleremo. Ma c’è stata la stretta di mano, e per me basta quella. Il City? Che io sappia non si è mai fatto avanti. Di sicuro non con me, credo neppure con la società che non ha mai manifestato la voglia di trattare”. Intanto preoccupa - ancora - la notizia dell'ernia discale di Leandro Rinaudo. Quanto rimarrà fuori? Troppo, consideranso lo stato della difesa juventina.


NAZIONALE - Irlanda del Nord e Serbia aspettano. “Sono partite cruciali” ammette Giorgio Chiellini. Cruciali perché, anche da qui, passa la qualificazione ai prossimi Europei. “Vero, a cominciare dall’Irlanda, che ha mancato di pochissimo il Mondiale e in casa si esalta. Dovremo essere pronti a una battaglia sportiva. La Serbia ha più tecnica, ma sono due gare ugualmente difficili”. Lo scotto del recente mondiale sudafricano sono ancora evidenti. Così, volendo andare oltre le questioni di modulo e il ruolo di Cassano, Chiello ammette che la voglia di riabilitarsi è cresciuta: “E’ così, la voglia di riscatto c’è sempre, ma passa da un percorso che ci potrà portare all’Europeo, non da una sola partita”.


KRASIC - Parole di elogio sono spese poi per il giocatore rivelazione di queste prime giornate, Milos Krasic: “Krasic? Quando l’hanno preso sono stato uno dei primi a dire che ci avrebbe fatto comodo. Certo, non pensavo che ci avrebbe fatto così comodo da subito. In Italia succede che poi ti prendono le misure e trovi delle difficoltà, ma ci darà una grande mano. E finora è stato quello che ci ha dato quel qualcosa in più. Spero (ride) che prima della partita contro di noi gli venga un po’ di raffreddore, un po' di influenza…E se c’è da dargli una bottarella gliela daremo, anche se Del Neri si è raccomandato: ‘Non fargli male che ci serve’…”.

lunedì 4 ottobre 2010

Inter-Juve, pari spettacolo a San Siro. Video



Di Inter-Juve tengo la dissolutezza di Milos Krasic, la capacità di impostare di Alberto Aquilani, le geometrie che funzionano (finalmente), l'ordine, l'incontenibilità di Samuel Eto'o, la rabbia dell'antagonismo senza remore e ipocrisie. E anche l'orgoglio.

Butto via le entrate di Chivu e Lucio, la confusione di Motta, la svogliatezza di Quagliarella, l'inquietudine di Milito.

Io non firmo per il pari. Mai. Ma questa è un'altra storia.


sabato 2 ottobre 2010

Del Neri: "Non firmo per il pari". Spazio a Amauri

 
 
 
A Manchester la Juventus ha dimostrato di poter risalire. Un risultato come il pareggio conta, se pochi giorni prima una vittoria e i tre punti si sono conquistati dimostrando che la tenuta fisica c'è. Alla vigilia del derby d'Italia, Luigi Del Neri indossa la sua maschera di pacatezza con quell'aggressività di chi, seduto sulla panchina bianconera, non può che galvanizzarsi a poche ore da Inter-Juve. Si gioca per vincere, ha risposto l'allenatore. Una frase da tecnico della Juve.
 
 
CALCIOPOLI - "Si affrontano due squadre di grande spessore, sarà una partita particolare, c’è grande antagonismo. Calciopoli? Con l'Inter c'è un antagonismo di vecchia data, ma del processo non ci deve interessare molto, pensiamo soltanto al campo".
 
 
NON FIRMO PER IL PARI - "Se firmo per un pareggio? Non firmo mai. Se una vittoria può cambiare la stagione? Ultimamente ogni partita è un'esame, giocheremo cercando una buona prestazione, scenderemo in campo con grande attenzione per i nostri avversari alla ricerca di un miglioramento. La nostra arma in più potrebbe essere l’aggressività, e puntiamo sulla tecnica. L’Inter è una squadra di grandi palleggiatori, Eto’o è molto più incisivo da quando non ha obblighi difensivi. Non credo che l’Inter sia dipendente da un giocatore, è una squadra compatta, sta ottenendo grandi risultati perché è compatta".
 
