Il blog di Elisabetta D'Onofrio, un tentativo di citazionismo al contrario su un certo calcio, su un certo giornalismo
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venerdì 25 dicembre 2009
Aggredito Benedetto XVI: cade, si rialza e celebra la messa di Natale. Video
Quando non ti riesce un'impresa al primo tentativo, ci riprovi. Susanna Maiolo ('Non volevo fargli del male') aveva già tentato di scippare la veste papale a Benedetto XVI in una occasione simile un anno fa. Neanche stavolta riesce a manifestare la sua devozione. The woman in red, vittima di un persuasorio ritenta ancora o subordinata forse a un cantilenante ripetersi preserale, ha scelto il pacco Ratzinger ma la peggio l'ha avuta il cardinale Roger Etchegaray. Rottura del femore per lui. Susi il suo quarto d'ora di notorietà se lo è guadagnato. Ma il secondo - in dodici mesi - non rischia di compromettere l'equilibrio fissato dal maestro Andy Warhol?
mercoledì 16 dicembre 2009
Quelle scuse a metà di Mourinho
Il fatto. Un allenatore di una squadra di Serie A, la squadra Campione d'Italia, domenica scorsa a Bergamo allontana un cronista accreditato di un noto quotidiano sportivo italiano. Il suddetto tecnico - portoghese - maestro di comunicazione insulta il giornalista reo di non essersi recato in sala stampa, ma dietro autorizzazione dell'ufficio stampa di essersi avvicinato al pullman del club. A quanto riportano altri, il noto allenatore lo avrebbe addirittura strattonato.
Josè Mourinho ha inveito contro Andrea Ramazzotti. No, magari no. Magari è un campo di periferia. Ma non sarebbe stato ammessibile comunque, non solo secondo la Ussi. Non solo per la Procura della Federcalcio nella persona di Stefano Palazzi. Si tratta di civiltà. E di sottrarsi a quella fastidiosa ipocrisia che aleggia in un caso che pare tutto tranne che annoverabile tra il meglio di Special one.
lunedì 14 dicembre 2009
Berlusconi attack: Silvio aggredito a Milano
La strategia della tensione di cui ha parlato la Cei il giorno della celebrazione dei 40 anni dalla strage di Piazza Fontana, violata nel giorno del ricordo dell'attentato senza verità, merita una analisi articolata. E non giova, a questo Paese, che una simile riflessione sia inquinata se non in tutto in parte dall'odiosa aggressione odierna.
Il bollettino medico puntuale letto dopo il ricovero di Berlusconi, Silvio elenca: lesione lacero-contusa interna ed esterna, una infrazione al naso e due denti lesi, di cui uno superiore fratturato. E' il premier, il primo ministro, il Presidente del Consiglio. Nel comizio di Piazza Duomo, a Milano, B. aveva replicato con la consueta veemenza alle accuse urlate dalla folla ma non ha disatteso il consueto passaggio tra la folla e il Duomo lo ha colpito. L'oggetto con cui, infatti, è stato ferito al volto è un souvenir cafonal che gli è stato lanciato contro da Massimo Tartaglia (un fenomeno nel bene e nel male sui social network), identificato grazie alle riprese televisive e immediatamente bloccato dalle forze dell'ordine. Dieci anni di cura presso il servizio di igiene mentale e nessun legame con gruppi sovversivi.
Trasportato al San Raffaele, il PdC è stato sottoposto a Tac per verificare la gravità delle ferite. «Mi ha detto di sentirsi miracolato - ha raccontato Emilio Fede durante l'edizione serale del Tg4 - perché un centimetro più su e avrebbe perso l'occhio. Naturalmente è dolorante, gli sono stati somministrati analgesici e non credo proprio - sottolinea Fede - che si tratterà di una cosa di sole 24 ore perché ha la frattura del setto nasale, due denti fratturati, ferite alle labbra». Solidarietà, non solidarietà, scarsa copertura Rai (analogico o in chiaro, come preferite), contraddittori incompiuti. Il solito.
venerdì 11 dicembre 2009
Roberto Mancini, il migliore possibile
Uomini pochi allineati. Guasconi e strafottenti e arroganti e eccellenti in ogni ovvia, metodica pratica che al loro intervenire si rivela luminosa. Così è essere un numero dieci, un uomo mercato dall'intuizione rara, un attaccante di fantasia, un tecnico da sette trofei dopo decenni di nostalgia assolata. Che si attacca in una Milano sul finire del campionato, come quando si è Roberto Mancini.
