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lunedì 21 maggio 2012

Del Piero, addio incompiuto alla Juventus dell'ultima bandiera del calcio moderno



Di più, che cosa può dare un uomo al calcio? Me lo chiedo da ieri sera, da quando ho assistito a quell'ortodossa applicazione di quanto si annovera come realpolitik. Antonio Conte ne è fine interprete: toglie il capitano, allineandosi a quell'annuncio di Andrea Agnelli all'Assemblea agli azionisti quando decise di liquidare Alessandro Del Piero con quelle frasi scarne, unilaterali 


Pinturicchio si può permettere la lentezza, in campo. Legittimamente. Appellarsi a un cristallizzazione dell'ubriacatura di bandiere. E cori. E applausi, nell'ultima notte con la sua maglia addosso, quella che mette per scendere in campo da 19 anni non meriterebbe di interrompersi nell'incompiutezza. Tirarlo via in quel momento, in quella fase non è stato rispettoso. Non è da annoverare nella lista dei giusti epiloghi di un giocatore che capitano lo è e lo è stato con la compiutezza, il suo equilibrio e la correttezza. 


Calciopoli ha retrocesso in B la Juventus, non Del Piero (che è rimasto comunque). So che non avrebbe voluto assistere a quella finale dalla panca, neanche un secondo. Chiunque avrebbe chiosato con amarezza per quel gesto, francamente, offensivo. Non ha espresso che emozione, commozione e cautela Pinturicchio. Un capitano rimane retto anche quando c'è da incassare, nelle sconfitte. Un capitano rimane retto nelle sconfitte. Rimane fedele alla maglia, non si svende, non rimette le sue responsabilità. Un allenatore che sottrae a Del Piero gli ultimi minuti dell'ultima sera, invece? Che cosa dimostra con quella scelta paradossale? Nulla, nulla che io metta via