 
FORMAZIONE - Un po' di pretattica è ordinaria segnalazione per l'allenatore che non svela anticipatamente gli uomini del suo undici come ormai di tendenza negli ultimi incontri con la stampa: “Se giocano Melo e Marchisio? Più facile che giochino Aquilani e Melo. Amauri? Se sta bene gioca. Se non sta bene non lo convoco. Ora non mi fate dire tutta la formazione. De Ceglie? Aveva bisogno di riposo, l’infortunio gli ha permesso di tirare un po’ il fiato. Sono sereno nelle mie decisioni, mi concentro sui giocatori e sulla squadra. Dobbiamo stemperare le pressioni e scendere in campo al top. L’errore da non fare? Essere presuntuosi dopo la buona prova di Manchester, ma so che contro l’Inter non c’è pericolo: abbiamo troppo rispetto per i nostri avversari”.

 
NESSUNA PAURA - “Abbiamo giocatori abituati a grandi sfide, non credo che soffriremo il fatto di giocare in trasferta a San Siro. Molti dei nuovi hanno giocato partite importanti con la Nazionale. I tifosi? Mi hanno dimostrato affetto, non pressione. E’ la partita più importante di questo periodo della mia carriera. Sarà una gara intensa, c’è antagonismo di vecchia data. Dobbiamo pensare a fare bene in campo, Calciopoli non ci deve interessare molto. La condizione fisica? Nelle ultime due settimane abbiamo giocato molte partite, tenendo botta. La squadra è proiettata verso una condizione fisica ottimale, ma anche il fattore psicologico è importante".
 
I CONVOCATI - Ecco l'elenco dei convocati in vista dell'Inter: 2 Motta, 3 Chiellini, 4 Felipe Melo, 5 Sissoko, 8 Marchisio, 9 Iaquinta, 10 Del Piero, 11 Amauri, 13 Manninger, 14 Aquilani, 18 Quagliarella, 19 Bonucci, 20 Lanzafame, 21 Grygera, 23 Pepe, 25 Martinez, 27 Krasic, 29 De Ceglie, 30 Storari, 31 Costantino, 33 Legrottaglie.

mercoledì 29 settembre 2010

Roberto Mancini e la Juve: un futuro prossimo venturo



Mai dire mai. Io aspetto. Perché so essere paziente. E' arte che ho appreso con il tempo e l'esperienza, tra gli errori di chi scivola per eccesso di emotività in ingenui entusiasmi e le osservazioni concrete dei fatti che prepotentemente ti affondano nelle verità che vanno solo ricostruite. Roberto Mancini era l'uomo giusto. Lo sarà al momento opportuno. Quello che ha asserito in conferenza stampa - quella che precede l'incontro di Europa League tra la Juventus e il Manchester City - è solo il reiterarsi di un quadro noto o il percorso che verrà.

"Io allenare la Juventus in futuro? E perché no? In fondo non ho mai avuto alcuna avversità nei confronti di quella squadra, tant'è vero che da piccolo ne ero tifoso. Ora sono concentrato sul conseguimento di tanti successi qui a Manchester, ma nel calcio non si può mai sapere cosa può accadere, dunque mai dire mai".

Quando fu tempo di ribaltare, Ciro Ferrara fu allontanato dopo essere stato egli stesso subentrato a Claudio Ranieri in un volteggiare di nomi su una panchina prestigiosa, blasonata. Che mai, fino ad allora, aveva optato per la dolorosa scelta dell'esonero. Una sconfitta interna più pesante di un risultato negativo. L’unico tecnico di spessore libero quando anche per il delfino dell'ex Marcello Lippi parevano maturi i tempi dell'abbandono era il Mancio che l'11 dicembre 2009 aveva manifestato la propria disponibilità al quotidiano sportivo Tuttosport: "Non sono un nemico della Juve, anzi ero un suo tifoso", aveva dichiarato.