Essere Mancini non è da tutti. Non è per chiunque, Roberto. D'altronde la panchina della Juventus non si affida ad allenatori indisciplinati o molli in un simile momento di disfacimento del vecchio corso e in cui si prova ad intraprenderne uno nuovo. Grazie e altrettanto, quindi agli altri che non siano il Mancio.
Nel processo grossolano a cui è stato sottoposto Ferrara - più Mourinho che Ciro nella conferenza pre Bari - si sono indicati in Claudio Gentile, Luciano Spalletti (prima che firmasse il triennale con lo Zenit San Pietroburgo), in Guus Hiddink i successori senza che nessuno di questi sintetizzasse quei requisiti che il Mancio oggi, in due distinte interviste (raramente si è prodigato nello spendere una simile loquacità), ha ribadito di possedere per poter risollevare questa squadra compromessa nell'identità stilistica, estetica e formale. A Tuttosport ha raccontato di un passato sentimentale, una sorta di amarcord marchigiano:
"Da bambino mi sorbivo ore di pullman dalla mia Jesi per venire al Comunale a tifare la Juve".
Stessi toni affabulatori nelle risposte meno esaltanti riportate da Il Giornale in cui all'ardore preferisce la morigeratezza e la solidità:
"Ripeto, alleno per mestiere. Non è un discorso di Juve o di altri. Vado da chiunque mi voglia e mi offra un progetto. Non ho la presunzione di scartare nessuno".
Ha costruito un gruppo di giocatori vincenti, i migliori per quel sistema di gioco e quegli obiettivi. Ha contenuto le critiche e compattato - con momenti di tensione e difficoltà - lo spogliatoio. Ha saputo gestire temperamenti irrequieti. Forse è proprio lui, siano clementi gli ortodossi, il migliore possibile.
giovedì 10 dicembre 2009
La coscienza di Ciro. Riflessioni su Juventus-Bayern Monaco una disfatta annunciata
Giorni sbagliati, ma diversi. Ciro Ferrara, quella maglia l'ha indossata e l'ha tatuata con segni indelebile del colore della china sull'avambraccio destro quando ancora l'Avvocato telefonava alle sette del mattino. Ciro Ferrara, adesso, non riesce a star seduto su quella panchina dell'Olimpico. "Siamo tutti colpevoli", diranno. Dirà Alessandro Del Piero. E' un capitano, e che capitano, quello su cui gravano le delusioni, i 15 milioni a salire di perdite finanziarie che ne derivano, gli abbattimenti del valore in borsa delle azioni della società (quotata, sì). Lo ha affermato nelle interviste anche lui, il tecnico scugnizzo. L'esclusione dalla Champions League non è affare di Del Piero, di Ferrara o della Juventus come undici indisponente, confuso, goliardico fino ad apparire goffo in alcuni momenti dell'assedio bavarese. La rottura con quanto è stato, con l'identità che rivendicavano dagli spalti, con lo stile Juventus va imputata ai fautori di un nuovo corso che non paga neanche sul versante economico.
