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sabato 12 giugno 2010

Report contro la "legge bavaglio"




Mamma Rai ci dona Milena (Iole) Gabanelli. E con lei questa mal trattata specifica presente nel ddl intercettazioni (o anche legge bavaglio) tra giornalisti pubblicisti e professionisti. Non è questione da scansare, questo minuziosa distinzione operata nel testo.

Nell'azienda concessionaria di servizio pubblico (la Rai) gli operatori sono in larga maggioranza iscritti all'albo. Non tutti a quello dei professionisti. E come la mettiamo nei giornali tradizionali con i grafici? Le figure come produttori o realizzatori in un marasma come quello dell'universo-mondo dell'informazione non sono da meno. Pubblicisti e professionisti, roba da giornalisti. Mica vero, qui si tratta di diritto all'informazione. E l'iscrizione ad albi professionali (o caste o corporazioni come più gradite) non è indispensabile perché si alimenti il dibattito in seno all'opinione pubblica. Affatto.

venerdì 16 aprile 2010

RAImondo Vianello, scorrono i titoli di coda



Addio Raimondo, la migliore chiosa l'avresti trovata tu.

"Mi hanno detto dei tuoi viaggi/ mi hanno detto che stai male/ che sei diventata pazza/ ma io so che sei normale".

giovedì 11 febbraio 2010

La Rai che non c'è (di Mediterraneo, della Melevisione e altre catastrofi)


Scrissi, in tempi non sospetti, che la Melevisione (visitate il sito) era il programma Rai migliore della prima metà degli anni Novanta dal punto di vista autoriale. Dopo aver appreso della chiusura in programma della rubrica di informazione Mediterraneo, si palesa la medesima eliminazione dai palinsesti riuniti di questo esempio di equilibrismo tra narrazione, interpretazione, scrittura televisiva.

L'involuzione culturale dettata dalla ragion di mercato imporrà la cancellazione dalla fascia pomeridiana di quelli che lo snobbismo lessicale evita di definire tv dei ragazzi, L'espressione, a me, invece garba parecchio. E disturba lo sgretolamento dell'azienda che in nome di una strategia di razionalizzazione annulla il GTRagazzi e Trebisonda. Rai Tre non manderà più in onda Il Gran Concerto, trasmissione di musica destinata ai bambini, e i programmi del week end come Il videogiornale del Fantabosco e Mamme in blog.

Il centro di produzione di Torino, da cui si irradiò la rivoluzione mediatica scaturita dall'avvento dell'Uri-Eiar, ospita gli studi in cui si registrano questi programmi che si trasferiranno su Rai Gulp! e Rai Yoyo, i canali verticali dedicati al pubblico di età scolare che la tv di Stato ha predisposto sulla piattaforma del digitale terrestre.

In quel buco, così appetibile, si inseriranno formati più semplici, più generalisti in una programmazione orientata al mercato. La funzione educativa, quella che si ravvedeva nel contratto di servizio, è offuscata. Pronta a spegnersi al tocco di quel tasto rosso sul telecomando.

Una autoesclusione (l'ennesima) dalla Casa della tv di qualità incomprensibile. «La decisione mi è stata comunicata dall'azienda circa un mese fa» ha spiegato Maria Mussi Bollini, capostruttura di Rai Tre per i programmi di bambini e ragazzi. «Non c'è nessuna certezza riguardo la ricollocazione dei programmi sul digitale terrestre: il pericolo è che la Rai disperda il lavoro di anni, in cui è riuscita a dare un'identità di qualità ai programmi per bambini, intesi come tali, e non come mini-divi che partecipano ad una gara di canto o di ballo».

«Stiamo ricevendo tantissime e-mail di solidarietà da genitori e bambini, ma non so nemmeno a chi mandarle in Rai» conclude sconsolata. e i gruppi su Facebook, il social network più social, aumentano.

In una società sempre più schizofrenica, colta in una fase di ricollocazione tra piattaforme nuove o pronte ad essere lanciate, il servizio pubblico stenta a riconoscersi come centro di produzione culturale preferendo che un persistente iperspot vestito da talk detti le regole.