Allora si menzionava un progetto condiviso dagli Elkann con l'ad Jean Claude Blanc e il ds Alessio Secco che avrebbe portato a Torino anche lo staff di fedelissimi del tecnico Ivan Carminati e Giulio Nuciari, rispettivamente pre­paratore atletico e dei portieri sia du­rante l'esperienza laziale del Mancio, sia successivamente all'Inter. Un progetto diverso, uomini diversi. Meno di un anno fa. Ma tutto può mutare 8di nuovo), se si sa aspettare.

Morto Bruno Giorgi: lanciò Roberto Baggio



Da allenatore lo ricorderò per aver scoperto Roberto Baggio. E per i suoi capelli. Era un difensore che (Reggiana, Palermo) appartiene alla schiera di chi è passato al ruolo di guida tecnica. Un partito numeroso per quanto folto pocco definirsi. Oggi mi è tornato in mente senza che lo volessi perché purtroppo una malattia ha deciso per me, ha deciso per lui. Così è scomparso all'età di 69 anni, in una clinica di Reggio Emilia, dov'era ricoverato per un male incurabile. Roby parla di più e si affida a poche, sentite, frasi per manifestare il proprio rammarico sul suo sito internet:

«Si è spento Bruno Giorgi, uomo vero del calcio. Siamo tutti vicini ai suoi familiari, a cui vanno le nostre condoglianze»


Tutto ebbe inizio dalla Reggina, la sua squadra, ma la storia lo segna affidandogli il Vicenza (1983-'86) dopo una gavetta tra Serie C e cadetta, in cui lanciò quel ragazzino che prometteva bene e che si mostrava taciturno, pensieroso. Poi fu la Fiorentina, tra il 1989 e il '90. Giorgi fu esonerato, sostituito da Ciccio Graziani, che portò i viola fino alla finale di Coppa Uefa poi persa contro la Juventus. Brescia, Atalanta, Genoa e ancora in due tappe il Cagliari. Giorgi fu poi richiamato dopo l'esonero di Giovanni Trapattoni, garantendo alla squadra la permanenza in Serie A. Raggiunse l'obiettivo e poi lasciò, fatto quel che doveva.


martedì 28 settembre 2010

Bravo Balotelli, il padre: "Da bambino era della Juve"


Mettiamo che nasci a Palermo da genitori ghanesi. Mettiamo che emigrano al Nord, in provincia di Brescia magari e che lì figliano ancora. Tu giochi bene a pallone e diventi Mario Balotelli. Sì, quello che giocava nel Lumezzane e che l'Inter decide di comprare. Ma tieni per il Milan di cui hai indossato la maglia solleticato da Valerio Staffelli di Striscia la notizia. E per disorientare a un certo punto rispondi alle domande dei cronisti con un possibile ni al trasferimento alla Juve quando è chiaro che Mou e la società non ti garbano più. Ti lasci sedurre dal Manchester City e da 3,5 milioni di ingaggio l'anno. Sei quello che porta addosso Padre Pio. Tuo papà, il padre naturale, ammette in un'intervista rilasciata a 'Diva e Donna' che tu - il bad boy - tifavi Juve. Come Roberto Mancini (io avrei voluto lui sulla panchina della Juventus, è noto).

"Mario oggi dice di essere milanista? Forse non ricorda che da piccolo era juventino, come me: giocavamo a calcio insieme e io ho sempre ammirato Del Piero perché è rispettoso e calmo". Continua: "Ai nostri figli insegnamo il rispetto degli altri. L'ho detto a Mario: 'Non litigare in campo'".

Poi è andata come è andata. E le note comportamentali non avranno giovato all'epoca del presunto interessamento di corso Galileo Ferraris che non gradisce forse le tue indisciplinate perdite di controllo. Nello spogliatoio e in campo. A cui neanche il Mancio, forse, avrebbe saputo porre gli argini.