Non crocifiggo Ciro, ma gli domando perché quei cambi. E perché Felipe Melo pare così inquieto, insofferente e indisciplinato più del dovuto. Diego si è palesato a sprazzi: del trequartista incontenibile in duplice veste rimane poco, appannati ricordi di una stagione appena iniziata in cui si folleggiava incitando reduci a inneggiare a obiettivi ambiziosi. Della tradizione. Dov'erano? Dove si sono rifugiati? I dubbi su questo reparto arretrato aumentano: è stato composto a fatica attendendo gli ultimi istanti del mercato estivo per tagliare i costi del trasferimento di Fabio Grosso dal Lione o superando la linea del comune senso della valutazione e ingaggiare il centrale Fabio Cannavaro (l'esperienza è molta e non ci si aspetta che la medesima lucidità si ravvisi su ogni fronte). Martin Caceres vale tanto quanto chiede il Barcellona, da cui è arrivato in prestito? D'accordo sulle valutazione d'insieme scritte sui quotidiani sportivi. Contro l'Inter è stata un'altra storia, ma non annoveriamola come perfezione combinata di modulo, schemi e gioco (a esclusione fatta per il gol di Marchisio).
Mister Ferrara, è giunto il tempo di cambiare e di lasciare spazio a quanto invocato dal capitano, da te. Responsabilità. Come assumerle, vedi tu. Vedete voi (leggere qui).
sabato 28 novembre 2009
Eutelia: cassa integrazione ordinaria e minacce
Cassa integrazione ordinaria. Ogni giorno domando. E arriva, puntuale, la conferma. "Sì, anche lei. Sì, anche lui".
Si sceglie di fare il giornalista per raccontare le storie nascoste, ricostruire con i tasselli mancanti mosaici discontinui. Federico Ruffo, giornalista di 'Crash' in onda su Rai Educational, indaga sulle ambiguità della vicenda Eutelia da un mese quando il 10 novembre diventa testimone dell'irruzione dell'ad Samuele Landi e delle guardie giurate che lo accompagnavano.
"Ruffo, sei morto", legge sul muro dello stabile il 26. La denuncia, le indagini, il girato da montare. Nessuna resa. L'inchiesta prosegue.
venerdì 13 novembre 2009
Eutelia, una storia italiana
Metabolizzo. Appunto. Scrivo. Ricompongo i pezzi. Frammentario, comunicazioni interrotte, incastri che si tramutano in intersezioni. Una storia italiana.
Il ragazzino dispone di testa e ingegno. Intuisce le potenzialità della Rete e progetta una sorta di pre-Google tra le colline aretine, architettura di un primo motore di ricerca italiano. Inquieto, appassionato di moto fino ad avventurarsi nella Parigi-Dakar ripetute e svariate volte (tre), ha una tensione che esprime attraverso la creazione di una azienda che esula dalla tradizione familiare. Finanziaria, assicurazioni, immobili.
Ma non sono quelli consolidati, i suoi interessi. La spregiudicatezza lo conduce a rischiare. A rischiare con Plug it e la controversa questione degli 144 e degli 899. La reazione dell'Autorità delle Comunicazioni è severa, eppure l'ascesa - rapida e continua - non si arresta. Plug it - divenuta nel frattempo Eutelia - fagocita Freedomland, Edisontel, Getronics e altre aziende ancora. Nomi che ricorrono, individui che figurano all'occorrenza presidenti, produttori o amministratori delegati e con cui condivide l'ossessione-passione per il paracadutismo al Sky Dive Tortuga Arezzo. E lì è Capitan Uncino.
Ma il gioco delle scatole cinesi (o delle celle) non è gradito. Né dalle aziende concorrenti che operano nelle regole né dall'Autorità che le impone. L'impero è già sgretolato quanto organizza una sorta di squadra evocativa che fa irruzione in quel che rimane della sede romana di via Bona, occupata dal 28 ottobre dai lavoratori senza stipendio. E che sopravvivono nella condizione di non capire che cosa accadrà.
L'annuncio della cessione di Eutelia a Omega Spa affonda nell'incertezza i dipendenti. Alcuni confluiscono in Agile, una srl legata a Omega e Libeccio. Il ridimensionamento del personale è ovvio. Negare, anche. Guardie, questurini, un ragazzino con una giacca e l'ostinazione di mantenere fermo un diritto che parrebbe infondato. Un comunicato, precisazioni, dichiarazioni dopo un silenzio annoso. Parole, parole, parole. Il capitalismo gotico impastato tra Arezzo e il Valdarno esonda e ribalta anche lui, quello che era un ragazzino. Samuele Landi.