In un'intervista recentissima il professor Aldo Grasso, ordinario di Storia della televisione all'Università Cattolica e critico per il Corrierone, rammenta quanto questo genere si sia evoluto marcando i confini. «L’’identità l’ha trovata da qualche anno con L’albero azzurro, la Melevisione, i personaggi del Fantabosco, cioè quando è nato un centro di produzione dedicato a Torino, in cui si è portato avanti un progetto di ricerca, una proposta creativa calibrata proprio sui bambini e sui ragazzi. E' stata la prima volta che si è aperto una via italiana alla tv dell’infanzia. Prima di allora non si faceva altro che confezionare programmi televisivi per grandi adattati ai bambini, modello Zecchino d’oro, per intenderci». Una televisione può essere anche una buona maestra. Se la si lascia fare.



sabato 7 novembre 2009

Libero calcio in libero satellite



Della santificazione della domenica, ricordo: la sigla di 90° minuto, la dizione invidiabile di Paolo Valenti, Lamberto Sposini nella versione pre 'La vita in diretta' e una paleotelevisione che si riproduceva in una neotelevisione pruriginosa giusto quel che serve. Poi lui, l'elicottero, il Milan di Arrigo Sacchi, la lotta e l'osservazione che la materia si andava complicando. Il cerimoniale televisivo all'altare della Serie A vanta molteplici spazi. Plurimi studi in molteplici piattaforme dove consumare l'ingrata frustazione domenicale o l'esaltazione della vittoria (prime e durante i campionati a tre punti per risultato pieno).

La Rai, investita del sacro diritto (dovere) del servizio pubblico, si è aggiudicata i diritti per gli highlights di serie A e B e i diritti radiofonici per le stagioni 2010-2011 e 2011-2012, il che significa ascoltare ancora 'Tutto il calcio minuto per minuto'.

Il tutto a un prezzo, dopotutto, modico. La Lega Calcio ha reso noto che i pacchetti sono stati assegnati alla Rai ''per un importo complessivo di 28,5 milioni di euro per la stagione 2010-2011 e di 30 milioni di euro per la stagione 2011-2012''. Nessuna lotta intestina, nessuna notte di San Bartolomeo si è consumata. Davvero? Il ricordo sbiadito delle controversie durante gli anni della presidenza Rai dell'attuale sindaco di Milano, Letizia Moratti, con l'allora numero uno di TMC, Vittorio Cecchi Gori, narrano di una televisione - e di un sistema - assolutamente estinti.

La grande famiglia satellitare Sky, contro cui de facto si è pronunciata la Corte d'Appello di Milano bloccando i diritti tv per le dirette di Serie A e B per le due prossime stagioni, non aveva ancora trovato la giusta collocazione negli italici salotti a plasma, HD o Led ai tempi.

Tanto meno il digitale terrestre, DDT per i più smaliziati, di cui in Italia si comprenderanno le enormi potenzialità più avanti quando i telespettatori - che diventeranno teleutenti - riprogetteranno gli spazi domestici per collocare antiestetici decoder e apparecchi all in one e altre funzioni esaurendo in mere valutazioni casalinghe l'evento switch off.



In questa epoca di palloni sgonfiati, con una plusvalenza di schede per qualunque tipo di decoder e in cui si è fidelizzati a contenuti alternativi alla televisione generalista con il gusto del paradosso l'acquisto dei diritti in chiaro è poca cosa. La Lega, infatti, ha prodotto in tempi contratti il ricorso e ''ha deliberato di impugnare il provvedimento di inibizione pronunciato dalla Corte d'Appello di Milano il passato 4 novembre ed ha espresso il fermo convincimento che il Collegio che esaminerà il reclamo restituirà giustizia alla vicenda, che è di interesse sia delle Società sportive, sia degli utenti''. Il Re del sat porno, Marco Crispino, in una eccelsa intervista rilasciata a Fulvio Bianchi e comparsa su 'La Repubblica' svela poco della sua strategia ma nega di essere pedina nella partita a scacchi Mediaset-Sky.

Divagazione (quasi) a conclusione. Il presidentissimo della Filmauro e del Napoli, Aurelio De Laurentiis, ha accusato con il vigore verbale che lo contraddistingue la Lega di aver svenduto per 90 milioni di euro i diritti del nostro campionato per l'estero a Media Partners & Silva Limited. Ovvero ''la metà di quello che si poteva ottenere''. Aspetto da non sottovalutare.