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lunedì 28 giugno 2010

I signori del calcio



I signori del calcio esercitano la loro democrazia nell'aberrazione tecnologica appellandosi alla ritualità del gioco che gioco non è. Joseph Blatter, presidente FIFA, ha esplicitato o ribadito che moviola e sensori non entreranno nella prassi calcistica tanto meno nel regolamente per non deturpare la sua beltà. Si apprende ciò dopo che l'Inghilterra si è inchinata alla Germania derubata di una rete siglata da Frank Lampard sul 2-1 per i tedeschi. Sarebbe stato pareggio, avrebbe ribaltato 'l'atteggiamento psicologico dei giocatori' come ha ribadito in sala stampa Don Fabio Capello.

Il suo gol, nemesi di quanto consumatosi nella finale dei Mondiali inglesi del 1966 tra Inghilterra e Germania Ovest, era all'interno della linea di porta. Immagini che, ha affermato il portavoce dell'organizzazione, "non avrebbero dovuto mostrare" sui maxischermi all'interno del Soccer City. Non ve ne era alcuna necessità, concordo. Che la rete fosse da convalidare, l'avrebbe intuito chiunque. Al primo passaggio e a velocità normale.


Che questa sia la replica a chi, come mister Capello (rimarrà fino a nuova collocazione, ne sono certa), ha domandato che i supporti offerti dal progresso vengano vagliati dagli organi collegiali del mondo del calcio, è mera demagogia. Demagogico come questo scorcio in cui Blatter è nel paese delle meraviglie. Che non c'è.

Argentina. Sarebbe da rimuovere una simile partita nella storia dei Mondiali, perché la terna italiana costituita da Rosetti-Calcagno-Ayroldi si è compromessa al primo caso che poi così controverso non era. Il guardalinee non alza la bandierina che aspetta Tevez, lascia che si passi all'1-0 per l'Argentina. Proteste immediate del Messico. L'assistente è raggiunto da Rosetti, rapido scambio di battute (la mano sulla bocca non copre però l'immagine che rivela la chiamata al quarto uomo via microfono). Tutto a posto, tutto bene. Ci si è giocati l'assegnazione di altri incontri di cartello. Diego Maradona e i suoi passano 3-1, Messico a casa con giusti strascichi e interrogativi sul sistema calcio. Oggi, soffia il conservatorismo. Bene, no?

domenica 27 giugno 2010

Appunti a margine/2

Giovani e il Barcellona. E il Tottenham. E l'Ipswich. E il Galatasaray. E il Genoa. Ma il centrocampista-attaccante (specie rarissima) più entusiasmante del Messico antimaradoniano (nessuna blasfemia) si riassumerebbe in una simile elencazione tecnocratica? Il caso Giovani merita perché tra incomprensioni e infortuni la sua attesa orgasmica consacrazione non è ancora avvenuta. Nel Barcellona, che lo portò in Europa nel 2001 (il ragazzino è nato nel 1989), accogliendolo come il nuovo Messia peccato - e non è un gioco di parole abusivo - vi fosse anche un certo Lionel Messi.


Frank Rijkard lo vede in prima squadra, non lo vede, lo oscura. La cessione al Tottenham (che ne detiene anche oggi il cartellino) lo porta in Premier e anche lì non va, compresa una controversa questione legata alle visite mediche quando il suo trasferimento al Portsmouth era oltre la mera forma.

La domanda che ci si pone è perché non riesca un simile giocatore, tecnico e veloce con un ottimo sinistro, ad ambientarsi se questo è il problema. Il fattore Messi, di cui è vittima anche un certo Ibracadabra convertitosi in Ibracadaver, avrà scacciato l'egemonia giovaniana non l'irrequietezza di questo brasiliano nato in Messico. Fuori dal micromondo calcio che è la società Barcellona, il disincanto aggredisce aspettative labili. Incominciare, di nuovo, in un club strutturato di proporzioni ridotte ha giovato a Diego Milito. Genova per noi, Genoa per il Principe, Genoa anche per Giovani.